L'ossessione della moda per la spazzatura
Perché il rapporto tra fashion e rifiuti come critica della realtà" continua a ispirare gli stilisti?
26 Settembre 2022
"Sta bene anche con un sacco della spazzatura addosso". Il modo ironico che si usava dire negli anni Duemila, per indicare chi valorizza un capo acquistato a poco prezzo, esaltandolo come fosse couture, mai come ora potrebbe essere più attuale, anche dopo i riferimenti della moda Anti-form di Galliano. Oggi tutto ha un senso differente: il rapporto tra il fashion e spazzatura risiede nell'ispirazione dei sacchetti dell'immondizia - vedere alla voce borsa di Balenciaga o collezione di Kanye West Yeezy x GAP - sinonimo di forza demolente di quello che effettivamente la moda è, ovvero la seconda industria più inquinante che contribuisce alla distruzione del nostro pianeta. Numerosi i tributi in passerella, da Moschino a John Galliano e Alexander McQueen avevano già aperto la strada a questa interpretazione. Ma vediamoli in dettaglio.
Farsi vedere dal vicino di casa a gettare la spazzatura non è mai stato un gesto cool, ma ora il sacchetto in plastica è un accessorio piuttosto costoso. A darne l'ultimo esempio virale è stato Balenciaga che per la collezione FW22 ha creato borse ispirate proprio a quelle dei rifiuti, mettendole sugli scaffali a un prezzo che supera i mille euro. C'è stata poi la controversa collezione Yeezy x Gap, con l'idea di Kanye West di infilare i capi in enormi sacchi della spazzatura (o, come ha chiarito in seguito, in grandi sacchi "da cantiere") al posto dei classici espositori per lo shopping. Insomma l'estetica della spazzatura per molti ha un certo fascino, per altri è paragonabile ai sacchettini per raccogliere i bisogni del proprio cane o, ancora peggio, un insulto ai senzatetto che necessariamente mettono tutti i loro beni proprio all’interno di queste enormi bag nere. Due casi che hanno attirato a sé l'attenzione, creando sicuramente più polemica rispetto alle collezioni passate. Una cosa è certa a tutti: questi sacchetti costosi da portare al braccio sono da relazionarsi al fattore inquinante della moda nei confronti dell'ambiente. L'origine dell'interesse della moda alla spazzatura è legato obbligatoriamente alla visione della supply chain a 360°, un percorso iniziato dai giapponesi Hohji Yamamoto e Rei Kawakubo negli anni '80 grazie al loro focus sulla materia che viene riproposto nel primo decennio dei 2000 dalle menti geniali di John Galliano e Alexander McQueen. Il primo applica all'interpretazione della spazzatura un vero e proprio culto a cavallo con riferimenti storici dei clochard del post rivoluzione francese, con silhouette decostruite che si ricollegano a una fluidità delle figure genderless che permette al corpo di liberarsi da canoni strutturali, elemento che Demna Gvsalia sta riprendendo a suo modo con la sua iconica silhouette.
Galeotta fu la collezione disegnata da John Galliano per Dior, nel 2000. Il couturier aveva infatti creato abiti fatti con le stampe di giornale, abbinati a borse di plastica simili a quelle del supermercato, in riferimento ai senzatetto di Parigi, osservati a lungo dal designer mentre correva la mattina lungo la Senna. Anche Alexander McQueen, nel 2009, aveva portato in passerella la sua collezione The Horn of Plenty, con le modelle fasciate da abiti scultorei che camminavano in mezzo ai rifiuti e che indossavano copricapi fatti con sacchetti e lattine abbandonati per strada. Ma qui nessun riferimento ai senzatetto. Era piuttosto una critica dello stilista a tutti i rifiuti che noi esseri umani ci ritroviamo a produrre ogni giorno, lasciandoli in ogni angolo delle città del Globo senza rispetto. Jeremy Scott ci ha regalato una terza versione differente. Per la collezione FW17 di Moschino ha letteralmente vestito le modelle di rifiuti, dando nuova vita a cartoni, tende della doccia e sacchi neri. Oggi, nelle collezioni di JW Anderson, emerge un legame con il concetto ambientale figlio del momento storico che stiamo passando, in cui un sacco della spazzatura diventa una modalità comunicativa di un sentimento collettivo, la preoccupazione ambientale e la concretizzazione dell'idea che indossare materiali riciclati, che vengono dalla spazzatura, potrebbe essere un modo di attutire l'impatto ambientale del settore moda. Un antidoto, secondo il designer, in riferimento allo spreco, come per voler incitare il riciclo. Riciclo che, per altro, indossiamo tutti i giorni. Basti pensare alle griffe, anche low cost, che scelgono di creare i loro abiti con materiali di scarto, dalle reti da pesca abbandonate in fondo al mare fino alla plastica rielaborata in materiali high-tech che non creano problemi di emissione di microplastiche nemmeno durante le lavatrici. Non stupisce insomma che un accessorio ordinario della nostra quotidianità sia rivisitato dalla creatività degli stilisti, a patto che questo gesto sia fatto con rispetto e non come insulto, non solo nel prezzo ma anche nell'etica.
La conclusione? La moda trash è insomma una dichiarazione. Controversa certo, divertente a volte, ma è proprio questo il punto. La moda stessa viene, del resto, definita da molti come spazzatura, una metafora spaventosamente attuale.