"I gioielli sono più democratici della moda"
Intervista alla designer Bea Bongiasca, che vuole innovare la gioielleria italiana
02 Agosto 2024
Continua il nostro viaggio nel mondo dei brand indipendenti italiani, quelli fondati da donne giovani e intraprendenti, che sanno cosa vogliono e hanno tutte le carte in tavola per ottenerlo. Dopo il make-up e la skincare tocca al mondo degli accessori, in particolare dei gioielli. Bea Bongiasca è una designer fresca e giovane, che vuole svecchiare la gioielleria con l'uso del colore e di forme audaci, da vera millennial. E che ci ha dimostrato una comprensione profonda delle dinamiche che regolano la nascita, la crescita e l'affermazione dei brand indipendenti in Italia e nel mondo, e tanta voglia di collaborare con altre realtà e di allargare la community.
Bea Bongiasca, intervista alla designer milanese
Come nasce la tua passione per i gioielli?
Non ho sempre avuto una passione per i gioielli, si è sviluppata più avanti, nel corso del mio primo anno di studi alla Central Saint Martins di Londra. È proprio lì che ho scoperto il mio amore per il design 3D, e ho trovato che il gioiello fosse l'elemento che più mi affascinava, da considerare come una vera e propria opera d'arte in miniatura da indossare. Da quel momento, disegnare gioielli è diventato il mio mezzo principale per esprimere la mia creatività e dar vita alle mie idee artistiche.
Raccontaci un po' del tuo percorso creativo e professionale
Dopo essermi laureata con lode nel 2013 ho deciso di tornare a Milano per aprire il mio marchio di gioielli. Volevo realizzare qualcosa di unico, diverso dal solito che potesse attrarre la mia generazione, i millennial. La mia visione era quella di creare gioielli di alta qualità ma a prezzi accessibili, senza costi proibitivi. Un'intuizione che ho riscontrato essere sempre più comune negli ultimi anni, con la diffusione del concetto di 'demi fine jewellery', ossia gioielli realizzati con tecniche di alta gioielleria, utilizzando oro o argento, e adornati con pietre preziose o semi preziose, ma a prezzi più accessibili. Per me, è fondamentale che ogni pezzo sia fatto a mano e rigorosamente Made in Italy, per garantire piena qualità e autenticità.
A cosa ti ispiri?
Le mie ispirazioni sono molteplici, spaziano dal mondo naturale a città cosmopolite come Tokyo. Una delle mie collezioni più note, 'You're so Vine', nasce proprio da queste influenze. In particolare, questa collezione è un'evoluzione della mia precedente serie, Floricultural, che esplorava la botanica e il linguaggio segreto dei fiori. 'You're so Vine' prende ispirazione da rampicanti e viticci, intrecciati come accadrebbe in natura, re-interpretati contaminando l'oro con il colore, un elemento che di solito si vede solo nelle pietre preziose. Questa transizione dall'oro semplice all'oro smaltato con colori vivaci conferisce ai pezzi un movimento cinetico e un aspetto audace e pop.
Cosa significa essere un piccolo brand in Italia?
Purtroppo in Italia i piccoli brand fanno fatica a diventare noti e ad emergere. Paradossalmente, spesso trovano più successo e visibilità all'estero – in paesi come USA, Francia, Regno Unito e Giappone – prima di essere riconosciuti nel loro paese d'origine. Questo è un aspetto che credo rappresenti una grande sfida per chi, come me, cerca di innovare e proporre qualcosa di nuovo. Se il mio marchio fosse rimasto solo in Italia non sono sicura che sarebbe partito allo stesso modo.
Esiste una persona ideale per cui crei i tuoi gioielli?
Non creo i miei gioielli pensando a un tipo di persona in particolare. Credo che il gioiello sia molto più democratico della moda e penso che chiunque possa indossarli. I miei gioielli sono trasversali sia per età che per stile.
Cosa distingue, secondo te, Bea Bongiasca dal resto?
Il mio linguaggio è una fusione di design, cultura pop e un inconfondibile utilizzo del colore. Le mie creazioni spesso presentano forme giocose e audaci che sfidano le nozioni tradizionali della gioielleria. L'uso di smalti colorati, artigianato intricato e motivi fantasiosi sono elementi che mi caratterizzano. Nel mondo della moda vedo molta innovazione, mentre la gioielleria tende ad essere un po' più old school. Credo che ciò che attira le persone verso il mio brand sia proprio questo approccio millennial e audace, elementi che sono ancora relativamente rari nel settore della gioielleria.
Sono passati 10 anni dalla fondazione del brand. A cosa pensi, guardando indietro?
Penso, wow, sono già passati dieci anni! Scherzi a parte, sono veramente grata di poter fare un mestiere che, per quanto possa essere difficile a volte, mi ha dato e continua a darmi tante soddisfazioni e successi. In un mondo ideale, mi piacerebbe potermi concentrare solo sulla parte creativa, che è la mia vera passione. Tuttavia, quando si gestisce un'azienda, la parte imprenditoriale finisce per occupare la maggior parte del tuo tempo. L'idea che avevo dieci anni fa era sicuramente diversa, ma si impara e si cresce con l'esperienza. Sono contenta di aver intrapreso questo percorso, nonostante le sfide.
E guardando invece avanti: cosa c’è nel futuro di Bea Bongiasca?
Vorrei aprire nuovi negozi che seguano il modello del nostro flagship store in Via Solferino 25 a Milano. Questo spazio consente di presentare i gioielli in modo eccezionale, rispecchiando pienamente i valori e l'estetica del brand, da replicare dunque in altre città, creando ambienti che siano non solo showroom, ma veri e propri centri di esperienza per i clienti. Vorrei anche introdurvi elementi interattivi, in modo che ogni visita sia un'opportunità per connettersi profondamente con il brand e partecipare a eventi esclusivi che celebrano la community. Tutto ciò senza dimenticare un impegno attivo sui social media e le piattaforme digitali, dove comunichiamo le storie che si celano dietro i gioielli, attraverso contenuti ispirazionali e coinvolgenti. Infine, il futuro di Bea Bongiasca mira a collaborazioni con altri marchi che condividono gli stessi valori, così come l'apertura di pop-up store in giro per il mondo, per coinvolgere una community sempre più allargata.