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Questo 8 marzo lo dedichiamo al femminismo delle FEMEN

Dalla storia del gruppo al ruolo delle donne nella situazione attuale

Questo 8 marzo lo dedichiamo al femminismo delle FEMEN Dalla storia del gruppo al ruolo delle donne nella situazione attuale

Oggi, 8 marzo 2022, è la Giornata Internazionale dei Diritti della Donna. Riconosciuta ufficialmente dalle Nazioni Unite nel 1977, ma con una storia socio-politica molto più complessa, questa giornata negli anni è diventata un po’ il momento in cui facciamo i conti con la contemporaneità. Si tratta di una ricorrenza in cui ci confrontiamo con i traguardi che sono stati raggiunti e sulle questioni che sono ancora aperte (spoiler, tante). Significa chiedersi, ad esempio, quali diritti sono minacciati? A che punto siamo con il divario economico tra i generi? Come possiamo sostenere le battaglie di altre donne nel mondo?

Nell’attivismo l’8 marzo è spesso chiamato Lotto marzo, proprio perché, appunto, ci sono tanti motivi per cui lottare. Pensiamo a come le donne di San Marino abbiano ottenuto da poco, 27 settembre 2021, il diritto all’aborto ancora illegale a Malta e appena ottenuto dalle donne di San Marino (il 27 settembre 2021) è impossibile non pensare al ruolo del femminismo e delle donne nel conflitto in atto tra Russia e Ucraina. Vedendo lo sciopero indetto da Nonunadimeno per l’8 marzo in solidarietà ai gruppi femministi russi “in opposizione alle guerra, al patriarcato, all’autoritatismo e al militarismo” vogliamo usare la ricorrenza per riflettere su tutto quello che stiamo vivendo, o meglio vedendo, nelle ultime settimane in Ucraina, e lo facciamo recuperando la storia delle lotte delle donne in Ucraina con uno spotlight sulle FEMEN, inquadrandole nel contesto storico.

Il ruolo delle donne nella guerra attuale

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, a cui stiamo assistendo, è stata definita “la guerra più social di sempre”, almeno per ora, e tutti stanno parlando del ruolo di TikTok nel racconto degli avvenimenti, del modo in cui la Gen Z li sta approcciando, e delle riflessioni che si stanno sviluppando. In un video, a titolo esemplificativo, un ragazzo richiamava le femministe contestando il fatto che gli uomini debbano restare a combattere, mentre anziani, bambini e donne lasciavano il Paese. Ma è davvero così?

Nel 2014, dopo la Rivoluzione della Dignità di Maidan, in Ucraina c’è stata una revisione militare, per cui anche le donne sono state incluse nei ruoli di combattimento. Però, bisogna sottolineare che le donne hanno sempre partecipato nei conflitti, non militarmente, ma in altre vesti, come soccorso, sostegno, intelligence, coordinamento e così via. Attualmente le donne costituiscono circa il 15-20% delle forze armate ucraine. Allo stesso tempo c’è da ricordare – come ha fatto Élisabeth Moreno, ministra francese per l'uguaglianza di genere, la diversità e le pari opportunità – che le donne e le ragazze sono sempre le prime vittime delle crisi e che, nonostante ciò, sono una categoria esclusa dalle discussioni diplomatiche, da quelle politiche e dagli scambi strategici sulla sicurezza e sulla pace. Secondo Jenny Mathers, docente presso la Aberystwyth University in Galles, specializzato in genere e guerra, la partecipazione attiva delle donne «è un cambiamento psicologico e simbolico». In realtà le donne ucraine hanno fatto parte della Rivoluzione Arancione tra 2004 e 2005, hanno costruito barricate tra il 2013 e il 2014, hanno combattuto in Crimea, nel Donbass, e ora anche in quest’altra occasione.

Il 22 febbraio, due giorni prima dell’invasione russa, un’attivista di FEMEN ha manifestato davanti la Stazione Ferroviaria Centrale di Kyiv, con una falce da “angelo della morte”, un trucco da scheletro e un cartello con scritto Don’t Panic. Il panico, però, è qualcosa che i movimenti femministi ucraini hanno dovuto subire ripetutamente. Dalle violenze sul gruppo FEMEN, alle donne civili coinvolte negli scontri. Oggi, 8 marzo 2022, Amnesty International ha organizzato “The First Wreath: The Reunion of Women’s Solidarity”, dedicandola al movimento delle donne ucraine, anche in ricordo di come nel 2018 la manifestazione per i diritti delle donne, organizzata dall’attivista Vitalina Koval, è stata oggetto di violenza da parte di gruppi estremisti di destra, che hanno portato Koval a subire delle ustioni chimiche durante gli attacchi. 

Che cos’è FEMEN?

