Il BMI, l’indice di massa corporea non determinerà più l’obesità
Per l'American Medical Association si tratta di un metodo obsoleto e razzista
30 Giugno 2023
Altezza e peso. Questi due dati da soli sono sufficienti per dire se una persona è in salute, sottopeso o obesa? Secondo l'American Medical Association (AMA) no. Non più. O non solo. Per anni in molti nella comunità medica (e al di fuori) hanno denunciato la natura parziale dell’indice di massa corporea o BMI che si ottiene dividendo il peso in chilogrammi per l'altezza in metri quadrati, ma la risposta dell’associazione è arrivata solo pochi giorni fa: prima di diagnosticare l'obesità in ambito clinico occorre prendere in considerazione un gran numero di fattori come età, sesso, appartenenza etnica, corredo genetico, metabolismo, dieta, attività fisica, livelli di glucosio e colesterolo, percentuale e localizzazione di grasso corporeo. Si tratta di una decisione tardiva, ma potenzialmente rivoluzionaria, destinata, se ben applicata, a cambiare ed allargare il concetto di corpo sano anche a categorie che fino a questo momento non hanno ottenuto un trattamento equo, a causa della natura escludente e fortemente legata alla fisionomia bianca caucasica che caratterizza il BMI sin dalla sua nascita.
Cos’è e a cosa serve il BMI
Il BMI è il valore numerico che da decenni determina il nostro stato di salute e si ottiene semplicemente dividendo il peso, misurato in chilogrammi, per l'altezza, misurata in metri, al quadrato (BMI = peso / altezza2). Il risultato indica in quale categoria rientriamo:
- Inferiore a 18,5 = sottopeso
- 18,5 - 24,9 = normopeso
- 25 - 29,9 = sovrappeso
- 30 e oltre = obesità
- 40 e oltre = obesità estrema
È molto importante sottolineare che, da solo, questo valore non dà indicazioni complete e veritiere sullo stato fisico di ogni individuo poiché i valori variano a seconda dell’età e del sesso. Come spiega Anna Maria Colao, presidente della Società Italiana di Endocrinologia (SIE), «le donne, infatti, hanno più grasso sottocutaneo rispetto agli uomini, localizzato su fianchi e cosce, che è meno dannoso per la salute rispetto al grasso addominale, che i maschi accumulano più facilmente nelle sezioni centrali del corpo» ed aggiunge che utilizzare l’indice di massa corporea come unico parametro porta «a sovrastimare erroneamente l’obesità nelle donne e a sottovalutarla negli uomini, con una pericolosa distorsione della comprensione da parte dei medici del rischio di malattia e mortalità legate all’obesità». Inoltre, non fornisce indicazioni sulla distribuzione del grasso corporeo, non distingue tra massa grassa e massa magra e trascura altri elementi rilevanti come che delineano la composizione corporea di ognuno di noi come la densità ossea o la percentuale di acqua presente nell’organismo. Ad esempio, un atleta può avere una percentuale di grasso corporeo bassa, ma un indice di massa corporea elevato, a causa dei muscoli. La tesi era già stata dimostrata da uno studio dell'UCLA del 2016 che ha concluso che decine di milioni di persone con punteggi di BMI corrispondenti a sovrappeso e obesità erano in realtà perfettamente in salute, mentre individui con un BMI sottopeso avevano seri problemi di salute. Anche il Ministero della Salute Italiana ha sottolineato la natura incompleta e approssimativa del BMI che in quanto «indicatore di studi di popolazione, non è in grado di valutare la reale composizione corporea, così come non permette di conoscere la distribuzione del grasso corporeo nell'individuo.» Inoltre il Ministero mette in guardia dal pericolo di intraprendere diete fai da te basandosi esclusivamente sul proprio BMI, un rischio reale soprattutto tra chi, ignorandone la parzialità, lo ritiene una valutazione oggettiva di buona salute, ma anche un mezzo per sentirsi socialmente accettati. Come entrare in una taglia 40 nemmeno avere un indice di massa corporea non equivale a essere sani o ad un minore rischio di ammalarsi.
Perché il BMI è non inclusivo e obsoleto
La natura escludente, imprecisa e obsoleta del BMI è insita al concetto stesso di questo semplice calcolo, nato nel 1832 come strumento epidemiologico per scoprire la percentuale della diffusione dell'obesità su scala globale, che però nasconde un passato complicato e controverso. La sua origine risale a qualche secolo fa, quando il matematico e statistico belga Adolphe Quetelet, impegnato nella definizione di un "homme moyen", un uomo medio, un prototipo di perfezione umana, concluse che "il peso cresce con il quadrato dell'altezza". I suoi studi sui dati antropometrici della crescita si basavano su un campione di soggetti quasi esclusivamente bianchi europei caucasici, molto lontani dal rappresentare la varietà etnica globale. Nonostante bastasse questo dettaglio a mettere in dubbio la teoria dello studioso (che non era nemmeno un medico), nel 1972 il fisiologo Ancel Keys ed un gruppo di suoi colleghi rinominarono l'indice di Quetelet indice di massa corporea e lo proposero come misurazione del grasso corporeo individuale, principalmente perché era il metodo migliore, più rapido, semplice ed economico tra un altro ventaglio di pessime opzioni. Queste caratteristiche sono il motivo principale per il quale a partire dagli anni ’80 il BMI è stato adottato dai governi di tutto il mondo come metodo per determinare lo stato di salute della popolazione. E lo è rimasto fino ad ora che l'AMA ha votato per l'adozione di una nuova politica che riconosce i suoi limiti come "misura imperfetta" della salute, ma anche i suoi "danni storici" e "l'uso per l'esclusione razzista". Nella dichiarazione, l'associazione ha affermato inoltre di "riconoscere che le differenze relative alla forma del corpo e alla composizione tra gruppi etnici, sessi, generi e fascia di età sono essenziali da considerare quando si applica l'IMC come misura dell'adiposità".
Cosa cambia la decisione dell’AMA
Da ora il BMI non sarà più l’unico parametro a determinare la salute o l’obesità clinica di un individuo. L’AMA ne raccomanda l’uso solo insieme ad una serie di altri fattori per ottenere un quadro clinico obiettivo del paziente tra i quali genetica, ereditarietà, metabolismo, l'indice di adiposità corporea, la composizione corporea, la massa grassa relativa, la valutazione del grasso viscerale e la circonferenza della vita (il grasso addominale, ad esempio, è stato collegato all'ipertensione, al diabete di tipo 2 e alle malattie cardiache). «È un cambiamento importante. Ora dobbiamo essere davvero più attenti e più olistici quando si tratta di curare i pazienti» afferma la dottoressa Cynthia Romero al New York Times, direttrice della M.Foscue Brock Institute for Community and Global Health at Eastern Virginia Medical School, membro del team che si è battuto per la modifica delle politiche sanitarie sull'utilità clinica del BMI. Come sottolinea Romero, il nuovo approccio diagnostico avrà un forte impatto sulle vite di migliaia di persone e sulla società americana dove l'obesità non solo un problema importante, ma un vero business economico che coinvolge sia la sanità sia le compagnie assicurative.