Storia ed evoluzione del denim
Dalle origini di Levi's al capitolo sostenibilità di Uniqlo
01 Ottobre 2020
“Il mio più grande rimpianto è quello di non aver inventato i blue jeans; sono il capo di abbigliamento più spettacolare, pratico e disinvolto che esista. Racchiudono personalità, sex appeal e semplicità”, dichiarava Yves Saint Laurent.
I jeans, infatti, grazie alla loro versalità e durata, sono un punto fermo della moda e un vero e proprio pilastro di ogni guardaroba. Questo capo, che ha iniziato la sua carriera a metà ‘800 addosso ai pionieri d’America, oggi sfida ogni retorica anticonformista, pauperista e minimalista. Ogni secondo nel mondo ne vengono vendute 60 paia, per un totale di 450 milioni di vendite annuali. Ma cosa ha trasformato un semplice pantalone in una vera e propria icona di stile?
L'origine del nome
Seppure i termini “jeans” e “denim” siano oggi sinonimi, essi presentano radici etimologiche differenti.
Per esempio, i jeans derivano da “Gênes”, termine utilizzato dai francesi per indicare il porto di Genova dal quale salpavano carichi di questa stoffa caratterizzata da intrecci di fustagno dal colore blu molto apprezzata dai marinai e da buona parte del mercato inglese. Concorrente nella produzione di questo tessuto era la città di Nîmes, comune situato nel sud della Francia che, per differenziare il proprio prodotto da quello italiano e rivendicarne l’appartenenza, si riferiva al capo come "De Nîmes", coniando così il termine denim.
Ma la differenza etimologia non è l’unica a distanziare queste due espressioni. In passato, infatti, anche a livello di composizione il jeans e il denim presentavano una diversa armatura e un diverso meccanismo sartoriale.
Con il passare degli anni però, i due tessuti fusero i loro destini incorporando l’uno i dettagli dell’altro annullando così le loro differenze per fondersi inevitabilmente in un unico termine di significato comune.
La storia dei jeans
I jeans sono un perfetto esempio della realizzazione del così detto sogno americano, saturo di creatività e innovazione. Il tutto ebbe inizio con la collaborazione tra Jacob Davis, saldatore e sarto lettone, e Levi Strauss, fornitore di tessuti e impresario tessile di origini bavaresi.
Davis, a seguito della richiesta di un cliente di rinforzare i punti di tensione collocati sulle tasche dei propri pantaloni, ebbe l’idea di inserire e fissare nei jeans dei rivetti in rame che permettessero maggior resistenza agli strappi e all’usura. Per brevettare l’idea, però, occorrevano 68$ di cui Davis purtroppo non era in possesso. Il sarto quindi decise di chiedere all’impresario più facoltoso del paese, Strauss per l’appunto, di finanziare il progetto. Quest’ultimo accettò e il 20/05/1873 Davis e Strauss ottennero la patente di registrazione del pantalone in denim che sarebbe diventato l’icona dei secoli a venire, i Levi’s. Nel 1886 iniziò la produzione del capo su scala mondiale e nel 1890 nacque il modello più celebre del marchio, i Levi’s 501, numero che faceva riferimento alla partita di nuovi pantaloni prodotti mensilmente.
I Levi’s erano ormai diventati l’uniforme della gioventù ribelle del tempo, un emblema della globalizzazione che caratterizzava un vero e proprio fashion status dove i rapper indossavano esclusivamente jeans larghi dal cavallo basso mentre i rocker optavano per un jeans super attillato a vita bassa; solo il tempo li renderà meritevoli del monopolio mondiale nel mercato dei pantaloni in jeans e non solo.
Sostenibilità e upcycling
”Il jeans invecchia integrando in sé il cambiamento dell’età, impregnandosi di avventura, della vita di chi lo indossa. Ogni lavaggio è una pagina girata, il tempo vi scrive la sua memoria su uno sfondo sempre più pallido”, dichiarava lo scrittore americano Daniel Friedman.
La pratica circolare e sostenibile dell’upcycling, intervento creativo tramite il quale capi usati vengono riciclati e rimessi sul mercato, seduce sempre più i consumatori e le stesse case di moda che traggono vantaggio dal non dover attingere a nuove risorse per rendere i propri articoli di abbigliamento nuovamente commerciabili.
Una passione che si rinnova è quella del vintage denim, infatti il capo più “riciclato” di tutti i tempi risulta essere proprio il nostro caro e fedele paio di jeans.
