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5 volte in cui Gucci ha sfidato il concetto di genere

Dalla New Masculinity alla teoria di Preciado

5 volte in cui Gucci ha sfidato il concetto di genere  Dalla New Masculinity alla teoria di Preciado

In un anno difficile e complicato come il 2020Alessandro Michele ha scelto un focus importante per le collezioni e i progetti di Gucci. Il brand si è infatti impegnato in prima linea sulle tematiche di genere. La maison italiana si è occupata di decostruire, affermare e divulgare una serie di idee che ruotano attorno al concetto di genere, intersecandosi con l’educazione sessuale e le teorie più accademiche. Ma che cos’è il genere? 

Sembra che oggi sia diventata un’ossessione, ma non è un argomento nuovo. Si tratta di una nozione che è stata, ed è ancora, costantemente problematizzata. Nel 1957 John Money, psicologo e sessuologo, ha coniato il termine “genere” differenziandolo da “sesso” per indicare l’appartenenza di un individuo a gruppi culturalmente riconosciuti come maschile e femminile. Entrambe le categorizzazioni presentano aspettative, sia da un punto di vista sociale che culturale, sui ruoli da assumere e su come ci si debba presentare nella società. Per la maggior parte delle persone il genere corrisponde alle aspettative culturali del sesso che è stato loro assegnato alla nascita. Il femminile prevede il rosa, le bambole, i trucchi, le gonne, le buone maniere. Il maschile è fatto di azzurro, macchinine, calcio, modi bruschi, boys will be boys e, insomma, tutta una serie di altri stereotipi. Il genere quindi è un costrutto sociale

Gucci ha scelto consapevolmente di rileggere questo codice, e quest’anno l’ha fatto, almeno, cinque volte. 

 

#1: FW20, addio alla mascolinità tossica

Con gli appunti chiamati Masculine, Plural, la collezione Uomo F/W 2020 è stata un invito a tornare alla propria infanzia, per sedersi nuovamente sui banchi di scuola e imparare, in maniera diversa, a essere “maschi”. 

Alessandro Michele ha spronato gli uomini a revisionare ciò che è stato loro insegnato, aprirsi a un nuovo romanticismo e abbandonare i comportamenti da macho - di cui l’emblema è stata la T-shirt in collaborazione con l’artista-musicista proto-punk Richard Hell, dove si sovrapponevano le parole “Impazienza” e “Impotenza”. A gennaio Michele ha precisato di non voler distruggere in toto il mondo maschile, né di suggerire un nuovo modello normativo, ma di problematizzare i suoi vincoli e ampliarlo. È per questo che la collezione ha voluto catturare l’infanzia: un momento privo dalle contaminazioni delle norme sociali relative all’ideale di mascolinità; un istante da cui partire per riconnettersi con la propria fragilità e tenerezza, mettendo in discussione i condizionamenti esterni. In questo show Gucci ha intrecciato i Men’s Studies e il dibattito nature versus nurture con un'estetica romantica, al ritmo di un pendolo di rimando alla filosofia di Michel Foucault. 

Protagonista di questa decostruzione a livello pop globale è stato sicuramente Harry Styles, di cui ultimamente si è parlato molto in relazione alla copertina di dicembre del Vogue statunitense, dove Tyler Mitchell l’ha ritratto con un abito lungo a balze proprio di Gucci. Il binomio Michele-Styles collabora da anni, e il cantante ha sempre usato la sua immagine per incitare alla lotta contro gli stereotipi di genere. L’ha fatto al Notes on Camp del Met Gala, ma anche ai Brit Awards di quest’anno con le Mary Jane, il colletto di pizzo, le perle e lo smalto color lavanda. 

