L’evoluzione del ruolo sociale del trucco
Dall'antico Egitto ad Euphoria
15 Giugno 2022
L’uso del trucco contraddistingue le società da più di 6000 anni ed è strettamente collegato ai valori di ogni singola cultura. Molto spesso vista come una pratica superficiale, l’arte del make-up è in realtà un’arte sociale in grado di raccontare molte sfaccettature di un periodo storico e di chi ne prende parte.
Nel 3000 a.c. gli Egizi erano soliti tingersi il contorno degli occhi con il "kohl", una polvere che grazie al suo colore scuro era in grado di difenderli dalle scottature solari. Dai toni del verde e del nero, il khol era steso lungo gli occhi in modo da afferirgli una forma allungata, richiamando così l’animale sacro alla popolazione: il gatto. "La società egizia era infatti altamente influenzata in molte pratiche della vita quotidiana dalla religione, ed il fatto che il trucco fosse un mezzo per celebrarla ed identificarsi in essa lo caricava di moltissimo significato espressivo, rendendolo tutt’altro che qualcosa di meramente estetico: esso rifletteva le loro credenze." (DeAgostini) Gli egizi hanno segnato la storia e la percezione del make up a tal punto che tutt’oggi, dopo migliaia di anni, la loro estetica influenza ancora le tendenze moderne. Basti pensare al cat-eye, praticato in origine da regine egizie come Cleopatra, ora frequentemente indossato da chiunque voglia allungare il taglio dell’occhio per un effetto "da gatto". Perfetto per chi ha gli occhi tondeggianti o per chi vuole marcarne il tratto, questa tecnica risulta essere indubbiamente senza tempo, definendo ancora oggi l’identità stilistica di volti assi noti come quello di Julia Fox.
Un’altra connessione fra trucco e culto è celata dietro il celebre "Oshiroi make-up" indossato dalle geishe giapponesi. Queste artiste infatti, grazie a questo trucco che ricorda una maschera, si elevano quasi a divinità, riuscendo a sentirsi svincolate dall’identità terrena per entrare in perfetta sintonia con le arti che praticano. (A. Pretelli- I segreti della geisha,2001) Il fondotinta bianco, chiamato oshiroi, è realizzato con acqua e polvere di riso, e viene steso su tutto il volto quasi a far "dimenticare" l’identità iniziale della geisha per avvicinarla al suo ruolo. Questa pratica di make-up, che dall’esterno può risultare difficile da comprendere, in realtà tutt’oggi caratterizza la cultura giapponese, dove molti dei canoni estetici comuni affondano le radici in tradizioni come questa. Un ulteriore tratto caratteristico è il rossetto, il Kyo Beni, che a seconda di come è applicato identifica il grado di esperienza delle geishe. Rigorosamente rosso, è portato nella parte centrale della bocca dalle geishe apprendiste e su tutte le labbra dalle più esperte. Ancora oggi lo scenario nipponico e dei paesi limitrofi si differenzia per l’ossessione maniacale che queste popolazioni coltivano per la cura della pelle e dell’incarnato, che deve essere chiaro e levigato come da tradizione. Lo confermano i numerosi trend giapponesi e coreani di skincare che hanno esportato e fatto conoscere al mondo i segreti della cura del volto di queste aree del mondo, caratterizzata da massaggi, tonici e spume schiarenti, al fine di possedere una pelle chiara e levigata.
Anche nelle numerose tribù africane, ciascuna con le proprie peculiarità, trucchi e pigmenti svolgono un ruolo importante all’interno della società. I colori con cui si tingono il volto sono prodotti usando piante e fiori essiccati a cui le popolazioni attribuiscono importanti significati e ruoli secondo AL ARABIYA: African tribal make-up: What's behind the face paint? (2016). Gli uomini infatti una volta truccati indossano i significati attribuiti a determinati colori, narrando così tramite il proprio volto, con simboli e colorazioni, l’appartenenza ad una specifica famiglia piuttosto che intenti religiosi o militari. Gli usi del trucco sono quindi molteplici: dalle celebrazioni religiose al bisogno di definire il proprio status o di chiedere protezione. (Afroculture.net) Il trucco infatti, in alcune regioni dell’Africa, assume molteplici funzioni di estrema rilevanza all’interno delle loro società, scandita da rituali e celebrazioni sancite con trucchi e colori. Caratterizzati da tonalità che richiamano la terra, come rosso e kaki, e disegni grafici sugli occhi e sul volto, i makeup di origine africana si stanno inserendo nello scenario occidentale, anticipati dalla già nota passione per i capelli afrostyle, resi celebri da numerose star che amano indossare treccine passando per innumerevoli accuse di appropriazione culturale.
Oggi, con l’avvento dei social media e della globalizzazione, è raro che l’uso del make-up abbia delle caratteristiche così peculiari e diversificate in base all’area geografica. Le make-up artist e, più in generale, coloro che caricano foto delle loro creazioni di makeup sul web, influenzano e si fanno a loro volta influenzare da tendenze provenienti dell’altra parte del globo, creando una contaminazione di stili e tecniche che variano a seconda del gusto personale, piuttosto che dell’area geografica. Possiamo infatti dire che oggigiorno vi sono delle tendenze o degli stili, anziché dei veri e propri tratti, che distinguono le tecniche di trucco utilizzate nei paesi più globalizzati. (The Vision, 2018: La globalizzazione dell’estetica // Harari: 21 lezioni per il XXI secolo)
Accade però di frequente che una nuova tendenza investa più paesi contemporaneamente, come è successo recentemente con l’uso dei glitter e delle eye gems a seguito della serie Euphoria. Anche qua, il successo riflette gli stati d’animo della società e le sue credenze tra ossessioni, dipendenze tossiche e legami che fanno crescere a prescindere, il trucco accompagna la storyline e esprime in silenzio intenzioni e desideri. La make up artist della serie è stata infatti in grado di reinterpretare i glitter in chiave drammatica, dando una nuova vita a queste decorazioni precedentemente utilizzate per decorare i volti in occasioni leggere e anche in contesti infantili. Le gemme e gli eye liner colorati acquisiscono una carica emotiva, che si oppone agli schemi di bellezza che enfatizzano soltanto i tratti, per rivendicare carattere, emotività e personalità. Reduci dal lock-down e coscienti delle difficoltà del periodo storico che stiamo vivendo, molti si sono sentiti identificati in questa nuova espressione estetica che è un modo di farsi notare ed affermarsi, rompendo gli schemi ed i canoni, ognuno con il proprio bagaglio di difficoltà.