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Comprare vintage non ci salverà dal consumismo

Dalla gioia del recupero al culto del possesso

Comprare vintage non ci salverà dal consumismo Dalla gioia del recupero al culto del possesso

Su Internet diffido di due tipi di persone: quelle che postano foto in cui piangono e chi ha sostituito i mega haul di abiti presi dal fast fashion con quelli dei mercatini dell'usato. L'algoritmo di TikTok sembra aver intercettato questo mio giudizio, e mi ha proposto recentemente dei video di una TikToker coreana, Yooon_ie, che, per passione e per via della sua storia familiare, restaura e ripara articoli in pelle, specialmente borse del brand Coach. È come se l’universo la premiasse costantemente facendole trovare, per puro caso, borse in pelle di ottima qualità prodotte dal 1941 negli Stati Uniti. 

Il fascino del restauro su TikTok

Yoonie pubblica tre o quattro video al mese in cui acquista, per poche decine di dollari, borse trovate in mercatini dell’usato come Salvation Army o Savers. Definisce il trattamento a cui sottopone le sue borse una giornata alla spa: aspira la sporcizia accumulata, le pulisce con sapone per piatti diluito, taglia con delle piccole forbicine i fili tirati, restituisce la lucentezza originale della pelle con spugne delicate e detergenti per pellami. La combinazione di movimenti ripetuti e rumori non invasivi cattura la nostra attenzione. Dopotutto, ci sono contenuti i cui temi andranno sempre virali: cucina e pulizie

 Yoonie ci vende il suo stile di vita e la sua passione

Dopo qualche video, tra incredulità e delizia, ho notato come sul suo profilo siano presenti link che portino rispettivamente all suo shop Amazon e il suo profilo ShopMy - una piattaforma di affiliazione per influencers. Cliccando su questi questi link possiamo trovare prodotti per tenere pulite e organizzate le nostre borse, teche in plastica dove contenerle e portachiavi a forma di cuore. Nei commenti dei suoi video molti utenti le chiedono se successivamente rivenda le borse che acquista: ammette di no, di sentirsi troppo legata a loro. 

L'usato diventa un nuovo tipo di consumo

Dal momento in cui TikTok contribuisce a rafforzare la percezione del sé attraverso lo sguardo altrui, appare quasi ovvio che qualsiasi giovane utente venga spinto a creare e postare più video possibili su temi popolari all’interno della piattaforma. In particolare, se un paio d’anni fa gli haul - video in cui i creator mostrano i propri acquisti - riguardavano i grandi gruppi fast-fashion, ciò che per ora catalizza l’attenzione sono i contenuti in cui gli utenti, spesso giovani donne, portano i propri followers in giro per mercatini dell’usato alla ricerca generica. Non ho aggiunto un complemento di specificazione perché non c’è quasi mai: il thrift shopping sembra esistere nel vuoto, distaccato da altre forme di consumo. Addosso ha una patina di atto creativo e altruistico che legittima la propria popolarità. Ma è davvero così? 

Il thrifting è solo un altro modo di fare shopping

In alcuni video, le utenti mostrano borse blu di Ikea ricolme di capi acquistati a poco prezzo; alcune vanno settimanalmente in mercatini e sfidano i propri followers a cosa riusciranno a comprare con dieci, venti o trenta euro. Questo porta all’errata percezione che comprare incessantemente e accumulare capi usati e vecchi sia diverso dal comprarli online, nuovi, ben ordinati in bustine di plastica e cartone. Ma comprare e collezionare compulsivamente non sono atti creativi: la professoressa dell’Università della North Carolina Wilmington Jennifer Le Zotte nel suo libro “From Goodwill to Grunge” ha analizzato l’intricato rapporto tra capitalismo industriale, politiche sociali e cultura di massa. Difatti, la storia dello shopping second-hand è segnata dall’appropriazione economica e stilistica da parte dei consumatori privilegiati sin dal XIX secolo. In questo contesto, è fondamentale riflettere sul vero significato dello shopping di seconda mano e sul suo impatto non solo sull’economia, ma anche sulle dinamiche sociali e culturali che lo circondano.