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Sull’onda della New Masculinity, in Italia Gucci ha puntato su Achille Lauro, vestendolo per il festival di Sanremo. Gli outfit, che hanno avuto una grande risonanza, tra gli altri riferimenti erano ispirati all’estetica cattolica di San Francesco e della Madonna Addolorata. E Gucci, nei pochi minuti delle esibizioni, ha saputo trasmettere - con un abile storytelling - un’espressione artistica e culturale completamente innovativa, specie sul concetto di fluidità di genere

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#2: The Sex-Ed Podcast

La mascolinità (e l’erotismo della Natura) è ancora un tema trattato in un’intervista ad Alessandro Michele nel podcast The Sex Ed. A fine marzo, infatti, ha annunciato una collaborazione con la piattaforma fondata nel 2018 da Liz Goldwin, diventando lo sponsor di tutta la terza stagione. «Ohh La La, and Gucci Coo Babies». 

Con questa partnership Gucci ha deciso di amplificare il discorso portato avanti da The Sex Ed per rimuovere attivamente i molteplici tabù che la società ha sul sesso. È questo l’approccio del podcast (e di tutta la piattaforma di The Sex Ed), in cui si possono trovare interviste a personaggi di ogni tipo, da Riley Reid, pornostar di fama mondiale, alla scrittrice Peggy Orenstein. In ogni episodio si analizza un tema legato sì alla sessualità, ma anche alla salute riproduttiva, al genere e al benessere in generale. Anche qui, si tratta di un’ulteriore apertura di Gucci al contemporaneo, infatti come aveva accennato Alessandro Michele: il mondo è così fuori, non ho inventato nulla. È la lettura estetica di qualcosa che vedo già per strada

 

#3: Chime for Change, #StandWithWomen

Nel febbraio 2013 Gucci ha co-fondato una campagna globale, Chime for Change, a favore dell’uguaglianza di genere. Negli anni ha portato avanti più iniziative, come Let Girls Dream (da cui era nato anche un sito interattivo e un cortometraggio prodotto da Gloria Steinem) oppure To Gather Together (2019), in collaborazione con l’artista MP5, dove veniva presentata una nuova identità grafica per la campagna che raffigurava persone più o meno androgine, i cui organi sessuali, primari e secondari, erano coperti grazie al simbolo dell’uguale. Uno degli ultimi progetti, invece, è stato #StandWithWomen, ideato durante il periodo di crisi causato dal Covid-19. 

La pandemia, infatti, ha amplificato le disuguaglianze di genere e in particolare la violenza contro le donne. Con questa iniziativa Gucci ha promosso una raccolta fondi destinata a più organizzazioni no-profit per aiutare donne e ragazze in tutto il mondo. Uno degli aspetti più interessanti del progetto è che tratta esplicitamente di donne di colore, donne transgender, donne indigene e donne disabili, con un’attenzione all’intersezionalità che pochi brand possono vantare. L’intersezionalità si basa sull’idea che le varie categorizzazioni sociali (genere, classe, religione, disabilità, orientamento sessuale e così via) e le discriminazioni che ne derivano siano intersecate e non si possano considerare separatamente. Considerare questa categoria (introdotta da Kimberlé Crenshaw nel 1989) significa mettere nuovamente in discussione la categoria di genere e inserirsi in un pensiero “delle differenze” che considera più assi di oppressione (quali, ad esempio, abilismo, classismo e razzismo). In parole più semplici: se una donna viene discriminata in quanto donna, una donna di colore viene discriminata sia perché donna ma anche per via della sua etnia, idem per una donna transgender, discriminata ulteriormente per non essere cis. Questo serve soprattutto a riconoscere i propri privilegi e ad aprirsi alle battaglie altrui, anche senza essere coinvolti in prima persona. 

 

#4: Mr, Mrs o MX?

