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Perché si festeggia l'8 marzo

Genesi ed evoluzione della Giornata Internazionale dei Diritti della Donna

Perché si festeggia l'8 marzo Genesi ed evoluzione della Giornata Internazionale dei Diritti della Donna

L’8 marzo di tre anni fa la House of Commons britannica ha dedicato il pomeriggio alla discussione della Giornata Internazionale dei Diritti della Donna. Diverse parlamentari hanno tenuto discorsi a riguardo, tra cui Stella Creasy del partito laburista co-op. Nell’occasione Creasy ha detto che la Giornata Internazionale della Donna è considerata come una sorta di "Natale femminista", ma che lei, forse forse, si sente come il Grinch di questo tipo di Natale. 

La prima ondata femminista seguiva un motto: deeds not words (fatti, non parole). E dovrebbe un po’ essere questo il senso di questa giornata. Invece negli ultimi anni c’è stato un moltiplicarsi di rivendicazioni della causa femminista senza davvero supportarla appieno. Un susseguirsi di marce, bellissimi progetti fotografici e hashtag combinati alle campagne pubblicitarie piene dei peggiori stereotipi: donne che sono necessariamente madri, prodotti in sconto ma solo dell’industria della bellezza, post con grafiche rosa e mimose scontornate male. Nel 2018 Creasy diceva "non stiamo facendo i progressi che crediamo, è tutto estremamente lento", all’epoca infatti le donne rappresentavano solo il 30% dei deputati del Parlamento - per farci un’idea, oggi in Italia le donne in Senato non sono neanche il 35%. E ci sono donne non-bianche? No. Già questi dati dovrebbero far presagire un’aria da Grinch per una giornata in cui non c’è nulla da festeggiare. 

 

La storia dell’8 marzo

La Giornata Internazionale dei Diritti della Donna è stata riconosciuta ufficialmente dalle Nazioni Unite nel 1977, ma aveva già una sua storia, iniziata agli inizi del Novecento grazie ai movimenti operai in Europa e in Nord America. Si ricordano i discorsi e le risoluzioni prese da celebri femministe marxiste, come Rosa Luxemburg e Clara Zetkin, che reclamavano il suffragio universale femminile. Erano gli anni dei Congressi Internazionali Socialisti (famosi, a riguardo, quello di Stoccarda nel 1907 e di Copenhagen nel 1910), ma anche delle tensioni tra socialiste e borghesi. Migliaia di donne protestavano e marciavano per le loro condizioni lavorative a New York come anche a Copenhagen, chiedendo che fossero riconosciuti i loro diritti. Le difficoltà causate dalla prima guerra mondiale e le rivolte in Russia contribuirono a solidificare le reti tra donne a livello politico e sociale. 

Un po' in tutti principali Paesi europei l’ultima settimana di febbraio e la prima di marzo iniziarono a rappresentare un momento di riflessione sui diritti e sulle conquiste politiche e socio-economiche delle donne, nonché sulle violenze e le discriminazioni subite. L’8 marzo del 1917 le donne russe scesero in piazza e, quattro giorni dopo, il governo provvisorio garantì loro il diritto di voto, aprendo la strada alle suffragette britanniche e ispirando la decisione del 1921 a istituire la giornata dell’operaia a Mosca.

Dopo la seconda guerra mondiale l’8 marzo è diventato un giorno “celebrato” in diversi Stati, perdendo e confondendo gli avvenimenti storici che avevano portato alla sua istituzione. Come avrebbe detto Marx "uno spettro si aggira per l’Europa": lo spettro della fabbrica incendiata. Se durante gli anni vi è capitato di sentire di tragici incendi e operaie morte nelle fabbriche, si tratta semplicemente di fake news. Ogni storia è piena di contraddizioni e a seconda del Paese in cui si è affermata questa tradizione cambiano la date, il luogo e il numero delle vittime. Nel libro 8 marzo - Una storia lunga un secolo le femministe Tilde Capomazza e Marisa Ombra hanno raccontato le origini storiche, dicendo che probabilmente erano troppo legate a un preciso momento politico (nonché filo-russo) e che per questo sono state sostituite con eventi simbolici di cultura mediatica. 

 

Perché la mimosa?

In Italia è stato associato l’8 marzo ai rametti di mimosa per un’intuizione della parlamentare comunista Teresa Mattei, anche dirigente nazionale dell’UDI (Unione Donne Italiane), di cui facevano parte anche le femministe e parlamentari Teresa Noce e Rita Montagnana. Era il 1946. La scelta della mimosa è stata piuttosto semplice e immediata: fioriva in quelle settimane, anche spontaneamente, ed era un fiore accessibile a tutt* dal punto di vista economico. Era un simbolo che potrebbe essere definito povero, ci si infilava a vicenda i rametti tra i capelli e si scendeva in piazza. Nessuno in quegli anni si sarebbe aspettato di vederle nel cellophane, nelle pubblicità o nei post di Facebook con scritto che la nostra festa è tutti i giorni. 

Era diversa la società, sì, ma era diverso anche l’8 marzo. Non si facevano gli auguri e non si compravano cioccolatini né fiocchetti rosa. A titolo esemplificativo basterebbe ricordare la manifestazione del movimento femminista italiano tenutasi l’8 marzo del 1972 a Roma, nell’unica piazza storica romana senza una chiesa - Campo de' Fiori, dove nel 1600 è stato arso vivo Giordano Bruno. Data e luogo non sono state scelte a caso, anzi, avevano un fortissimo significato simbolico e politico. Curiosità: c’era anche Jane Fonda.

Oggi invece questa giornata ha subito una forte commercializzazione e volgarizzazione, e non ci viene neanche in mente che negli anni Settanta le donne in piazza erano represse a manganellate, perché intanto questa settimana gli assorbenti alla Coop costano di meno.

 

Quale donna?

Potremmo parlare di molte problematiche storiche, ma ne esistono altrettante anche di tipo culturale. La prima fra tutte, come sempre, riguarda la rappresentazione. Abbiamo detto che l’8 marzo è la Giornata Internazionale dei Diritti della Donna. Ma a quale tipo di donna stiamo facendo riferimento? Il femminismo di terza ondata ha fatto spazio ai femminismi, al plurale, perché ogni donna (e ogni persona) al mondo dev’essere contestualizzata geograficamente e politicamente. La storia della "festa della donna" nasce con le donne bianche, con un femminismo bianco nonché occidentalocentrico (ovvero che considera gli avvenimenti del mondo occidentale come centro degli interessi e della Storia mondiale). E quindi, mentre condividiamo post di girl power su Instagram, quante altre storie ci stiamo perdendo? 

I media diffondono principalmente il femminismo mainstream, fornendo una visione parziale della situazione corrente. Ci sono donne bianche che, giustamente, parlano di imprenditorialità femminile, ma che tolgono spazio - ad esempio - alle donne palestinesi che ancora combattono contro i delitti d’onore e i soprusi dell’esercito israeliano, o alle donne trans che subiscono incessantemente episodi di violenza e discriminazione. In questo giorno sarebbe fondamentale soffermarci su uno sguardo d’insieme, fornendo la giusta rappresentanza in primis nel movimento, per esigere un pari riconoscimento globalmente che sia consapevole delle differenze esistenti ma anche dei diritti che spettano a tutt*.