L'evoluzione dell'arte del voguing
Dall'Harlem Renaissance all'evento This is Love di Calvin Klein curated by nss
24 Giugno 2022
Il voguing non è solo un genere artistico, ma una testimonianza viva della storia della comunità LGBQTIA+, della sua resilienza e profondità espressiva. Come una delle prime forme di celebrazione delle identità queer servita nella storia della community all’autoaffermazione dei singoli, il voguing dimostra la potenza intersezionale delle differenze e come questa possa generare nuove forme di amore, anche per se stessi, tramite il movimento e le capacità trasformative del corpo. Le evoluzioni su tacchi vertiginosi a tempo di musica mixati a espressioni evidenti e pose impattanti sono elementi caratteristici dello stile adottato anche nelle performance di FKA Twigs, Rihanna, Ariana Grande e Beyoncè. Prima di essere emulato sui palchi di rilievo e insegnato nelle classi delle scuole di ballo di tutto il mondo, il voguing aveva anche una valenza sociale e una ricca ritualità di fondo, tutta da scoprire.
Arrivato nella pop-culture grazie ad artisti e serie TV, il genere prende in prestito il nome dalla rivista che dettava i canoni estetici negli anni ‘80, Vogue, e si ispira ai fermo immagine delle modelle immortalate sulle pagine patinate, ma anche al cinema muto e ai geroglifici dell’antico Egitto. I “voguers” animavano quelle immagini canoniche con mosse esagerate, al fine di creare un nuovo linguaggio dove finalmente vedersi rappresentati, aggiungendo pathos e ironia condita di critica sociale contro le differenze di genere, a voler dimostrare come fossero esse stesse una forma di performance, replicabile tramite trucco e movenze. Il voguing si struttura come un’arte competitiva in cui i performer si sfidano sulle piste da ballo seguendo uno schema gerarchico e una ricca ritualità, in cui collettivi di ballo, anche detti “houses” o “families” capitanati da un leader, la “mother”, gareggiano insieme per vincere dei trofei, destinati a chi meglio aveva espresso la propria identità tramite l’esibizione.
Nonostante esistessero già luoghi sicuri come saloon, cabaret, locali e eventi privati dove le identità queer potessero sentirsi al sicuro da discriminazioni in un contesto sociale dove era ancora pericoloso mostrarsi, è con l’Harlem Renaissance alla fine degli anni ‘60 che il voguing comincia ad apparire nelle ballroom, sale da ballo frequentate da una florida rete creativa, tra cui una componente LGBTQIA+ black e latine che hanno contribuito all’evoluzione e affermazione della ballroom culture. Nelle sale da ballo, la community queer poteva incontrarsi, esprimere la sua visione e concretizzare in musica la sua essenza creativa e identitaria. Negli anni ‘80 la pratica ha assunto anche un ulteriore valore sociale nella lotta all’AIDS: è stato il Latex Ball, uno dei più famosi ball nella scena newyorchese, a servire come evento per creare awareness nella community nel 1989. La “ballroom culture” esce dalle enclavi sicure della community LGBTQIA+ con Madonna, che con la hit “Vogue” nel 1990 epitomizza il significato estetico del genere e celebra il glamour della ritualità con il famosissimo The Blonde Ambition Tour, in un certo senso appropriandosi della cultura delle ballroom seppur selezionando appositamente ballerini provenienti dalla cultura di Harlem per le live performances.
In questo periodo, il film documentario “Paris is Burning” (1991) immortala la realtà meno patinata dietro ai glitter e alle tute aderenti, raccontando le difficoltà economiche di molti ballerini, emarginati socialmente a causa della loro queerness. Dalla pellicola emerge la forza di una danza come mezzo di lotta contro di una società che vuole chiudere gli occhi di fronte a delle identità che hanno il diritto di essere rappresentate. Nel 2018 è stata la serie “Pose” a popolarizzare nuovamente il voguing raccontando l’ascesa sociale delle persone queer grazie alla pratica liberatoria, con un cast di attori transgender, mentre durante il lockdown è stato TikTok con le sue challenge a tenere viva la ballroom culture, anche con il social distancing. Oggi sono i collettivi come @houseofextravaganza e @itsatribe a tenere vivo il voguing e i sentimenti di amore non convenzionale condivisi da famiglie non biologiche e gruppi di persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+ che brand come Calvin Klein puntano a valorizzare nella campagna SS22.
Il brand ha scelto il voguing in qualità di stumento espressivo come tema di uno degli workshop speciali all’interno dell’evento di This is Love curated by nss, un evento che punta ad amplificare le voci della comunità queer che si terrà il 30 giugno a BASE Milano dalle 17:00 alle 23:00, per celebrare l’amore in tutte le sue forme espressive. Grazie a Kenjii Benjii, performer italiano dell’iconico collettivo Juicy Couture e primo esponente italiano della cultura black e queer nella ballroom scene italiana, sarà possibile per un numero limitato di partecipanti scoprire dell’arte del voguing con una lezione step-by-step.
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per partecipare ad uno dei due slot disponibili degli workshop, dalle 17:00 alle 18:00 o dalle 18:30 alle 19:30 e goderti anche il resto della serata, con il fine di attivare una conversazione attorno all'amore, alla cura e alla community attraverso mezzi artistici, come la musica, l'arte e altre forme creative. All’insegna della celebrazione della community queer italiana e dell’amore in tutte le sue forme si terrà anche un talk sulla sessualità queer e sulla sua percezione in Italia moderato da Jordan Anderson, curatore di MQBMBQ e stimata personalità nella community queer italiana, pensato per parlare d'amore e imparare a comprenderlo davvero.