Il dibattito sul congedo mestruale si apre anche in Italia
Mentre dalla UE arriva il via libera per abolire la Tampon Tax, in Italia parte una petizione a favore dello smart working
24 Maggio 2022
Il passo importantissimo per il women empowerment e la Menstrual Revolution fatto in Spagna qualche settimana fa in merito al diritto al congedo per le mestruazioni dolorose con permesso retribuito ha fatto sperare anche l'Italia. Dopo i vari tentativi di proposte di legge falliti negli ultimi anni, il dibattito sul tema nel nostro paese è ripartito con una petizione lanciata su Change.org che chiede il diritto allo smart working per chi soffre di dismenorrea e mestruazioni dolorose e invalidanti. Nel testo della raccolta firme - al momento arrivate quasi a 3700 - si legge, la proposta che richiede lo smart-working per l'80% delle donne italiane che soffrono di dolore mestruale, ad oggi costrette ad assentarsi da lavoro e usufruire di giornate di malattia non pagata, e una richiesta di riconoscimento dello smart-working come lavoro e non come "vacanza":
"Se c'è una cosa che questi anni di pandemia ci hanno insegnato è che lavorare in smart working non solo è assolutamente possibile ma anche assolutamente efficiente ed efficace. […] È sicuramente corretto rendere ufficialmente e legalmente riconosciuta la possibilità di lavorare in smart working o telelavoro durante i 2/3 giorni di picco del ciclo."
Alexa Altieri, la promotrice della petizione, sottolinea l’importanza che questo provvedimento potrebbe avere per le donne con ciclo particolarmente doloroso, in pre-menopausa o a disagio con il proprio malessere in un luogo di lavoro.
La speranza è che la petizione abbia la stessa fortuna delle campagne di sensibilizzazione e di divulgazione lanciate sui social, come quella svolta da Giorgia Soleri e dal Comitato vulvodinia e neuropatia del pudendo che ha permesso loro di presentare lo scorso 3 maggio alla Camera dei Deputati un testo di legge finalizzato al riconoscimento della vulvodinia e della neuropatia del pudendo come malattie croniche ed invalidanti, e al loro inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza garantiti dal Servizio Sanitario Nazionale.
Un’altra importante battaglia che riguarda sia la salute femminile sia il gender gap è quella per l’abolizione della Tampon Tax. Ora il traguardo sembra più vicino. Il 5 aprile 2022, infatti, l’Unione Europea ha modificato la direttiva 112 del 2006 che stabiliva che anche per prodotti definiti essenziali l’aliquota non avrebbe potuto essere inferiore al 5%. Togliere questo vincolo apre di fatto ai singoli stati membri, e quindi anche all’Italia, la possibilità di ridurre ulteriormente o eliminare del tutto la tassazione sui prodotti di igiene mestruale.
Nel mondo i paesi ad aver ottenuto questo traguardo sono molti, come ad esempio Inghilterra, Irlanda, India, Giamaica, Libano, Nicaragua, Nigeria e Tanzania; mentre in Francia la Tampon Tax è stata ridotta nel dicembre 2015, scendendo dal 20% al 5,5% e in Belgio è passata dal 21% al 6% nel 2018. In Italia l’iter è stato lungo e complesso, ma dopo anni nei quali sui prodotti legati al ciclo veniva applicata la stessa iva dei generi di lusso, ad ottobre 2022 l'aliquota è passata dal 22% al 10% su assorbenti e tamponi per l'igiene mestruale non compostabili (mentre i compostabili erano già al 5%).