Al lancio di To Gather Together, Gucci aveva anche presentato The Future is Fluid, un cortometraggio prodotto da Irregular Labs e diretto da Jade Jackman. Il corto « racconta una storia di linee e confini sfocati, una storia che vive nello spazio di mezzo - tra lingue, culture, fusi orari e opposizioni binarie. Una storia raccontata dalle voci della prossima generazione che stanno (ri)definendo il nostro mondo attraverso un prisma di fluidità». Gucci ha indagato che cosa significhi davvero il “genere” per la Generazione Z, in relazione al concetto di fluidità. Non si parla più di maschile e femminile in un sistema binario escludente, ma il discorso si apre alle sfumature presenti tra e attorno questi poli tradizionali. Ed è così che a luglio di quest’anno Gucci ha presentato una nuova sezione presente sul suo sito intitolata GUCCI MX (ne avevamo parlato anche qui), volta a sostenere uno shopping non-binario. Sul sito si possono trovare capi e look genderless, che sono anche stati riproposti come illustrazioni nella fanzine Frankenstein.

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MX” è un neologismo coniato alla fine degli anni ’70, un’alternativa ai titoli come Mr. e Mrs (gli italiani sig. e sig.ra), per le persone che non vogliono esprimere il proprio genere o che non si riconoscono negli altri due. Anche in questo caso il brand vuole giocare con la natura costruttiva del genere, dimostrando che un abito non è mai solo un abito, ma racchiude discorsi personali, sociali, sessuali, politici, etici e - certo - anche estetici. Citando la teoria di Judith Butler, Gucci sostiene che ciò che indossiamo ha una natura performativa (il genere non è, ma si fa).

 

#5: Preciado e il GUCCIFEST

Le teorie accademiche sono tornate anche a novembre con il GUCCIFESTNel primo episodio (At Home) mentre la protagonista, Silvia Calderoni, fa stretching sul parquet, in televisione si sente un discorso di Paul B. Preciado, tra i maggiori esponenti e filosofi contemporanei della teoria queer. La scelta di inserire una figura come lui è programmatica.

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Il filosofo infatti alla nascita è stato assegnato al sesso/genere femminile, ed è cresciuto secondo il codice normativo di genere almeno finché, grazie al processo di liberazione femminista radicale, ha iniziato con le iniezioni di testosterone. Si definisce transgender, ma non uomo, né donna, né etero, né omo, né bisex. Infatti si ritiene un dissidente del sistema di genere/sesso. Storicamente le soggettività genderfluid, non-binary (etc.) sono sempre state considerate mostri; ma adesso, secondo Preciado, stiamo vivendo il processo di inversione della logica di oppressione, stiamo vivendo tempi in cui i mostri prendono la parola. 

Partendo dalle teorie del filosofo spagnolo, Alessandro Michele rinegozia le aspettative di genere usando liberamente l’abbigliamento e celebrando la libertà di essere chi si vuole, dalla Jackie 1961 indossata dall’attore Jeremy O. Harris (ep.6) al completo finale di Calderoni. Ogni episodio evoca un mondo di contaminazioni che, pur seguendo un codice culturale comune, non è comprensibile a tutti; così Andrea Batilla (ex direttore IED, giornalista e scrittore di moda) ha praticamente tenuto una “lezione” in una diretta su Instagram (che si può rivedere qui nell’IG-TV) proprio sul GUCCIFEST, riportando alcuni riferimenti culturali: 

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Gucci, dunque, presenta un sistema valoriale “complesso”, ma preciso. Gli argomenti non sono innovativi, ma stiamo parlando di un posizionamento rivoluzionario per un brand di lusso. Negli ultimi anni è cresciuta la sensibilità su questi argomenti, specie tra Millennial e Gen-Z, e ovviamente i brand l’hanno notato. Il rainbow-washing consiste in tutte le attività di marketing, o sociali, indirizzate a presentare una realtà come LGBT+ friendly, allo scopo di aumentarne il consenso del pubblico. Sempre più multinazionali cercano di mostrarsi aperte a queste tematiche, intercettando quello che viene considerato un trend. La fluidità non è una moda, ma allo stesso tempo può essere uno dei valori su cui basare il proprio processo creativo, ed è proprio il caso di Alessandro Michele e quindi di Gucci, che sta portando un nuovo codice nel mainstream, rompendo i meccanismi patriarcali e le norme binarie. Lo sintetizza bene Preciado nel suo discorso: sarà una rivoluzione sull’amore, sul cambiamento e sui desideri.