Il fascino nostalgico dei peluche nella moda
Morbidezza ed evasione in passerella
19 Giugno 2023
Quando i designer decidono di prendere in giro il sistema moda e la serietà con cui viene dipinto dai media, spesso la chiave che scelgono di utilizzare è il design di giocattoli e di capi che richiamano il mondo dell’infanzia, un’idea simpatica che trova le sue vere radici nel distretto giapponese, culla della cultura kawaii, Harajuku. Ormai un trend indiscusso anche sulla For You Page di TikTok, dove l’hashtag #plushtoy ha accumulato più di 3 miliardi di views, i peluche sono diventati l’arma perfetta per brand e direttori creativi per attirare l’attenzione, un trucco d’impatto che fa viaggiare i consumatori indietro nel tempo tra i ricordi più dolci del passato. I look che prendono ispirazione dagli articoli preferiti dai più piccoli sono innumerevoli e continuano a dare vita a collaborazioni originali; ultima tra queste Slam Jam x Trudi, una riproduzione della mascotte tigrata del brand italiano di sportswear firmata dall'iconico brand di peluche.
Nonostante l’idea abbia in tempi recenti scaturito scandali e polemiche - vedi Balenciaga - i peluche a forma di orsetto sono i giocattoli preferiti dei brand. Primi tra tutti Moschino e Ralph Lauren, che del simpatico animaletto hanno fatto un vero e proprio marchio di fabbrica: il primo già durante le prime collezioni anni ’80 del fondatore Franco Moschino, su tubini neri e giacche, e poi nel 2013 da Jeremy Scott per il profumo «This is not a Moschino Toy»; Ralph Lauren dal 1990, quando, dopo aver ricevuto in regalo un orsetto di Steiff abbigliato in un look total Polo, il designer americano ha avuto l’idea di integrarlo nelle sue collezioni - la vita che imita l’arte e viceversa, insomma. Negli stessi anni, ossia molto tempo prima che Lily Rose Depp stregasse le nuove generazioni con il suo look Lolita-inspired, la mamma Vanessa Paradis ha sfilato per Jean-Charles de Castelbajac in un cappotto interamente coperto di pupazzi a forma di Snoopy, un design tipico del designer francese ripreso quest’anno da Castelbajac in una collaborazione con la casa d’aste di Pharrell, Joopiter.
Negli anni ’90 pupazzi e peluche erano completamente scomparsi dalle passerelle, dato lo stile essenziale e minimalista dell'epoca, ma con l'arrivo della sregolatezza dei Naughties la moda ha deciso di ripescarli dalle scatole dei ricordi, cominciando ad utilizzarli per design sempre più audaci. La collezione FW98 di Anna Sui guardava ad esempio ai tipici travestimenti e le maschere indossate dai bambini, con cappelli di peluche a forma di coccodrillo, orsetto, coniglietto e lupo. Nel backstage della sfilata, la designer aveva spiegato a Vogue di essere stata ispirata da vecchie illustrazioni di libri per bambini e da una frase che le disse da giovane un’insegnante: «Sei troppo grande per leggere le fiabe.» Qualche anno più tardi, spinti da un’ondata di nostalgia forse scaturita dall’arrivo del nuovo millennio, il duo designer di Dolce&Gabbana ha presentato alla sfilata SS03 una mini gonna di jeans ricoperta in piccoli animaletti sfoggiata anche da Lil Kim sulla copertina di Nylon Magazine, mentre nel 2005 l’allora direttore artistico di maison Louis Vuitton, Marc Jacobs, ha lanciato l’orsetto monogrammato DouDou, offrendo - probabilmente senza neanche saperlo - un anticipi di quello che sarebbe stato l'immaginario giocoso e disimpegnato del suo brand Heaven by Marc Jacobs.
Oggi il mondo della moda confida ancora nell’essenza nostalgica e innocente dei peluche, un sintomo persistente delle incertezze vissute durante gli anni di pandemia. In bilico tra la necessità di evasione e il bisogno di trovare riparo nel passato, il design come ognuno di noi trova conforto nelle linee arrotondate ed affabile dei peluche, debordando a volte in parodia, come il charm Karlito di Fendi che imita l'imprescindibile look di Karl Lagerfeld, a volte in concetti più riflessivi, come i “misfit toy” della collezione FW22 di Tom Browne che riflettono pienamente la sensazione di inadeguatezza che può sbucare in ognuno di noi.