Il fenomeno delle It girl in Italia dagli anni 60 a oggi
Intriganti e carismatiche: da Raffaella Carrà a Chiara Ferragni, ecco una rassegna delle nostre It girl
05 Luglio 2024
Dopo le geniali cover story dedicate ai nepobabies hollywoodiani e all’Ozempic, il New York ha dedicato la copertina del numero del 24 aprile 2023 al fenomeno delle It girl, esploso nella Grande Mela negli anni ‘60 (anche se l’espressione è nata agli inizi del XX secolo tra l'alta borghesia britannica e ottenne ulteriore attenzione nel 1927 con il film It) e poi diffusosi in tutto il mondo. La lunga carrellata delle It girl che da allora hanno dominato la scena newyorkese parte dall’episodio del 22 agosto 1985 del David Letterman Show in cui Diane Brill, una ragazza da poco apparsa sulla copertina di Vogue (apparentemente senza alcun merito) ed universalmente riconosciuta come “Regina della notte”, elencò a Letterman una serie di regole non scritte, ma imprescindibili per una socialite che si rispetti: 1) Uscire ogni sera. 2) Presentarsi ad una festa durante il picco della serata. 3) Lasciare la festa discretamente, ma solo dopo aver salutato tutti, innescando nei partecipanti il dubbio che fossi tu quella che la teneva in piedi «perché appena te ne vai, la festa finisce», dice Brill. Una vera It girl vive di riflettori ma non li insegue. E così per i fotografi, i giornalisti e i fan, affascinati e confusi dall’alone di mistero che avvolge la sua vita patinata. «Una celebrità innegabile non è una It girl», spiega infatti Matthew Schneier, autore del tagliente articolo. Discusse e amate, invidiate e imitate, le It girl d’oltreoceano sono ben note a tutti, dalle iconiche Edie Sedgwick e Bianca Jagger a Chlöe Sevigny, Alexa Chung e Paris Hilton. Ma chi sono le italiane che grazie a quel “qualcosa” sono riuscite a conquistare copertine e ospitate in tv e a suscitare interesse e ammirazione nel grande pubblico?
Sicuramente in Italia, a partire dagli anni ’60, il concetto di It girl è stato a lungo legato a quello di showgirl o soubrette, come dir si voglia. Regina indiscussa della TV italiana è stata Raffaella Carrà, icona culturale a livello europeo ammirata per il suo carisma e l’empatia, nonché una delle prime vere trendsetter italiane grazie ai suoi look audaci (è stata la prima a mostrare l’ombelico in TV!) e all’inconfondibile caschetto biondo. Tra le sue coetanee c’è un’altra showgirl dal talento eclettico: Amanda Lear, che grazie alla sua bellezza androgina è riuscita a conquistare Salvador Dalì e David Bowie, giusto per citarne un paio. Pur non italiana di nascita, negli anni ’70 inizia a prendere parte a diverse produzioni televisive e a pubblicare canzoni in italiano come Incredibilmente Donna, sigla del programma da lei condotto sulla neonata Canale 5, Premiatissima. Agli albori degli anni ’80 è poi un’altra straniera, questa volta americana, a rapire il cuore e gli occhi degli italiani con le sue attillatissime jumpsuit, i lunghi capelli biondi e le coreografie effervescenti. Heather Parisi, madre di alcune delle più canticchiate sigle di quel periodo, si può infatti considerare la prima vera icona pop in Italia. Suo malgrado, parte della sua notorietà è legata alla sua mai risolta rivalità con un’altra grande icona italiana (“la più amata dagli italiani” secondo alcuni), Lorella Cuccarini.
Negli stessi anni inizia a farsi strada nel mondo dello spettacolo anche Lory Del Santo. Classe 1958, la It girl veronese ha alle spalle una carriera a dir poco eclettica che spazia dal cinema e la televisione, in veste di attrice, regista e showgirl, alla moda e la fotografia. Ma nell’immaginario collettivo la sua fama rimane strettamente legata alla sua turbolenta vita privata, agli scandali e ai numerosi amanti che si sono succeduti nel corso della sua vita. Uno fra tutti Eric Clapton, che nel 1986 le dedicò la canzone Lady of Verona. Meno irriverente, ma non meno amata dalle riviste patinate, Afef Jnifen, di origini tunisine, ma naturalizzata italiana, che ha iniziato la sua carriera in Francia come indossatrice. Arrivata in Italia è stata subito notata per il portamento, la bellezza esotica e gli invidiatissimi ricci, da numerosi stilisti e lanciata definitivamente da Jean-Paul Goude. Amica di top model (una fra tutte Naomi Campbell) e modella a sua volta, ha calcato passerelle internazionali e, come tante sue colleghe, ha collezionato apparizioni in produzioni cinematografiche ed esperienze da conduttrice più o meno lunghe. Ultima, ma non per importanza, tra le esponenti del binomio soubrette-It girl merita una menzione Ambra Angiolini, che ancora adolescente esordisce nel programma Bulli e pupe per poi affermarsi definitivamente agli inizi degli anni ’90 con Non è la Rai e il tormentone T’appartengo, onnipresente ancora oggi in tutti i karaoke d’Italia.