Il femminismo è un concetto estremamente politico e le correnti che ne derivano sono profondamente circoscritte in un hic et nunc, cioè in un preciso momento storico e in una chiara regione geografica. Come possiamo immaginare, infatti, il movimento delle donne in Liberia (Stato dell’Africa occidentale, tra Sierra Leone e Costa d’Avorio), raccontato nel documentario Pray the Devil Back to Hell (2008), è del tutto diverso dalla RAWA (l'Associazione rivoluzionaria delle donne dell’Afghanistan) o rispetto al femminismo latino. Come è diverso anche il “nostro” femminismo bianco, con tutte le sfaccettature interne che si sono create, compreso quello di protesta Ucraino.

FEMEN è un movimento femminista ucraino di protesta. Nel 2008 viene fondato a Kyiv nel 2008 da Oksana Šačko (Оксана Шачко), Hanna Hutsol (Ганна Гуцол) e Aleksandra Schevčenko (Олександра Шевченко), tre ventenni che volevano sovvertire la società maschilista e il ruolo passivo delle donne ucraine; mancava infatti un attivismo organizzato. Nel 2009 entra nel gruppo anche Inna Schevčenko (Інна Шевченко), all’epoca diciottenne, che poi diventerà il principale punto di riferimento di FEMEN. Le attiviste sono riconosciute in tutto il mondo per i loro metodi provocatori e sono sempre state un elemento di forte interesse sia per i media che nelle produzioni audiovisive. Il loro motto è «Our God is a Woman! Our Mission is Protest! Our Weapon are bare breasts!», ovvero che il loro dio è la Donna, la loro missione è quella di protestare e non hanno armi se non i loro corpi, o meglio il seno. Caratteristica principale, infatti, è quella di manifestare in topless, scrivendo slogan chiari sulla pelle. Durante le prime proteste in realtà vestivano di rosa, e si parlava di Pink Revolution, poi nell’agosto del 2009 succede che Oksana si sveste e questo atto ha un’eco enorme. Da lì tutte le manifestazioni prevedono di spogliarsi davanti alle telecamere, e quasi sempre si indossano le tradizionali corone di fiori ucraine.

Le FEMEN si battono per le principali questioni femministe, dalla mancata rappresentanza di donne nel governo alle politiche oppressive delle religioni. Facciamo qualche esempio: hanno manifestato contro il dittatore bielorusso Lukašenko, contro il Papa, contro Berlusconi e nel 2012 anche contro la moda, definita fascista e pro-anoressia, durante una sfilata di Versace.

Ukraine is not a brothel: il ruolo del corpo

Ukraine Is Not a Brothel (che in italiano è stato tradotto come l’Ucraina non è in vendita) è un documentario del 2013 presentato fuori concorso alla 70º edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. La regista, Kitty Green, ha seguito per un anno le attiviste, intervistandole e mostrando le proteste, le preoccupazioni dei genitori, gli arresti e anche il ruolo di Viktor Svyatskiy all’interno del movimento. 

 

Nel documentario si intende chiaramente la posizione delle FEMEN, che si schierano del tutto contro l’industria del sesso e il lavoro sessuale. Il primo intervento delle FEMEN (31 luglio 2009), infatti, è stato quello di protestare contro “il dilagare della prostituzione”. Il movimento si era formato principalmente in opposizione alla crescita del fenomeno del turismo sessuale in Ucraina, che aumentava anche in relazione agli eventi sportivi, prevalentemente calcistici. Ma l’associazione “ucraine-prostituzione” nasce dal fatto che, dopo la dissoluzione dell’URSS, l’Ucraina scivolò in una crisi economica molto profonda. Molte donne ucraine emigrarono in Europa a causa della povertà, per prostituirsi. Così nacque il pregiudizio storico per cui ogni donna ucraina è stata vista (e spesso lo è tutt’oggi) come una prostituta; stereotipo che le FEMEN vogliono ribaltare, affinché l’Ucraina smetta di essere percepita come il bordello d’Europa. Ma allora perché spogliarsi? Inna Schevčenko risponde dicendo che nessuno in Ucraina vuole ascoltare le donne, «nessuno prende sul serio una donna, ma tutti vogliono guardarle. Tutti vogliono vedere una donna bella, sexy, nuda”. Il corpo quindi è usato come strumento per ottenere l’attenzione, e “la fisicità femminile diventa discorso avversativo in sé” (Treccani). 

Le FEMEN vogliono che il mondo guardi l’Ucraina come un Paese in cui le ragazze nude protestano e non vendono i loro corpi. Al tempo stesso, però, il “metodo topless”, che rientra nel concetto di political porn, è stato ampiamente criticato; l’autosessualizzazione proposta da questo femenismo è spesso considerato controproducente, in quanto riproduce norme patriarcali. Kira Cochrane (la prima che ha parlato di femminismo di quarta ondata), come tante altre teoriche femministe, così si è chiesta se i seni delle attiviste non oscurassero il loro messaggio.

