Il ritorno della cravatta nel womenswear
Da simbolo di eleganza formale a item ribelle
07 Marzo 2023
Al G7 dello scorso luglio 2022 i leader si sono fatti fotografare senza, facendo gridare alla morte della cravatta, ma, se i politici e gli uomini d’affari l’hanno accantonata da tempo, le ultime fashion week, maschili e, soprattutto, femminili l’hanno riproposta, eleggendolo ad accessorio must-have del guardaroba. Il segreto della sua longevità? Un’anima in bilico fra eleganza formale, tratto distintivo di appartenenza, simbolo di conformità o di ribellione. Tutto dipende da chi e da come la indossa.
Le origini di questa striscia di tessuto abilmente annodata intorno al collo affondano le radici molto indietro nella storia. Basta osservare la tomba del primo imperatore cinese, Shih Huang Ti, e il suo esercito di terracotta risalente al 221 a.C. per scoprire la prima cravatta conosciuta. Inizialmente, era una sorta di foulard, che i militari come anche i legionari romani portavano al collo per riparare la respirazione dalla polvere sollevata dalle avanguardie. Scomparso per un lungo periodo, questo accessorio riappare nel 1600 durante la Guerra dei Trent'Anni (1618-1648), al collo dei mercenari Croati al servizio della Francia. La lieve differenza tra la pronuncia della parola francese per "Croati", "Croates", ed il corrispettivo slavo, "Hrvati", dà origine al termine "Cravate", ovvero "Cravatta". Da subito indossarla è di moda, tanto che Luigi XIV ne adotta la versione più antica, quella in pizzo, sin da bambino. Da capo utilizzato per proteggere la gola dal freddo, pian piano la cravatta si trasforma sempre più in vezzo, fermo restando la sua importante funzione nell’esprimere sia l’identità di gruppo sia il gusto individuale, tramite sottili rimandi a ricchezza, affiliazioni sociali e culturali di chi lo indossa. Amata nell’Ottocento da poeti, artisti e dandy come Beau Brummell, la cravatta diventa glamour e popolare nei primi anni del Novecento grazie a riviste di moda come Vogue e Art-Goût-Beauté. Nello stesso periodo, scrittrici e attiviste se ne appropriano per sfidare le convenzioni e distinguersi nella società. Per le suffragette, per Colette e George Sand, non è solo un modo per ironizzare sugli uomini, ma è un vero e proprio grido di rabbia di fronte all’influenza patriarcale che le relega in un angolo.
Quel guizzo di ribellione resta sempre una parte intrinseca nel rapporto fra donne e cravatta, insieme ad empowerment e un pizzico di allure sexy (per questo dobbiamo ringraziare Yves Saint Laurent ed il suo famoso smoking). Basta pensare alle figure iconiche che l’hanno indossata nei vari decenni: Marlene Dietrich, Patti Smith (avete presente la cover di Horses?), Diane Keaton in Annie Hall, Melanie Griffith con la sua "power tie" in Working Girl, Julia Roberts ai Golden Globes dei 1990, Avril Lavigne in versione skater girl nei primi anni 2000, Blake Lively nell’uniforme di Serena van der Woodsen in Gossip Girl fino a Zendaya in Sportmax all’afterparty degli Oscar.
A lungo, per le donne scegliere la cravatta come accessorio poteva avere molti significati, tutti importanti: ribellarsi al patriarcato, far valere la propria individualità ironizzando sul conformismo latente, rivendicare delle posizioni di potere nel men's world del lavoro e combattere gli stereotipi di genere. Le ultime interpretazioni degli stilisti, da Louis Vuitton a Gucci, da Dior a Ralph Lauren, preferiscono lasciare da parte le varie sfumature socio-culturali della cravatta, usandola semplicemente come accessorio per dare un twist al look.
Per la sua collezione FW 2023 2024 Valentino rivoluziona il concetto di cravatta nera, sfruttando la sua simbologia per creare una collezione unica e libera dalle convenzioni. La cravatta, da sempre vista come simbolo di potere maschile e di conformità, viene liberata dai suoi vincoli, diventando un elemento dinamico che si fonde con la camicia e si adatta ai diversi contesti, tanto da essere indossata sia da uomini che da donne. La collezione si concentra sull'essenzialità della sartorialità e sulla modernità del daywear, ma senza rinunciare all'heritage della Maison, che si fonde con una visione futuristica. L'omogeneità diventa una cornice per valorizzare l'individualità di ogni essere umano, amplificandone le sfumature e distruggendo le convenzioni delle uniformi tradizionali. La collezione di Valentino ridefinisce il concetto stesso di moda, riscrivendo le regole e creando un'identità poliedrica che si fonde tra storia e contemporaneità, rinascimento e punk.