Cosa significa Supreme X Tiffany & Co?
La collaborazione può essere un primo passo inclusivo anche se il pink washing è dietro l'angolo
13 Ottobre 2021
Si concretizzano i rumors della collaborazione Supreme con Tiffany & CO e sui profili Instagram dei due brand compare il primo video teaser della collezione. Nelle immagini si vede lo skater Sean Pablo con indosso una T-shirt bianca e una collana di perle. La scelta sembra confermare le classiche pietre, sfoggiate spesso da taste-makers come A$AP Rocky o Harry Styles, come uno degli accessori-base per i look maschili. La telecamera indugia sul ragno tatuato sul braccio del modello prima di inquadrare il gioiello che porta al collo e svelare i dettagli del ciondolo d'argento sui cui si legge la scritta "Please return to", accompagnata dal box logo di Supreme.
Già il profilo Instagram dell'aggiornatissimo @dropsbyjay aveva anticipato che la collaborazione in arrivo negli store Supreme il prossimo 11 novembre include: collane con e senza perle, un coltellino svizzero tascabile a forma di cuore con borchie ed un braccialetto con dettaglio stella nella collezione, corredata da un box logo con sfondo del classico color Tiffany.
Al sentimento di entusiasmo per i prodotti leakati però, seguono i dubbi sull'unione tra due marchi così diversi. Avendo già visto dalle passerelle 2021 che la moda non ha imparato nulla dai buoni propositi inclusivi dell'ultimo periodo, è legittimo chiedersi che impatto può avere questa collaborazione nei confronti dei consumatori storici di Tiffany e quelli di Supreme, sia se il progetto può effettivamente essere un passo sincero verso l'inclusione del mondo femminile nell'universo dell'hype o se sia l'ennesima operazione tokenistica dell'azienda madre di Tiffany & Co., LVMH, per rilanciare le sorti di un marchio che non ha più molto argento vivo.
Obiettivi omogenei
I due brand coinvolti nella collabo hanno alle spalle due storie diverse. Supreme si trova di fronte ad una nuova opportunità per includere l'universo femminile nel mondo dell'hype, da sempre più un boys club poco aperto alle contaminazioni di genere, anche se le cose stanno cambiando e le donne nella sneaker culture stanno facendo sentire sempre più la loro voce. Pioniere di un modello di business basato sulle collaborazioni e sull'esclusività dei drop, Supreme è ormai capace di uscire vincitrice da ogni scelta presa, ma ha come unica pecca la poca inclusività nei confronti del mondo femminile. L'ultima collaborazione con Path McGrath Labs X Supreme, aveva cercato di ovviare a questa mancanza vestendo del classico design box logo il pack di un rossetto rosso prodotto dai laboratori della celebrity make-up artist. Il lipstick è andato sold out al lancio in 8,2 secondi, rendendo entusiaste le fan della "mother" - così Pat McGrath viene chiamata dalla sua community - e tutte le ragazze appassionate di streetwear, diventando un oggetto di culto.
Tiffany & Co. invece ha recentemente operato una campagna di rebranding per svecchiarsi e attirare la Gen-Z. Seguendo le orme di Victoria's Secret, il colosso di gioielleria newyorkese punta sull'empowerment femminile e sull'inclusività, con collezioni maschili e femminili più punk e giovani, rivoluzionando l'estetica classica del marchio. Il lancio ha coinvolto la città di New York, vestita di cartelloni con protagonisti nuovi volti giovani e diversi, oltre al controverso testo: "Not your mother's Tiffany" su sfondo bianco, creando una diatriba tra nuovi e vecchi consumatori. La collaborazione tra queste due realtà sembra poter riunire valori e obiettivi di marketing di entrambe le realtà, creando gli oggetti perfetti per le appassionate di hype del nuovo millennio, continuando a parlare il linguaggio del lusso in chiave fortemente fashion.
Qualcosa non torna
Tutto liscio sul fronte degli obiettivi comuni, ma qualcosa suona poco naturale nell'accostamento delle due entità. L'azienda madre di Tiffany & Co, che include nel suo portfolio marchi del lusso come Christian Dior, Givenchy, Marc Jacobs, Stella McCartney,Celine, Fenty, e Bulgari tra gli altri, ha recentemente preso posizione a favore di tematiche sociali come la questione di genere e quella LGBTQIA, con iniziative istituzionali come l'Inclusion Index (2020) ed i sette Women’s Empowerment Principles (WEP), firmati nel 2013. Ma con un tale potere commerciale, le accuse di pink-washing sono sempre dietro l'angolo, vista la tendenza dei grandi gruppi di utilizzare certe tematiche per rientrare in un'immaginario corrente ed essere rilevanti nonostante la propria storia. Resta quindi con il dubbio riguardo il reale interesse della direzione di LVMH ad includere le consumatrici in discorsi che possano arricchire anche il loro bagaglio identitario e culturale, o se l'interesse sia meramente commerciale. Anche la freschezza di Supreme si è trasformata in un modello ormai ben collaudato, che continua ad evolversi con finalità ormai sempre più legate al guadagno che alla passione originale del fondatore.
Ad ognuno l'ardua sentenza, da emettere tenendo conto che i cambiamenti culturali nel 2021 vengono anche dai giusti lanci pubblicitari e dalla loro eco sociale.