Le pioniere dello streetwear
Dall'hip hop ai vertici dei brand più importanti: il contributo delle donne alla diffusione di un trend globale
25 Ottobre 2019
Lo streetwear è un'industria largamente dominata da uomini: siedono nei consigli di amministrazione dei brand più importanti del settore, creano le sneaker più desiderate da milioni di consumatori e in generale si sono fatti i rappresentanti più illustri di questa tendenza. Ma c'è un altro fatto spesso dimenticato: le donne hanno sempre lavorato dietro le quinte dello streetwear per farlo diventare quello che è oggi e hanno giocato un ruolo fondamentale nella sua evoluzione. Molto prima che fosse un'industria globale, lo streetwear era una sottocultura dove le donne si sentivano rappresentate da capi in stile militare, skate e sportivo, con tocchi di reggae, punk e hip-hop. La moda stessa infatti nasce dalla periferia del sistema, e la sua stessa definizione rimanda alla natura più vera di questo fenomeno, che altro non è che moda di strada. Questa corrente stilistica, seppur considerata da molti un fenomeno recente, nasce quasi 50 anni fa con l’avvento sempre più prepotente ed incisivo della musica hip-hop, che ne ha permesso la diffusione. Quella che è nata come una sottoclasse sovversiva di emarginati è ora divenuta materiale da passerella. Come la stessa corrente musicale prima citata, anche lo streetwear si propone di rompere gli schemi e le norme fino a quel momento imposte. Questo stile da strada impregnato di vari valori, culture ed etnie, più che una vera e propria moda risulta rappresentare uno stile di vita, una rivoluzione in continuo movimento che per molti è visto come l’emblema di una generazione. Ed ecco come questa nuova sottocultura all’insegna dell’inclusività ha favorito la nascita di nuove tendenze e ha reso la moda stessa un insieme di codici che trasmettono la personalità dell’individuo tramite un mezzo puramente estetico come l’abbigliamento.
I primi pionieri del rap femminile come Neneh Cherry e Aaliyah hanno scosso lo streetwear riuscendo ad imporsi in un mondo dominato dagli uomini dell'hip-hop, ma soprattutto si sono impegnate a divulgare un forte messaggio femminista in tutto il mondo. Aaliyah, giovanissima cantante R&B morta nel 2001 a soli 22 anni, fu una delle prime a lanciare la moda dei crop top e degli sports bra abbinati ai baggy pants e ai jeans a vita bassa spesso indossati con l'elastico dei boxer rigorosamente in vista. Le TLC, gruppo musicale femminile statunitense di hip-hop/R&B, nel 1992 lanciarono il trend del DIY indossando per la prima volta sul red carpet delle salopette in jeans alle quali decisero di abbinare delle maxi t-shirt contraddistinte dall’uso di bombolette spray, che resero il loro outfit protagonista di un vero e proprio fashion statement. Missy Elliott invece ruppe tutti gli schemi indossando su uno dei più importanti red carpet hollywoodiani la sua amatissima tracksuit multicolor firmata adidas, che ancora oggi la contraddistingue. Al contempo Lil' Kim fu la prima sostenitrice del More is More, riuscendo a portare una ventata di femminilità e audacia sulla scena hip-hop dell'epoca dove il suo mix creativo e senza barriere di abiti high fashion e street segnarono un’intera generazione. E' proprio grazie a queste “pioniere” del female streetwear che il tomboy style, la logomania, i crop top, le maglie e le felpe oversize iniziarono ad essere i must have nell’armadio di ogni ragazza.
Nonostante il lavoro di queste donne, l'appello multiculturale dello streetwear è sempre stato più legato alla razza che al genere. La disponibilità di sneaker size, storytelling ed esperienze di vendita al dettaglio per donne non esistevano fino a poco tempo fa. Mentre le consumatrici sono sempre più viste come un'opportunità di vendita nel settore del marketing, il numero di brand propriamente femminili rimane molto basso. In passato lo streetwear per le donne risultava difficile da commercializzare e ciò portava il pubblico femminile ad acquistare nelle sezioni dedicate all’abbigliamento maschile, motivo per cui oggi le più influenti personalità femminili della scena sono dedite a discorsi sull'inclusività di genere con l’intento di plasmare positivamente l’avvenire di questa corrente stilistica.
Ricordiamo nomi come Pauline Takahashi che ha creato la boutique di Los Angeles Funkeessentials e successivamente ha guidato il team di design femminile di Stussy; Leah McSweeney con il suo primo brand di streetwear femminile Married to the Mob; Beth Gibbs, ex assistente di James Jebbia e attualmente direttore creativo di Union e proprietaria del brand Bephie; Estelle Bailey, co-proprietaria dello skate brand NOAH; Sofia Prantera, co-fondatrice del brand Aries; Natalia Maczek, fondatrice di MISBHV; il lavoro da AMBUSH di Yoon Ahn che sfida i pregiudizi e ispira un cambiamento del rapporto tra streetwear e genere; Danielle Cathari, una studentessa olandese che catturò l’attenzione degli headquarters di adidas con il quale pochi mesi dopo debuttò la sua prima collezione di abbigliamento sporty-chic andato sold out in 9 minuti; Lanie Alabanza-Barcena, in arte Miss Lawn, direttore creativo e designer per l'innovativo marchio HLZBLZ, lanciato nel 2005 che, dieci anni dopo, ricopre un posto fondamentale negli armadi di tutte quelle audaci fashioniste che vogliono dare una svolta al loro approccio allo streetwear; Sarah Andelmam con la sua boutique parigina Colette, che viene ricordato come il negozio a conduzione femminile più influente dell'ultimo decennio e, chiunque abbia un occhio di riguardo sullo streetwear femminile negli ultimi dieci anni, ha familiarità anche con il marchio Dimepiece LA dove le fondatrici Laura Fama e Ashley Jones hanno lavorato insieme per quasi 10 anni per costruire quello che è diventato uno dei brand di streetwear femminile più interessanti sul mercato.