Le problematiche della teoria FEMEN

Tra le problematiche principali del gruppo FEMEN, da un punto di vista femminista intersezionale, ci sono: l’opposizione al lavoro sessuale, l’islamofobia e gli slogan semplicistici. Tutte queste caratteristiche possono essere contestualizzate, il che comunque non significa condonarle. Del lavoro sessuale abbiamo già parlato in relazione agli stereotipi sulle donne ucraine, ma per inquadrare meglio la posizione delle FEMEN possiamo aggiungere che tra il 2010 e il 2014 (periodo in cui l’attività di FEMEN si intensifica parecchio), il Presidente Victor Janukovyč faceva pubblicamente considerazioni sessiste “apprezzando” le donne ucraine, in particolare quelle discinte (cioè svestite):

«le nostre donne, bellezze che attirano gli imprenditori a investire nel Paese».

Quindi non ci stupisce troppo la reazione che ne è scaturita da parte delle femministe, quanto più il mancato riconoscimento di agency delle donne ucraine. È anche vero che tra settembre e ottobre 2010 le FEMEN hanno manifestato in sostegno dell’ex pornoattrice Wiska, in quanto rischiava di essere arrestata – il materiale pornografico è illegale in Ucraina dal 2009 – e di perdere la potestà genitoriale sui propri figli. Grazie all’aiuto di FEMEN Wiska ha ottenuto asilo politico in Repubblica Ceca.

Lo stesso discorso si può applicare nei confronti dell’islamofobia, ovvero sottolineando quanto manchi un riconoscimento della libertà di scelta delle donne musulmane, e il tutto è acuito dall’odio generalizzato verso la religione. L’ultimo punto riguarda gli slogan semplicistici, il che ci riporta anche al “Fashion is Fascism” di cui sopra. Scrivendo parole, o brevissime frasi, sul corpo o su piccoli cartelli, non si ha lo spazio di argomentare i propri pensieri. In questo modo le FEMEN spesso ricorrono a dei paragoni esagerati, ad esempio in Germania un gruppo di FEMEN aveva paragonato l'industria del sesso al nazismo. 

Brevissimo contesto storico dal 1991

L’Ucraina è sempre stata considerata come uno Stato-cuscinetto, a metà tra i due blocchi di Europa e Russia. Il nome stesso, Ucraina, significa al confine (u-kraj); e per i suoi confini e per la sua indipendenza ha combattuto negli ultimi tre decenni. Dopo la dissoluzione dell’URSS, l’1 dicembre 1991 più del 90% dell'elettorato ucraino si schierò a favore dell’Atto di Indipendenza. Seguono anni di forte instabilità economica e di tensione politica. Durante le elezioni presidenziali del 2004 ci furono diverse proteste (che oggi si ricordano come la Rivoluzione arancione), perché c’era il sospetto che Janukovyč – all’epoca primo ministro con inclinazioni filosovietiche – avesse condizionato i risultati tramite brogli elettorali. La vittoria fu così assegnata a Juščenko, leader filo-occidentale. Il governo che ne derivò inizialmente fu guidato da Julia Tymoščenko, tra i principali organizzatori della Orange Revolution, e che in questa occasione era stata associata a Giovanna d’Arco.

Prima di entrare in politica Tymoščenko era un’imprenditrice molto facoltosa nell’industria del gas, e nel 2005 Forbes la inserì al terzo posto nella classifica delle donne più potenti del mondo.Nel 2008 scoppiò una nuova crisi politica a causa della guerra nell’Ossezia del Sud, regione della Georgia, che portò anche a fatti non del tutto chiari, come l’avvelenamento di Juščenko (che per questo rimarrà sfigurato in volto). Nel 2010 diventa presidente Janukovyč (che, ricordiamo, era quello che parlava di donne discinte), e ci rimane fino al 2014. Le FEMEN in questo periodo intensificano parecchio le attività di protesta e il governo ucraino nel 2011 chiede a Facebook di rimuovere la loro pagina. Dal 2013 è un tumulto continuo, Janukovyč rifiuta l’accordo con l’Unione Europea per firmare con Putin, e iniziano le rivolte popolari, prima pacifiche e poi sempre più violente, che saranno ricordate come Euromaidan (raccontate nel documentario Netflix Winter on Fire).

L’8 marzo è una giornata all’insegna dei diritti, della pace, dell’uguaglianza, dell’autodeterminazione, della libertà d’espressione e di difesa della vita di ogni donna, come di ogni altra persona. Dedichiamo questa giornata all’Ucraina.