Make-up per persone disabili: a che punto siamo?
Spoiler: c'è ancora molta strada da fare
09 Febbraio 2024
Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, circa il 15% della popolazione mondiale vive con una qualche forma di disabilità, ma, secondo uno studio condotto da P&G nel 2019, solo il 4% dei prodotti di bellezza per la cura personale risponde direttamente alle loro esigenze. Eppure negli ultimi anni molti marchi si sono impegnati per essere più inclusivi, abbracciando la diversità in termini di identità di genere, colore della pelle e tipi di corpo, ma l’industria della bellezza rimane un regno pensato esclusivamente per le persone normodotate.
La disabilità nelle campagne beauty
Quello tra beauty e disabilità è un rapporto in divenire. I progressi sono lenti e, per ora, si sono concentrati verso una maggiore rappresentazione. Nel 2011, L'Oréal Paris ha nominato come ambasciatrice globale una modella con una disabilità visibile, la paralimpica e amputata Aimee Mullins; nel 2018 Jillian Mercado, attrice e modella affetto da distrofia muscolare spastica, è stata la protagonista della campagna Olay Face Anything; nel 2020 Gucci e Benefit hanno scelto modelle con la sindrome di Down per le loro campagne di bellezza e Ulta Beauty fotografato per i suoi poster pubblicitari una donna su una sedia a rotelle. Mentre nel 2019 Dove ha lanciato il progetto Show Us, una raccolta di oltre 5.000 immagini non ritoccate digitalmente di donne di ogni ceto sociale scattate da fotografe donne e non binarie in oltre 39 paesi, che includeva persone con varie disabilità.
Piccoli passi verso l’inclusività
Inserire un gruppo eterogeneo di modelli all’interno di una campagna pubblicitaria non basta e le aziende stanno iniziando a capirlo, comprendendo che non ci sarà mai una vera inclusività se non si adotta un approccio più ampio che comprenda prodotti realmente accessibili, pensati e sviluppati da chi comprenda cosa sia vivere la quotidianità con una disabilità. Così Estée Lauder ha annunciato l’intenzione di sviluppare strategie che aiutino i clienti con disabilità a utilizzare e acquistare cosmetici, mentre L'Oreal si sta impegnando per garantire che il personale disabile rappresenti almeno il 2% della sua forza lavoro.
Cosa stanno facendo i marchi beauty per i clienti con disabilità?
L’industria della bellezza ha molto lavoro da fare quando si tratta di inclusione della comunità dei disabili. Soprattutto i grandi brand che troppo spesso reclamizzano progetti innovativi che poi si rivelano un flop o non arrivano mai sugli scaffali dei negozi. Ad esempio qualche anno fa Unilever ha svelato il "primo deodorante inclusivo al mondo" progettato specificamente per le persone con mobilità delle braccia e vista limitate. Peccato che il prototipo non sia mai andato oltre i test, affossato dai feedback negativi. Stessa sorte avversa anche per HAPTA, il primo applicatore di trucco computerizzato creato da Lancôme per chiunque abbia disturbi del movimento della mano e problemi motori legati all'ictus che, nonostante fosse previsto per il 2023, non ha ancora una data di lancio ufficiale.
La disabilità è la nuova frontiera del beauty
Eppure qualche esempio positivo c’è. Bioderma, Humanrace, L'Occitane e Dr. Jart hanno iniziato ad aggiungere il braille alle loro confezioni. Too Faced ha recentemente introdotto i codici QR sulle confezioni per facilitare l'identificazione dei prodotti. I prodotti di Herbal Essences hanno una stampa tattile sul retro, un semplice sistema di cerchi e linee per distinguere tra shampoo e balsamo per le persone ipovedenti non riescono a leggere il braille. Olay ha sviluppato una nuova crema per il viso con coperchio Easy-Open, come anche Rare Beauty che si è concentrato su confezioni e applicatori facili da aprire, ispirandosi ai problemi di salute della sua founder, Selena Gomez. Estée Lauder, invece, ha lanciato un'app basata sull'intelligenza artificiale che aiuta gli amanti del trucco non vedenti ad applicare i loro prodotti preferiti, offrendo feedback attraverso l’assistenza vocale.
Il futuro è nei marchi indipendenti
Se i grandi colossi faticano a rispondere alle reali esigenze delle persone con disabilità fisiche, i marchi indipendenti sono molto più reattivi. Hanno compreso che tutti i tipi di corpi sono validi e vanno rappresentati, che ogni persona, anche con qualche problema di salute, vuole avere un bell'aspetto e sentirsi bene. Inoltre, hanno intuito che offrire i giusti strumenti a chi ha delle disabilità significa anche ottenere un vantaggio economico e accedere ad una larga fetta di mercato in gran parte ignorata. Qualche esempio? Kohl Kreatives ha creato pennelli per trucco su misura per i clienti con disabilità motoria o malati, caratterizzati da impugnature e testine flessibili che li rendono più facili da usare rispetto a quelli standard. Human Beauty coinvolge attivamente le persone disabili nella sperimentazione e nella progettazione dei suoi prodotti in modo da garantire una vera inclusività. Tra i pionieri del make-up adattivo c’è Guide Beauty, fondata nel 2020 dalla make-up artist Terri Bryant dopo che il morbo di Parkinson le aveva reso difficile lavorare. "Le tecniche di trucco che una volta potevo eseguire con uno sforzo minimo o nullo mi sembravano estranee e tese. Ho iniziato a ripensare il trucco e il modo in cui lo applichiamo in termini di come lo progettiamo" ha detto Bryant che ha coinvolto nel progetto anche Selma Blair, a cui è stata diagnosticata la sclerosi multipla nel 2018, come direttore creativo.
Come arrivare a una vera inclusività?
Nel settore della bellezza tradizionale c'è ancora molta strada da fare per raggiungere una vera inclusività. Packaging in Braille, forme riconoscibili sui prodotti, codici QR in rilievo collegati a segnali audio e ausili adattivi come il coperchio ad apertura facilitata e i prodotti basati sulla tecnologia rappresentano passi promettenti nella giusta direzione, ma non sono sufficienti. È necessario un approccio a 360°, come suggeriscono gli esperti. Se il primo passo è dare priorità allo sviluppo di prodotti e imballaggi adattabili, è allo stesso tempo necessario chiedere a chi quei make-up li deve usare di cosa ha bisogno. I brand devono andare oltre la rappresentazione simbolica e coinvolgere attivamente la comunità dei disabili nella fase di progettazione, di sviluppo e nei processi decisionali in modo che diano le giuste indicazioni e feedback. Ed è fondamentale che il risultato sia venduto ad un prezzo accessibile. Il secondo step? Dare loro una maggiore visibilità e rappresentazione all’interno di campagne pubblicitarie e editoriali, sfidando costantemente lo status quo e promuovendo una bellezza che non sia univoca e stereotipata. Insomma è un processo in divenire che va continuamente migliorato.