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Full bush in a bikini: il trend TikTok riapre il dibattuto sulla depilazione intima

Depilarsi è davvero una libera scelta individuale?

Full bush in a bikini: il trend TikTok riapre il dibattuto sulla depilazione intima Depilarsi è davvero una libera scelta individuale?

"Full bush in a bikini". È bastata questa frase, ripetuta un paio di volte a gran voce su TikTok per scatenare l’eterno dibattito sui peli superflui femminili. Depilarsi o non depilarsi? Questo è il problema. Per anni abbiamo interiorizzato il diktat sociale che vuole il corpo femminile completamente, o quasi, glabro, ma negli ultimi tempi Body Hair Positivity Movement, moda e social sembrano voler invertire la rotta, spingendo verso il ritorno ad un look più naturale.

Avete presente la sfilata della collezione Artisanal di Margiela 2024 alla Paris Couture Week con quella ombra scura proprio nella zona del monte di Venere che si intravedeva dagli abiti? Per l’occasione, John Galliano si è ispirato agli scatti voyeuristici di Henri Brassaï della società parigina degli anni ’20, tra bar decadenti e bordelli, nei quali le prostitute erano solite indossare parrucche sui genitali come un modo per inibire la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili e pidocchi. Dalle passerelle ai social il passo è breve e la tendenza dei peli pubici folti e naturali, che si rifà al bush anni ‘70, sta tornando popolare. Come spesso accade anche nelle cose apparentemente più frivole, non indica solo una tendenza beauty, ma si lega alla libertà di scelta, al diritto di sentirsi a proprio agio nel proprio corpo senza essere giudicate e senza piegarsi al male gaze. Insomma, i peli sono nostri, se toglierli o farli crescere come una foresta selvaggia, sta a noi. E se qualcuno storce il naso o non gradisce, chissenefrega. Ma è davvero così facile?

Cosa significa "Full bush in a bikini"

Tutto è iniziato con una semplice recensione trovata su Etsy, notata dalla creator @sujindah e poi commentata su TikTok. "C’era questa recensione di un costume da bagno in cui la ragazza non era depilata e mi ha radicalizzata!", ha detto, per poi aggiungere: "È così che dovrebbe essere!". Così, al grido di "Full bush in a bikini" e con oltre 9,5 milioni di visualizzazioni in due giorni, il video è diventato virale e commentatissimo. C’è chi confessa: "Faccio la ceretta da quando ho 13 anni e non riesco a riprogrammare il mio cervello" e chi ammette invece di depilarsi il minimo indispensabile perché i ciuffi ribelli non fuoriescano dagli slip; chi è convinto che depilarsi sia più igienico e chi si lamenta per il dolore della ceretta. Altrettanti sono gli utenti che condividono l’entusiasmo nel non essere schiavi di rasoi e epilatori vari. Alcuni condividono ricordi: "Sono cresciuta alle Hawaii. Ricordo quando vidi il mio primo full bush in un bikini e le chiesi a undici anni perché non lo rasava. Lei mi rispose: 'Non voglio raderlo. Quindi non lo faccio'", mentre un’altra TikToker racconta che aver visto quel look al naturale in un vecchio film degli anni ‘70/’80 l’ha aiutata a normalizzare i peli pubici. C’è anche chi si spinge oltre, affermando che sono hot, un grande accessorio, la sensazione più liberatoria del mondo e persino che "ogni volta che una ragazza si innamora del suo bush e lo mantiene nonostante le pressioni della società, un angelo guadagna le sue ali".

  Peli superflui e ceretta, tra odio e amore

Pare che una delle prime donne a depilarsi sia stata Cleopatra, che usava una sorta di ceretta molto simile a quella che si fa oggi con lo zucchero, convinta che un corpo glabro fosse non solo più igienico, ma anche esteticamente bello e spiritualmente puro. Se antichi egizi, greci e romani estirpavano ostinatamente ogni pelo, perché considerato impuro e incivile, a decretare ufficialmente la depilazione uno statement per le donne fu Gillette nel 1915 con il lancio del primo rasoio femminile. Essere liscissime come un delfino era quasi un dovere, una piccola tortura da sopportare pur di non intravedere peletti spuntare dallo slip del bikini e, in tal caso, sprofondare nel totale imbarazzo.

