La straordinaria storia di una pioniera: Cristina La Veneno
Battaglie, misteri e vita dell’icona queer spagnola che ha sconvolto l’opinione pubblica e anticipato ogni battaglia LGBTQ+
13 Ottobre 2022
“Come individui siamo allenati a percepire quello che è il clima di opinione dominante, e ad adeguare le nostre risposte a questo clima”, le parole dell’insegnante di sociologia durante una lezione nel primo episodio della miniserie cult VENENO racchiudono la chiave di lettura su cui basare il progresso ideologico verso l’inclusione delle diversità. Trasmessa nel 2020, creata da Javier Ambrossi e Javier Calvo, la serie esplora e racconta in un perfetto balance tra finzione e realtà l’incredibile storia della misteriosa vita di Cristina La Veneno, riaccendendo i riflettori su una figura che ancora oggi rappresenta in modo assolutamente attuale una minoranza che prosegue nella lotta per i propri diritti. Cristina La Veneno, personaggio televisivo e showgirl spagnola, fu una delle prime icone transessuali, baluardo della comunità LGBTQ+ nella rivendicazione dell’identità comunitaria e individuale.
Fuga da Adra e ascesa al successo
Nata nel 1964 ad Adra, in Andalusia, Cristina Ortiz Rodríguez cresce in un contesto discriminatorio e culturalmente impreparato ad accogliere la sua personalità e a comprendere il malessere legato alla disforia di genere. Segnata dal rapporto conflittuale con la madre e vittima di innumerevoli violenze e abusi sia nell’ambito familiare che in quello sociale, ben presto troverà la forza per fuggire da questa condizione trasferendosi a Madrid. Finalmente libera di vestire i panni del suo individuale true-self, comincia ad esibirsi in spettacoli drag e inizia la transizione nel 1991, al ritorno da un viaggio in Thailandia. Adotta inizialmente lo pseudonimo di Tanya, che successivamente cambierà in Cristina per omaggiare un’amica venuta a mancare. Entrata in contatto con l’ambiente della prostituzione madrileno, comincia a lavorare come sex-worker nella zona del parque del Oeste, distinguendosi subito per la formidabile confidence e abbagliante personalità. Proprio in questo contesto viene immortalata nel reportage sulle prostitute transessuali della giornalista Faela Sainz, mandato in onda nel programma notturno Esta noche cruzamos el Mississippi di Pepe Navarro. Questo è il punto di svolta per la carriera di Cristina La Veneno (nome assegnatole in seguito ad uno scontro con un partner dalla fedele amica Paca La Piraña), la cui popolarità inizia a crescere ed evolvere, portandola presto alla fama. Il suo carisma e l’eccezionale bellezza le garantiscono l’attenzione del pubblico aumentando di giorno in giorno l’interesse attorno alla sua vita.
Fascino magnetico: una rivoluzione di immagine
“Non lo so quello che sono onestamente. Una sultana, una cortigiana, un’indiana… come Pocahontas! Ma con uno squalo.” Il suo stile iper-accessoriato e ultra femminile, pieno di richiami culturali che mandano allo stesso tempo al mondo del burlesque e al medio-oriente, propone un’immagine completamente nuova nell’iconografia queer di fine secolo. Con un notevole standing, un’estetica sofisticata e dei modi di fare magnetici, La Veneno è lontana anni luce dagli stereotipi del “travestito” con cui abbiamo infelicemente imparato a convivere negli anni ‘90, soprattutto e in particolare nel palinsesto televisivo italiano. L’immagine della comunità transessuale che la cultura popolare ci ha proposto ha racchiuso all’interno di canoni schematici alquanto riduttivi una sottocultura viva e ricca, impedendo la costruzione di un dialogo costruttivo sull’identità di genere. Al contrario, la figura caricaturale dell’ “uomo vestito da donna” persistente nell’ultimo decennio dei ‘90, simile ad una spiritosa macchietta, è poco distante dal crossdressing nel teatro cinquecentesco a completa egemonia maschile e ha sabotato ogni plausibile serietà nell’affrontare un tema di questa rilevanza. Notevole come nel frattempo in Spagna, una figura potente e dirompente come Cristina La Veneno sia riuscita nel porre le basi per un cambio di rotta, introducendo un discorso proprio in quel “clima di opinione dominante” sprovvisto di mezzi e linguaggi per parlarne. Attraverso il mezzo televisivo, La Veneno è entrata nelle case di tutti gli spagnoli, convinti, in qualche modo quasi costretti, ad aprire le proprie porte al suo personaggio esplosivo, alla figura affascinante capace di rappresentare con estrema autenticità sé stessa e allo stesso tempo una minoranza senza volto e voce. Cristina impone la sua self-confidence con forza e la dimostra padroneggiando la sua sensualità con infinita naturalezza e una punta di ironia nel “non prendersi troppo sul serio”, che non fa altro che accrescere il suo sex-appeal. La sua bellezza non è il solo elemento di spicco: il suo tone-of-voice, la gestualità nel muovere i lunghi capelli scuotendo la testa e i suoi movimenti sinuosi sono tutti elementi di attrazione e malìa.
Cadere e rialzarsi: la detenzione in carcere
Le tortuose svolte, vertiginosi edges e misteriosi eventi che hanno costellato la sua incredibile vita hanno consolidato l’interesse del pubblico nei confronti del suo personaggio e l’hanno resa una vera e propria empowering icon per la comunità LGBTQ+ in Spagna e all’estero. All’età di trentanove anni, nel 2003, Cristina viene condannata a tre anni di detenzione per aver preso parte ad una truffa ai danni di una compagnia assicurativa. Viene incarcerata per tre anni nella sezione maschile del Centro Penitenciario Madrid VI-Aranjuez, esperienza che ricorderà negli anni a venire come pesantemente traumatica a livello fisico ed emotivo. Esce di carcere con forti disturbi psicologici e alimentari, tra ansia, depressione e bulimia, ma anche in questo caso dimostra il suo formidabile carattere tornando al mondo dello spettacolo per raccontare la sua esperienza in carcere e denunciare le violenze subite dagli altri detenuti e dalla stessa polizia penitenziaria.
La misteriosa scomparsa della Veneno
Il 9 novembre del 2016, a distanza di un mese dalla pubblicazione della sua biografia intitolata ¡Digo! ni puta ni santa: Las memorias de La Veneno, scritta dalla giornalista Valeria Vegas, la stampa ne annuncia l’improvvisa scomparsa. Le circostanze attorno alla sua morte rimangono ombrose, le possibilità contemplate sono molteplici: incidente domestico, suicidio, omicidio. La coincidenza che lega la pubblicazione di verità scomode su importanti personalità spagnole all’interno delle sue memorie e il suo successivo improvviso decesso non passa inosservata, conferendo alla sua memoria una ancor più forte connotazione guerrigliera politically-uncorrect verso l’ipocrisia della classe dirigente. La sua scomparsa mette un punto ad una storia di coraggio e rivalsa, ma apre allo stesso tempo un nuovo capitolo di progresso, passando il testimone a quanti ancora in vita condividono i valori di equità e di empowerment che Cristina La Veneno portava come bandiera. La battaglia antesignana di questa donna straordinaria non si chiude con la sua morte, la sua potenza comunicativa è stata assorbita dalla comunità queer che senza timore continua a tenere in vita la formidabile leggenda della Veneno.