Vedi tutti

Animalier, la storia della stampa più discussa

Dagli uomini primitivi ad oggi le molteplici declinazioni nella moda e foto d’archivio dei momenti che hanno reso celebre questa stampa

Animalier, la storia della stampa più discussa Dagli uomini primitivi ad oggi le molteplici declinazioni nella moda e foto d’archivio dei momenti che hanno reso celebre questa stampa
Debbie Harry

Debbie Harry

Josephine Baker

Josephine Baker

Audrey Hepburn

Audrey Hepburn

Christian Dior, 1947

Christian Dior, 1947

Cenni di storia della stampa animalier

L’animalier esiste ancora prima della nascita della moda, classificandosi come uno dei punti di vestiario comune alle più antiche tribù. In origine gli uomini primitivi si servivano di pelli di animale non solo per riscaldarsi e proteggersi, ma anche per indossarle o esibirle all’interno della propria abitazione, per una questione di status. Questa tradizione si consolidò sempre di più nelle epoche successive, gli aristocratici, ad esempio, usavano tappeti di pelle o animali imbalsamati come simbolo del loro potere e della loro nobiltà

Nel 1700, avvicinandoci a quella che è la moda contemporanea, iniziarono le prime stampe su tessuti per ornare le corti di tutta Europa. Persino il Jungle Design non ha abbandonato le abitudini decorative moderne: dal salone di casa fino a strumenti di uso quotidiano, come cover per smartphone, l’animalier approccia il design. Nel 2012 al Salone del Mobile di Milano è stato infatti l’amante di questo stile, Roberto Cavalli, a rinnovare l’estetica di Ciclotte, un ibrido tra un attrezzo per il fitness e pezzo di decoro da collezione con payoff – ride or design -, proponendolo in versione animal print, piuttosto inusuale per una simil-cyclette.

Gli antichi Greci chiamavano questo stile zoote, da ζωή che significa vita: questi avevano attribuito all’indossare pelli di animali una stretta connessione con i culti dionisiaci e quindi legati a sfrenatezza e lussuria, luogo comune che è rimasto ancora legato al mondo dell’animalier. 

L'animalier a Parigi negli anni ’30

Josephine Baker

Josephine Baker

Joséphine Baker, cantante e danzatrice,è la prima icona della moda moderna che ha contribuito a lanciare la stampa in un ambiente lussuoso e modaiolo come quello dei casinò parigini, ed è considerata come la prima celebrità Black e tra le più acclamate del settore dello spettacolo in quegli anni. Usò la sua grande popolarità nella lotta contro il razzismo, in particolare sostenendo la causa per i diritti civili di Martin Luther King. Il suo stile era legatissimo alle stampe animali, infatti il suo gusto esotico non passava inosservato fungendo come tratto distintivo della sua stage persona. Fu quando si esibì al Casino de Paris che il direttore dello stabilimento le offrì il suo primo animale, un ghepardo che lei chiamò Chiquita. Il ghepardo la segue sul palco, ma anche nella sua vita privata. Chiquita si mette in posa e le fa compagnia in diversi scatti. L'artista arriverà persino ad essere vista con l’animale al guinzaglio sugli Champs-Élysées. 

L'animalier nella Haute Couture e nel cinema 

Christian Dior, 1947

Christian Dior, 1947

Audrey Hepburn

Audrey Hepburn

Nel 1947 l’animalier entra nello sfarzo della Haute Couture grazie a Christian Dior che fece sfilare abiti realizzati in chiffon stampato a macchie di leopardo. È finalmente lo sdoganamento necessario perché diventi richiesto da tutti. All’inizio era comunque una moda dedicata alla femme fatale, Dior è stato il primo designer ad innamorarsi dello stile esotico ed evocativo di questa stampa, la passione smodata per essa lo portò a utilizzare la pelliccia animalier sui polsini dei cappotti e nei cappelli. Le star non tardarono a seguirne le orme e neppure le altre maison di moda. Nel ‘53, Marilyn Monroe indossò un manicotto di pelliccia con mantella dello stesso motivo ne “Gli uomini preferiscono le bionde” e nel ‘63, Audrey Hepburn, elegantissima protagonista nel film “Sciarada”, indossò un cappello maculato realizzato da Givenchy.

L'animal print negli anni '70 e '80

L’acme dell’animal print si ha fra gli anni 70 e 80, rivisitato in una chiave glam rock e questa volta feroce: tute maculate, body e lingerie zebrata, per i look da giorno e sera. Debbie Harry, leader del gruppo rock Blondie, era una delle star che più adorava questo stile. 

Debbie Harry

Debbie Harry

In quel periodo, Roberto Cavalli metteva le basi per quella che sarebbe poi stata la sua identità stilistica: l’attenzione per il tocco esotico. Negli anni ‘70 propose la stampa ghepardo, nel ‘99 lo zebrato e nel 2006 la stampa farfalla. Cavalli sceglie le passerelle milanesi per presentare una collezione ricca di stampe animalier, che insieme al denim, ai broccati e alla pelle intarsiata, diventeranno i suoi tratti distintivi. Alla fine degli anni 90 il marchio è venduto in circa 40 paesi.

Anche Valentino nell’87 si lasciò conquistare dall’animalier tanto che gli venne dato l’appellativo di “Re della giungla della moda”. Dopo un piccolo stand by del fashion jungle, Gianni Versace propose il maculato in vari colori e camicie di seta leopardate per il prét-a-portér maschile. Negli anni ‘90 Azzedine Alaia, ispirato dall’emergente musica hip hop e dallo stile street, propone il total look maculato.

L’Animalier oggi 

Ormai l’animal print è destinata a rimanere nella storia della moda e ad aggiungere un pezzo di sé durante ogni stagione. Non si perde più di vista tenendo conto del revival vintage degli ultimi anni e delle nicchie di aesthetics che governano il fashion-web. C’è chi lo interpreta portandolo ad un livello più estremo di quello che potevamo pensare ed è il caso della Maison Schiaparelli in questa SS 2023. Schiaparelli ha portato in passerella la sua idea dell’Inferno dantesco durante la Paris Fashion Week. Le top model come Irina Shayk e Shalom Harlow hanno sfilato accompagnate da teste finte di animali come lupi, leoni e leopardi bianchi. La stessa Kylie Jenner, seduta in prima fila accanto a Chiara Ferragni, ha indossato in anteprima una delle creazioni

Quello di Doja Cat e Jared Leto al Met Gala si può considerare una nuova frontiera dell’animalier? I due infatti, anche se in modi diversi, hanno vestito i panni di un gatto, in particolare l’amato animale di Karl Lagerfeld, Choupette.

Doja si è presentata indossando un abito con orecchie di gatto, con tanto di protesi facciali per immergersi totalmente nella simulazione. Il suo scintillante abito argentato è stato disegnato da Oscar de la Renta e presentava un maestoso strascico, accessoriato con gioielli altrettanto abbaglianti. Per quanto riguarda l’approccio altrettanto disruptive di Jared Leto, non è stato tanto un gioco di stile quanto un colpo di scena: l’attore infatti ha indossato un costume da gatto, con pelo bianco e un enorme testa con orecchie e baffi. Non resta che sedersi comodi ad aspettare i prossimi passi dell’animalier e della sua evoluzione continua.