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Lettera d'amore a Beyoncé

In occasione del suo 39esimo compleanno

Lettera d'amore a Beyoncé  In occasione del suo 39esimo compleanno

Nell'epoca del Post Femminismo, del dibattito sul ruolo della donna nella società e nel mondo del lavoro, dei movimenti Time’s Up e #MeToo, servono esempi concreti di donne potenti, sicure di sé, libere e di successo. Un esempio che parla da sé, senza bisogno di troppe spiegazioni perché talmente imponente da essere davanti agli occhi di tutti, è Beyoncé Knowles. Cantante, attrice, ballerina, imprenditrice con 10 album all’attivo, 62 nomination ai Grammy Awards, più di 118 milioni di dischi venduti nel mondo, Bey è indiscutibilmente la regina del pop. Ma oltre a questi numeri impressionanti, ai look incredibili e alla cascata di riccioli biondi c’è di più: Queen Bey ha innegabilmente avuto, e continua ad avere, un impatto culturale profondo sulla società americana, imprescindibilmente legato al fatto di essere nera e donna. 

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Fin dall’inizio della sua carriera solista (dopo lo scioglimento delle Destiny’s Child), Beyoncé ha fatto riferimento con fierezza al suo retaggio afroamericano, punto di forza e orgoglio durante la presidenza Obama, e ulteriormente rivendicato e ribadito durante la difficile era Trump. La sua blackness è una componente essenziale e intrinseca della sua musica, che si ispira a giganti come Prince, Aretha Franklin e Michael Jackson, così come delle sue performance. L’halftime show del Superbowl del 2016 è stato un evento storico in questo senso. Le ballerine di Mrs Carter erano vestite completamente di nero e sopra i capelli in pieno stile afro portavano berretti neri, iconico simbolo del movimento delle Pantere Nere degli anni Sessanta, mentre Beyoncé intonava Formation, nel cui video ci sono scene che richiamano esplicitamente il movimento Black Lives Matter, in particolare nel graffito che recita “Stop Shooting Us” (smettetela di spararci). 

L’esibizione al Coachella dello scorso anno è diventata un’altra occasione per rendere omaggio alla comunità afroamericana, come testimonia bene il documentario di Netflix Homecoming. Beyoncé è stata la prima donna di colore ad essere headliner del festival californiano (diventato per l’occasione Beychella), e ha trasformato la sua performance in un omaggio alla comunità afroamericana con riferimenti a Nina Simone e Malcolm X, citazioni da Lift Every Voice and Sing – considerato l’inno della comunità nera -, felpe nei colori della prima confraternita universitaria creata da afroamericani e il pugno chiuso, simbolo del movimento Black Lives Metter, cucito sul corpetto. Un messaggio politico potentissimo. Nel documentario, però, Bey ci regala anche uno sguardo inedito alla sua vita privata, alla difficile gravidanza dei due gemelli, alla fatica fisica e mentale di rimettersi in forma dopo il parto, alla voglia di tornare ad essere la Queen Bey a cui tutti siamo abituati. 

Who run the world? Girls, e Beyoncé lo sa benissimo. Senza mai abusare della parola ‘femminista’ e senza mai urlare alla discriminazione, Queen Bey ha semplicemente messo le cose in chiaro. Il brano Run The World (Girls) può essere considerato il manifesto dell’idea di donna in stile Knowles. Citando Ray Liotta in Quei Bravi Ragazzi, Beyoncé parla della disparità salariale tra uomini e donne, del numero di laureate donne (sempre maggiore rispetto agli uomini) pronte a conquistare il mondo e delle mamme che dopo aver avuto un figlio tornano più forti di prima nel mondo del lavoro. In Don’t Hurt Yourself, furiosa per il tradimento del marito Jay-Z, una scatenata Beyoncé si rivolge al compagno fedifrago in questi termini: se pensi di essere sposato con una t***a qualunque ti sbagli di grosso, tieniti i tuoi soldi, ho i miei, sono la leonessa, faccio l’amore con te finché non mi rendo conto che sono troppo per te. Incazzata è dire poco, ma è girl power al massimo livello. Lemonade, capolavoro assoluto della Knowles, diventa un inno alla potenza, alla forza e alla libertà femminile, esemplificato perfettamente in Serena Williams, carissima amica di Beyoncé, che appare anche nel video di Sorry twerkando ai piedi del trono di Queen Bey. Il girl power si traduce anche in azioni concrete, come il Global Citizen Festival, volto a raccogliere fondi per l’educazione femminile nei paesi in via di sviluppo, organizzato con il supporto dell’ex First Lady Michelle Obama

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Il lavoro di Beyoncé non si limita a registrare canzoni, ma ogni album diventa l’occasione per creare un immaginario e un’estetica profondamente legati al disco. Lemonade non è solo un album che racconta come Bey è venuta a patti con il tradimento del marito, ma è anche un’opera visuale, un vero e proprio cortometraggio mandato in onda da HBO. Undici capitoli diversi, citazioni dalle opere della poetessa espatriata somala Warnan Shire, esempi di donne (nere) forti come Zendaya, Winnie Harlow, Serena Williams, riferimenti costanti al Black Lives Matter: Lemonade è un’opera monumentale. La scena in cui Bey cammina per la strada indossando il vestito giallo firmato Roberto Cavalli con in mano una mazza da baseball è ormai iconica. 

Ma anche il video del primo singolo estratto dall’album realizzato in collaborazione con il marito Jay-ZApes**t, diventa un mini film ricchissimo di citazioni girato all’interno del Museo del Louvre. Ogni quadro e scultura che appare nel visual ha un significato profondo, connesso con l’origine della famiglia di Bey (i suoi antenati erano schiavi), la rappresentazione degli afro americani nell’arte e, ancora una volta, l’empowerment della donna. 

La celebrazione della bellezza nera ha raggiunto però il suo apice con Black Is King, il visual album uscito alla fine di luglio su Disney+. Scritto e diretto dalla stessa Knowles, l'album è l'ultimo capitolo - il più completo, visivamente ricco, esagerato, coloratissimo - nel progetto di Bey di rappresentare la Blackness nella sua forma migliore, soprattutto in un momento storico come questo. 

Come ogni altro personaggio pubblico, anche Beyoncé ha i suoi detrattori e i suoi hater, e ormai avrete capito che chi sta scrivendo è di parte, ma ciò che resta oggettivo è il suo incredibile successo e la sua assoluta importanza, non solo nel mondo della musica. Bey è l'esempio vivente che una donna può avere tutto, famiglia, soldi, successo, carriera: con le sue canzoni abbiamo pianto per un amore finito male, abbiamo gioito per un nuovo incontro, ci siamo fatte valere e abbiamo alzato la voce, abbiamo spaccato la macchina all'ex che ci ha tradite o abbiamo semplicemente ballato, libere e spensierate con le amiche in una stanza d'hotel come nel video di 7/11. Se persino il correttore dell’iPhone corregge immediatamente l’accento sbagliato sulla E finale del suo nome, significa che Beyoncé fa ormai parte del vocabolario di tutti, o almeno dovrebbe. Tanti auguri, Queen Bey