Oggi attrice e conduttrice di successo, non rientra più nella categoria delle It girl, ma negli anni ’90 ha sicuramente fatto sognare tante ragazze della sua età che ambivano al glamour dei riflettori. Tra la fine degli anni ‘90 e i primi 2000 si è poi assistito ad una proliferazione di giovani donne di spettacolo in grado di muoversi con estrema agilità tra i ruoli di modella, attrice, presentatrice e soubrette e per questo difficili da incasellare in una sola categoria. Alcune di queste sono durate poco più dell’attesa tra l’uscita di un cinepanettone e l’altro, come la bellissima Megan Gale, mentre altre sono diventate ambasciatrici di un tipo di televisione culturalmente non impegnata (per usare un eufemismo) che ha iniziato a spopolare proprio in concomitanza con l’ascesa del loro successo. Valeria Marini, Alessia Marcuzzi, Elisabetta Canalis, Michelle Hunziker, Ilary Blasi e via dicendo, sempre accompagnate da uomini altrettanto belli e famosi e comunque onnipresenti sulle prime pagine dei principali rotocalchi.
Se si abbandonano per un attimo i palchi e le videocamere, sono invece due i nomi che non possono mancare in questo variegato elenco di personalità dello showbiz. Si tratta di Marta Marzotto e Marina Ripa di Meana, muse e amanti di due grandi artisti, Renato Guttuso e Franco Angeli. Partite entrambe da origini più o meno modeste, ma dotate di caratteri audaci e determinati, hanno scalato la vetta della popolarità attraverso fertili amicizie e matrimoni nobili che le hanno portate a diventare presenze fisse di talk show e salotti della “Roma bene” per poi cimentarsi in svariate professioni creative, dalla scrittura alla moda. Tra provocazioni e controversie, sono state forse loro le prime vere It girl del Bel Paese, famose per essere semplicemente loro stesse. Tra le It Girl dal sangue blu si ricordano anche le stilosissime, ma mai sopra le righe, Beatrice Borromeo, nipote della sopracitata Marta Marzotto e a sua volta sposata con un altro nobile, Pierre Casiraghi, e l’amica Bianca Brandolini D’Adda, che tra il 2008 e il 2010 ha intrattenuto una burrascosa relazione con Lapo Elkann, suo cugino di terzo grado. Si sa, i nobili tendono a preservare la discendenza di sangue! Ex-modelle e muse di stilisti come Maria Grazia Chiuri e Gian Battista Valli, sono passate presto dalla passerella alle prime file delle più importanti sfilate di Milano, Parigi e New York.
Se quel “qualcosa” che fa di una semplice ragazza una It girl è spesso alimentato dallo stile personale e dal costante inseguimento dei trend del momento, è anche vero che la moda senza le sue più fedeli seguaci perderebbe gran parte del suo appeal sul grande pubblico. Nel giro di sessant’anni l’archetipo della It girl ha subito una netta evoluzione (da Raffaella Carrà a Chiara Ferragni il passo non è di certo breve). Se prima erano donne di spettacolo talentuose ed eclettiche, nonché esempi di modernità ed emancipazione in un paese ancora fortemente reazionario, oggi sembrano più che altro testimonial di brand di lusso inavvicinabili per la maggior parte dei loro fan, ormai soppiantati dai follower, che nonostante tutto ne seguono affannosamente ogni spostamento tra una sfilata di Prada e una di Dior. E forse è proprio questo che affascina, la discrepanza tra l’illusione di conoscerle (anche se solo attraverso lo schermo di uno smart-phone) e la consapevolezza che, probabilmente, non saremo mai come loro, così glamour, così venerate, così cosmopolite.