Negli anni ‘60 e ’70, la liberazione sessuale e la controcultura ribaltano di nuovo le carte. In quei due decenni sfoggiare una folta chioma, non solo in testa, era una dichiarazione femminista, simboleggiava che le donne non erano più costrette ad avere un certo aspetto solo per compiacere gli uomini. Così, addio cerette e rasoi. Ma solo fino agli anni ‘80 e ’90, nei quali il boom della cura della persona e l’estetica della pornografia contribuiscono alla diffusione della depilazione alla brasiliana. Da allora ad oggi la depilazione è rimasta un passaggio fisso nella nostra beauty routine. Ultimamente, però, un numero crescente di persone ha iniziato a ribellarsi, rivendicando il diritto di fare ciò che vuole col proprio corpo, persino far crescere e mostrare i peli. 

Possiamo davvero liberarci dai pregiudizi e dalle convenzioni sociali legati alla depilazione?

I peli pubici hanno diverse ragioni biologiche. Come le ciglia o i peli del naso, una delle loro funzioni principali è quella di proteggere dai batteri e di intrappolare sporco, detriti, sudore e microrganismi potenzialmente dannosi. Aiutano a regolare la temperatura corporea e trattengono anche l’umidità, mantenendo la pelle vulvare idratata, inoltre riducono l’attrito quando facciamo sesso. Eppure ci mettono a disagio. Perché? I motivi sono molteplici e si basano sul fatto che togliere i peli superflui per una donna sia una norma sociale, radicata nel tempo, nella storia e, spesso inconsapevolmente in noi stesse. Spesso non si tratta di una scelta personale, come sembrerebbe, ma è un riflesso di standard estetici e desideri che abbiamo interiorizzato dagli altri. Anche se non esiste un modo giusto o sbagliato per trattare i peli pubici, il vero problema è che la società insiste nel dirci cosa fare del nostro corpo ed ignorala è complicato. La mancanza di conoscenza e istruzione sui peli del corpo - oltre al loro essere costantemente sessualizzati e considerati solo in termini di ciò che piace al partner - ha permesso a opinioni negative e stereotipi di insinuarsi. Possiamo eliminarli perché li troviamo brutti, perché ci prudono o perché ci fanno sentire a disagio. Al contrario possiamo mantenerli naturali perché non vogliamo investire tempo e soldi in un’azione che siamo costretti a ripetere continuamente. Latente, c’è sempre una componente esterna che ci spinge a fare una o l’altra scelta. In quest’ottica i peli pubici, come suggeriscono anche tanti utenti sui social, sono una questione politica, una ribellione estetica che grida: il nostro valore non è determinato da quanto ci conformiamo agli standard di bellezza tradizionali.

Il 2025 sarà l'anno della pube-aissance?

La critica di bellezza Jessica DeFino ha intervistato oltre 14.000 persone per la sua rubrica Ask Ugly. L’argomento? La depilazione intima. Tra le rivelazioni più interessanti risulta che l’82% delle donne eterosessuali intervistate rimuove alcuni peli pubici, ma solo il 15% delle intervistate afferma di essere completamente glabra in quella zona, mentre il 40% rimuove solo i peli che sporgono dallo slip di un bikini. Ben il 65% delle donne afferma di preoccuparsi del giudizio dei nuovi partner maschili sul loro stile di rasatura, anche se il 50% degli uomini intervistati afferma di non avere alcuna preferenza quando si tratta di peli pubici. I numeri, la moda e i post virali sembrano concordare: il 2025 sarà l’anno del full bush. Pare che il trend sia iniziato nel periodo del Covid, quando la chiusura forzata dei centri estetici ha fatto riscoprire a molti il look naturale e ha fatto riflettere su come la depilazione sia una sorta di schiavitù, una tortura di bellezza che si ripete sempre uguale, mentre noi inseguiamo una pelle liscissima e senza peli che dura giusto il tempo di riposare il rasoio nel cassetto del bagno. I merkin di Margiela e la frase virale "Full bush in a bikini" fanno parte di un rinnovato interesse verso una bellezza più sfaccettata, sovversiva e femminista, che può anche rifiutare gli standard ipercurati, artificiali e impossibili da raggiungere dettati dal male gaze. Forse è vero. Lo speriamo. Speriamo ancora di più, forse un po’ utopisticamente, che presto ogni donna, ogni persona possa decidere liberamente del proprio corpo, fare ciò che la fa sentire a proprio agio, mostrandolo o nascondendolo, depilandosi o non depilandosi, senza essere giudicata.