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Sostenibilità nell'industria beauty: a che punto siamo?

Il report di Good On You non è positivo

Sostenibilità nell'industria beauty: a che punto siamo? Il report di Good On You non è positivo

Si parla di sostenibilità ormai da anni, con risultati alterni. Le associazioni dedicate sensibilizzano sul tema e richiedono sempre più attenzione alla filiera produttiva, agli sprechi, agli ingredienti e ai materiali degli imballaggi, alla gestione e allo smaltimento degli scarti. Si indaga e si guarda con occhio clinico alla trasparenza e chiarezza ai brand, si cerca di proteggersi dal greenwashing. Non solo nella moda, ma anche nel beauty e nel wellness, settori in grandissima crescita che si allargano a dismisura portando con sé, purtroppo, abitudini nocive e poca accountability.

Lo studio di Good On You

Good On You, piattaforma (e app) che si occupa di misurare, raccogliere e rendere pubblici i dati relativi alla sostenibilità dei marchi internazionali, ha compiuto una ricerca per cercare di capire davvero qual è la situazione nel beauty e nel wellness oggi. Sono stati presi in esame 239 brand di skincare, haircare e make-up, che sono stati giudicati su ben 42 elementi, tra cui il packaging, l'utilizzo dell'olio di palma, le microplastiche, l'eco-tossicità, i test sugli animali. Insomma, l'intera filiera produttiva, l'atterraggio sul mercato dei prodotti e il post vendita, l'impatto che hanno sul pianeta, sugli uomini e sugli animali. Sono stati utilizzati dati pubblici, ed è stata misurata anche la trasparenza dei report forniti dai brand e le certificazioni ottenute, anche da terze parti. Altra variabile utilizzata per lo studio è stata la grandezza dei marchi, dal beauty brand indie e di nicchia a quelli venduti nei più grandi drugstore e supermercati del mondo. 

I risultati sono allarmanti: scarsa trasparenza sugli ingredienti e insufficiente report climatico

I risultati non sono positivi, per niente. Dal punto di vista strettamente ecologico, Good On You ha individuato una scarsa trasparenza sugli ingredienti - il 90% dei brand presi in esame utilizza fragranze ma il 72% non divulga gli ingredienti che impiega, sollevando preoccupazione sul loro possibile impatto sulla salute e sull'ambiente - e, sulla stessa riga, insufficiente report climatico. L'80% degli esaminati, infatti, non comunica i dati sulle emissioni di gas serra e sulla loro - auspicata - diminuzione. Infine, l'utilizzo di packaging ricaricabili per oltre un terzo della propria gamma rimane scarso, attestandosi sul 15%. Ancora più bassa (2%) la percentuale dei brand che monitora e riporta gli acquisti ripetuti, che servirebbero a misurare l'efficacia e l'impatto dei packaging ricaricabili.

E su salari e test sugli animali le cose non migliorano

Ancora, secondo Good On You l'84% dei marchi non ha intrapreso azioni per garantire dei salari dignitosi alle persone impiegate lungo la tutta la catena di approvvigionamento. Ancora, nonostante il termine cruelty-free sia molto utilizzato, il 78% dei brand di fatto non possiede certificazioni che confermino l'eliminazione di test sugli animali, mettendo in dubbio l'impegno etico dell'industria non solo dal punto di vista strettamente ambientale, ma anche da quello umano e nei confronti degli esseri viventi.