Perché la Gen Z ha un'ossessione per l'infanzia
Kidcore, giocattoli, femminismo e traumi
04 Ottobre 2023
Se le scorse fashion week ci hanno insegnato qualcosa è che la moda, oggi, viene fatta in vista del consumatore finale. Dal minimalismo lucido e rock and roll di De Sarno da Gucci al ripetitivismo chic di Vaccarello per Saint Laurent, il fashion month appena concluso conferma l’appeal del Quiet Luxury sui VIC di tutto il mondo. Ma, come se viaggiasse in una corsia parallela, c’è anche anche una moda che urla, strepita e a suon di fiocchi, colori vividi e femminilità sfolgorante, rivendica un diritto, quello all’infanzia, che per la Gen Z è diventato ossessione. Dai nastrini di Sandy Liang alle stampe puppy di Acne Studios, passando per Simone Rocha, Cecile Bahnsen, Molly Goddard e i picchi kidcore di Louis Vuitton by Pharrell Williams e JW Anderson, un’ampia fetta del settore ha intercettato la passione della generazione TikTok per la regressione, il travestimento e l’escapismo. Tra cinema, abbigliamento, arti plastiche o anche solo l’onirico quotidiano dei nostri sogni, l’infanzia o il nido di Pascoliana memoria diventa, in tempi difficili, un rifugio sicuro per fuggire dalla complessità del presente. Tuttavia sulla piattaforma cinese una nuova tendenza testimonia un’evoluzione a tratti grottesca del trend, in cui i pupazzi di Stylevena e Barbie diventano d’improvviso tutt’altro che innocenti e raccontano con cinismo storie di tradimenti, litigi, disturbi alimentari e depressione.
In un video dell'utente di TikTok @belatown, Violet del film Disney Gli Incredibili torna a casa prima dall'università e trova la mamma intenta in "rapporti carnali" con il suo ragazzo, la serie "Barbie Life in the Traphouse" di @joliechienne racconta le vicende quotidiane di una casa dei sogni di Barbie trasformata in un covo di drogati che pullula di bambini trascurati. Altrove, @dolldramaaa ha creato una breve ma indimenticabile serie in 10 parti che inizia con il matrimonio di una coppia di American Girl Doll in frantumi da quando il marito, stufo, tradisce la moglie alcolizzata con una spogliarellista, mentre @sylvaniandrama vede le idilliache bambole della Sylvanian Families impegnate in narrazioni da soap opera su Jeffrey Epstein. Una nuova ondata di creator raccontata da Dazed, che mette in scena video di giocattoli mentre recitano scenari disturbanti tramite format che variano dall'improvvisazione alla sceneggiatura, dal parlato alle didascalie. TikTok in effetti è diventato catalizzatore e specchio di un’ossessione transmediale in cui il mito dell’infanzia si infrange contro le problematiche dell’adultità, una amalgama cringe che su Instagram si traduce in un ondata meme con protagonisti i personaggi Sanrio (come @sanrio_fangirl, @sad.riooooo e l’italianissima @mymelodyseilatop) oltre che nei canali social di un sottobosco di artisti, figli di Yoshitomo Nara, che ritraggono il disturbante mondo di bambini e cuccioli ritratti ad olio mentre brandiscono coltelli, fiammiferi, armi da fuoco (tra cui @dayrisfelix, @mcfriendy, @woodland_ghost).
Lo scorso anno si celebrava l’avvento del Kidcore, un rinnovato interesse per gli oggetti e l’immaginario infantile a suon di Tamagotchi, Nintendo DS e 2.1 miliardi di visualizzazioni su TikTok. Nel caso specifico dell’universo femminile si registrava invece un cambiamento sistemico nel modo in cui gli interessi delle donne vengono percepiti nella società. Il contemporaneo gusto per l'hyperfeminine riesce lì dove subculture Nymphet, Twee, Preppy o le giapponesi Lolita, Nanchatte Seifuku e Kogal hanno fallito. Se pizzo, rosa, gonne e fiocchi sono stati a lungo considerati sinonimo di fragilità e "domesticazione" al servizio del compiacimento dello sguardo maschile, oggi l’estetica infantile rappresenta una riconquista femminista di cose di cui le donne si sono private nel corso degli anni per rappresentarsi come valide agli occhi di loro stesse, degli uomini, del mondo. La controversa narrativa delle bambole di TikTok approfondisce il trend confermando che l'infanzia per la Gen Z è sicuramente un'ossessione.
In un'epoca di incertezze - economiche, sociali, ambientali - le nuove responsabilità dei giovani adulti risultano insostenibili ed è così che un'intera generazione si rifugia nel mito della fanciullezza, sperando che siano i genitori a pagare l'affitto, le bollette e lo shopping mensile per sempre, sottraendosi così allo spettro dell'inflazione, alla lotta al salario minimo, alle discriminazioni sistemiche. Come racconta Nadira Begum via Polyester Zine «la nostalgia è essenziale nel processo di recupero della giovinezza, e la scarica di endorfine che si prova nel rivedere un simbolo amato della propria adolescenza è una sensazione che non può essere replicata altrove. Quando si preme il tasto play di quel film o di quel disco, tutto il resto svanisce e improvvisamente si torna bambini, liberi dai fardelli dell'età adulta.» Eppure alla realtà non c'è fuga: il contemporaneo con tutte le sue complessità trapela in un tripudio di rosa e bambole e il sogno dell'infanzia si infrange in discorsi sul rehab e traumi vari.