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5 cose da sapere su Jil Sander

Per conoscere meglio la “queen of lean” e il suo brand

5 cose da sapere su Jil Sander Per conoscere meglio la “queen of lean” e il suo brand

Quando si parla di minimalismo nella moda è automatico ed inevitabile fare riferimento al nome di Jil Sander, designer che ha fatto dell’essenzialità dei dettagli il suo marchio di fabbrica. L’essenza dell'omonimo brand risiede proprio nell’utilizzo di uno stile “forte e puro”, come la stessa Sander lo definisce, contraddistinto dall’uso di colori neutri, di tagli netti e rigorosi, da linee pulite e da materiali corposi che identificano una donna dalla femminilità priva di frivolezze ma non di seduttività.

Così, lo stile minimalista di Jil Sander si contrappone al trend degli eccessi decretando il successo del “less is more”. Ma conosciamo meglio la designer e il suo brand.

1. Esordio nell'editoria

Ritenuta una delle designer più influenti e chiacchierate della moda internazionale, Heidemarie Jiline Sander nasce il 27 novembre 1943 a Wesselburen, in Germania. Dopo essersi laureata in ingegneria tessile alla Krefeld School of Textiles, si trasferisce a Los Angeles dove intraprende la carriera da fashion editor per la rivista McCalls, esperienza che lei stessa definisce fondamentale nel lungo e tortuoso cammino di comprensione dell'industria della moda. A causa dell’inaspettata morte del padre, Sander decide di ritornare in Germania, dove aprirà la sua prima boutique da stylist free-lance mossa dall’idea di creare capi di abbigliamento a scopo identificativo e motivazionale.

 

2. Il rapporto travagliato con Prada

Ma è solo nel 1973 che la designer fa capolino nel panorama della fashion industry lanciando la casa di moda Jil Sander GmbH, dove il suo glamour minimalista caratterizzato da elementi semplici e puri non passa di certo inosservato. Nonostante la forte approvazione e il grande successo ricevuto, la designer, a causa di problemi economici dovuti agli alti costi manifatturieri che la sua linea richiedeva, vende il 75% della sua azienda al Gruppo Prada nel 1999, che la salva in termini economici ma priva il brand della sua anima ferrea, pura e incorruttibile. Ecco perché dopo soli sei mesi, la fondatrice lascia la sua stessa maison dichiarando di aver avuto dei dissidi insanabili con il nuovo Ceo Patrizio Bertelli, marito di Miuccia Prada.

L’assenza della designer si sente e il brand inizia a subire le prime gravi battute d’arresto finanziarie. Nel 2003 Jil Sander riprende in mano le redini del suo marchio, decisione che deteriora ulteriormente i rapporti tra la stilista tedesca e il marito di Miuccia; è ormai chiaro che una cooperazione tra i due risulta impossibile e nel 2004 Jil lascia nuovamente il marchio.

 

3. La direzione artistica di Raf Simons

Nel 2005 viene nominato come nuovo direttore creativo il belga Raf Simons, che sancisce il suo esordio nel womenswear e mantiene il contatto con il minimalismo essenziale e lineare del brand. Dopo 7 anni lascia la maison per dedicarsi a tempo pieno alla direzione creativa di Dior.

 

4. L'addio "definitivo"

Nel 2012 ritorna Jil Sander, ma la sua permanenza dura soltanto un anno. Presa ormai la decisione di uscire definitivamente dalla fashion scene, rimanendo comunque dietro le quinte, segue in un primo momento la nomina dello stilista Rodolfo Paglialunga e infine, nel 2017, dei coniugi Lucie e Luke Meier, anno in cui la maison è finalmente tornata a crescere grazie alla loro capacità di tener fede ai valori di Sander ma allo stesso tempo contaminarli con un background streetwear (Luke è uno dei co-fondatori di Supreme) e high-fashion (Lucie ha lavorato per Louis Vuitton e per Balenciaga), elementi che rendono il brand ricco di pragmatismo contemporaneo. Quest’ultimo risulta un ottimo compromesso per un marchio dai codici forti ma che vuole ancora raccontare il presente.

“Hanno una visione moderna, coesa e in contatto con ciò che è rilevante ora, e lo combinano magnificamente con una sottile sensibilità. Mi aspetto la creazione di collezioni molto intelligenti e di un mondo da cui ispirarsi”, ha detto in un'intervista la CEO di Jil Sander, Alessandra Bettari.

5.  Il minimalismo

Che cosa sarebbe il minimal senza Jil Sander? In molti attribuiscono erroneamente al termine minimalismo aggettivi come scarno, freddo, noioso o privo di un’anima, mentre si omette il suo aspetto elegante, emotivo e leggero che tende ad eliminare il superfluo per dare spazio alla qualità del capo.

Ogni cliché legato al minimalismo viene meno nelle collezioni di Jil Sander, dove al minimal viene associato un elemento di emozione che ci arriva in modo semplice ma diretto. Lo stile della maison, infatti, risulta decisamente contemporaneo e dal contenuto intellettuale. La designer è stata una delle prime che ha creduto nell’eleganza maschile per la donna, la quale, pur portando abiti genderless, non perde la sua femminilità aggraziata e sempre fedele a se stessa.

L’utilizzo di colori neutri, il cachemire, le forme pure e l’opulenza minimale lasciano intravedere un oscillare tra minimalismo e concettualismo contaminato dalla visione dinamica della moda attuale. Il risultato è una collezione in linea con il presente ma che non perde la sua riconoscibilità.

A proposito della collezione +J di Uniqlo - in vendita da oggi 12 novembre online e nello store di Milano - Jil Sander afferma: "Ho definito la moderna uniforme globale con questo in mente: gli abiti dovrebbero essere duraturi e durevoli. Dovrebbero servire chi li indossa e fornire a lei o a lui quell’energia e quell’autostima che sono così necessarie nella nostra realtà globale." 


Nel 2009 Jil Sander intraprende una partnership con con l’etichetta Uniqlo, e dopo 11 anni tornano con una collezione limited edition per donna e uomo che promette essere l’uniforme di stagione.