La parentesi più preoccupante in ambito produzione è che produrre il cotone necessario per un singolo paio di jeans si richiede l’utilizzo di 6800 litri di acqua, operazione che, purtroppo, lascia un forte impatto negativo sull’ambiente. La sfida di ogni produttore è quindi diventata quella di minimizzare il consumo di acqua e di ridurre la manodopera necessaria alla produzione del capo. Ecco perché nel tempo sono stati sperimentati nuovi ed innovativi metodi che limitino l'impatto ambientale. Ad esempio Levi’s ha prodotto il suo famoso modello Levi’s 511 riciclando 5 t-shirt, risparmiando così il 98% di acqua; Lee invece ha risparmiato quasi un bilione di litri di acqua in soli 2 anni; Wrangler invece punta a risparmiarne 5.5 bilioni entro il 2021, utilizzando differenti tecniche di lavaggio. Converse, per esempio, con la sua campagna “Converse Renew”, progetto all’insegna della creatività sostenibile, ha creato la “Converse Renew Denim Chuck 70”, che ha visto la famosa silhouette della scarpa realizzata interamente con denim riciclato.
Da questo progetto è così nato nel 2018 il loro Jeans Regular Fit, pantalone in denim con impatto ambientale zero.
Curiosità
Le 3 diagonali protagoniste della saia (metodo di cucitura obliqua dei fili nella realizzazione dei jeans) nel tempo sono state diversificate dai 3 maggiori brand del settore: la saia a destra è tipica di Levi’s, quella a sinistra caratterizza il brand Lee, mentre Wrangler è contraddistinto dall’utilizzo della zig zag spezzata.
Solo nel 1905 fu aggiunta la seconda tasca posteriore, rendendo il Jeans il capo a 5 tasche più famoso al mondo. Mentre i passanti per la cintura apparvero solo nel 1922.
Nel 1926 la zip, considerata più pratica, sostituisce i bottoni. Nei pantaloni destinati alle donne, la chiusura a zip risultava inserita lateralmente, poi negli anni ’60 venne rivendicato il diritto dell’utilizzo dei jeans unisex con zip frontale per entrambi i sessi. Inutile aggiungere che questo fu solo l’inizio di una nuova femminilità, che vedeva l’utilizzo dei jeans anche da parte di un pubblico femminile.
Sapete perché ad ogni lavaggio i nostri jeans scoloriscono? La tintura utilizzata nella colorazione del denim è l’indaco, tonalità dalle proprietà chimiche che permettono l’adesione del colore solo alla superficie del tessuto che di conseguenza con il passare degli anni sbiadisce e l’armatura perde robustezza e resistenza.
Il famoso tag rosso di Levi’s venne inserito per distinguere i jeans del brand prima citato da quelli di Lee, che a prima vista risultavano molto simili. L’idea nacque quando James Dean indossò in uno dei suoi film un paio di jeans targati Lee, che tutti scambiarono per Levi’s a seguito della preferenza dell’attore per quest’ultimo marchio.
I cosiddetti jeans “baggy” hanno origine dalle divise carcerarie in denim indossate dai detenuti in taglia XXL.
Vi siete mai chiesti a cosa serve il taschino davanti? Bene, questo dettaglio inizialmente dedicato all’orologio da tasca, con il tempo divenne un ottimo nascondiglio utilizzato dai cowboy del Far-West per nascondere le loro pepite d’oro.
Levi’s Strauss non ha mai indossato un paio di jeans pur avendoli brevettati poiché in passato questo capo di abbigliamento era destinato alle fasce di popolazione più povere proveniente dalle zone rurali del paese.
nss G-Club shopping tips
Il denim basic si trasforma e con la sua grande allure diventa eclettico protagonista di un nuovo lusso. Infatti i jeans sono disponibili in numerose varianti, quindi è fondamentale selezionare il paio che più si adatta alla propria estetica. Il meccanismo della moda è tanto veloce nell’inglobare elementi quanto lo è nell’espellerli, ma per il denim sembra aver fatto un’eccezione.
I tipi più comuni di jeans sono quelli attillati o skinny, avvolgenti e super sexy che abbracciano il corpo fino in fondo alla gamba, quelli a sigaretta, stretti ma leggermente tagliati sopra la caviglia, quelli a stivale, perfetti da indossare con gli stivali per l’appunto poiché sono stretti intorno alle cosce e leggermente più larghi verso la base della gamba, e infine ritroviamo i cosiddetti boy-friend jeans, caratterizzati dalla morbida e larga vestibilità, per la vita alta, cavallo spesso molto basso e gamba svasata.
Se stai cercando un paio di jeans perfetto, allora ecco la shopping guide che fa per te, firmata nss G-Club.