La celebre Melody Ehsani ha costruito un marchio distintivo, sviluppando un seguito di donne innamorate della cultura urbana come la stessa designer. Ma non è solo la sua colorata collezione che attira i clienti, ma il messaggio dietro esso. L'autenticità è impressa nel suo marchio, nel quale si intrecciano il suo background persiano e i messaggi motivazionali inseriti all’interno della confezione dei prodotti. Essere l'unica donna ad aprire un negozio in una zona dominata da marchi di proprietà maschile come Supreme e Diamond Supply non è l'unica svolta di Ehsani. Nel 2011 infatti ha rivendicato il titolo di prima donna ad avere creato una sneaker con Reebok, la WMNS Pump Omni Lite Melody Ehsani I.
Poiché le tendenze sono diventate più fluide e meno legate al genere, gli uomini stanno diventando altrettanto desiderosi di acquistare collezioni propriamente femminili. Vashtie Kola, nota per essere la prima persona ad aver messo le mani su una Nike Air Jordan II anni prima di Don C, è stata ispirata dal cosiddetto “mix di opposti”. Il maschile incontra il femminile e la vecchia scuola incontra la nuova scuola. Mentre la silhouette della Air Jordan II da lei creata è classica nella sua mascolinità e nel suo design, un tono di lavanda la rende perfetta anche per le donne.
L'anno scorso, dopo aver ricoperto il ruolo di stylist da Louis Vuitton e di buyer alla RSVP Gallery di Chicago, Aleali May è diventata la seconda donna a collaborare con Jordan Brand. L'Air Jordan 1 di Aleali è diventata uno statement sia per il pubblico femminile che maschile, il quale ha riconosciuto la genialità e la creatività dietro il design della scarpa.
Come non ricordare la collaborazione tra adidas e Stella McCartney dove per la prima volta una stilista high-end riuscì a creare una collezione totalmente improntata verso lo sport performance per donne. Con i suoi capi ideati per il running, workout e nuoto, adidas by Stella McCartney fu la prima innovazione nel mercato dell'abbigliamento sportivo femminile. La stessa stilista dichiarò: "Le donne prendono sul serio sia lo sport che il loro stile. Perché dovremmo sacrificare l'uno per l'altro?”, parole che ancora oggi rimangono attuali e dense di significato.
Uno dei progetti più importanti e significativi di sempre è Nike Unlaced, concept store dedicato al footwear da donna, appositamente creato per dare spazio alle esigenze e alle richieste del pubblico femminile. Questa iniziativa oltre a fungere da vero e proprio barrier-breaking sociale, permise alle ragazze di creare una propria identità stilistica grazie alla variegata ed ampia sneaker selection nelle size da donna. Come sostenne la stessa Amy Montagne, vice presidente e general manager di Nike Woman, questo progetto assicurò alle ragazze l’accesso diretto a prodotti limitati considerati un’esclusiva maschile. Si è sempre combattuto con il problema della mancanza di taglie, versioni GS o limitata gamma di colori considerati femminili. Un cambiamento è avvenuto già con il launch delle The 1 Reimagined, sneaker pack composto da 14 silhouette Nike rivisitate da altrettante donne che funge da testimone di ciò che le designer possono raggiungere se vengono loro conferite le risorse necessarie. Nel frattempo, il numero di prodotti e piattaforme femminili sta crescendo. La quantità di nuovi drop per ragazze è aumentata del 38% negli ultimi 12 mesi.
Qualche settimana fa Milano ha ospitato uno degli eventi più importanti in campo sneaker e streetwear, SNEAKERNESS. Proponendo un mix unico di brand e retailer leader a livello mondiale, Sneakerness si è affermato come il luogo per eccellenza dove una community di appassionati si ritrova e si confronta. L'evoluzione della scena street e sneaker, che si sta aprendo sempre di più verso il mercato femminile, si riflette inevitabilmente sul numero di partecipanti donne ad eventi come questo. Ma non solo: forse quest'anno più che in precedenza abbiamo visto stand con venditrici donna e un’ampia selezione di sneaker nelle size GS più richieste. Niente più gonne color pastello o giacche fluo, quest’anno cargo, felpe oversize dai colori scuri, bucket hat e Jordan 1 hanno fatto da padrone, riconfermando lo status di streetwear fashionista.
La strada per l’equità è ancora molto lunga ma da qui in poi le donne non possono far altro che passi in avanti, una Jordan alla volta.