Il caso di Palermo è colpa del patriarcato?
Perché i sistemi di potere influiscono sui rapporti tra i generi
24 Agosto 2023
I casi di cronaca recente parlano chiaro, anzi urlano. C’è lo stupro di gruppo avvenuto ai danni di una ragazza di 19 anni da parte di 7 suoi coetanei a Palermo, il caso eclatante di cui tutti stanno dibattendo, ma non solo. C’è il caso della giocatrice della nazionale di calcio spagnola, Jennifer Hermoso, baciata sulla bocca dal presidente della Federcalcio spagnola senza consenso durante i festeggiamenti, ci sono i femminicidi che, in Italia, continuano ad accadere senza sosta e che sembrano addirittura aumentati nell’agosto del 2023.
Sui social, l’indignazione è tanta. Qualcuno cerca le cause, qualcuno le punizioni, altri si affrettano a mettere le mani avanti, a distanziarsi da questi cosiddetti “mostri” che mostri non sono. Quando Non Una Di Meno, a Palermo, durante una passeggiata arrabbiata di protesta a seguito dei fatti appena illustrati, brandisce uno striscione che dice “Lo stupratore non è malato, è un figlio sano del patriarcato” esprime la questione in maniera sintetica e dritta al punto.
Cos'è il patriarcato e come impatta nella vita di tutte e tutti noi
Termine abusato e di conseguenza colpevolmente svuotato di significato nei dibattiti social, patriarcato va a indicare un sistema di potere in cui a comandare è l’uomo tradizionalmente inteso e a subire sono le donne. In questo sistema, che è quello in cui ci troviamo, avvengono i femminicidi, le violenze, le molestie, tutte le iniquità: dai fischi per strada alla disparità salariale, niente è escluso. In questo sistema non c’è spazio per nulla che non sia il binarismo, lo abbiamo ereditato dai nonni dei nostri nonni (in linea maschile), e non sarà facile liberarsene. Tutti gli uomini sono membri attivi del patriarcato, anche se non se ne rendono conto, anche inconsciamente, anche se ci tengono a dire che “not all men". E non si tratta di mostri, e non è risolvibile con la castrazione chimica (lo stupro non è una questione di desiderio ma di potere) né tantomeno con l’indignazione social o con la condivisione delle foto dei carnefici con commenti atti a sottolinearne l’aspetto poco raccomandabile, i tempi di Lombroso sono passati.
Quali sono le azioni e i comportamenti che contribuiscono alla piramide del patriarcato
Ogni volta che si usa un certo vocabolario, ogni volta che si partecipa in maniera attiva in una discussione in cui gli amici usano certi termini ed espressioni, in cui manifestano volontà di possesso, ogni volta che si dà della poco di buono a una ragazza colpevole di non esserci stata o di essere stata antipatica si dà un cinque al patriarcato, ogni volta che non si apre bocca mentre queste espressioni vengono utilizzate attorno a noi, idem. Quando si considera la donna solo nel suo potenziale procreativo, per il suo dono di portare la vita, anche. Sono aspetti sottili, impercettibili perché permeano la nostra vita e le dinamiche all’interno della nostra società, e per questo ancora più subdoli, ma tutti sempre riportabili a una cosa sola: il patriarcato, che va smontato a partire da coloro che ne beneficiano, gli uomini.
A volte, per formazione o per cultura, per proteggersi o per andare avanti, per inconsapevolezza (si parla in questo caso di misoginia interiorizzata) o per guadagno (e questo si intende quando si parla di “ancelle del patriarcato”), sono le donne stesse ad assumere questi comportamenti patriarcali, o a mettere in atto le stesse strategie di potere degli uomini nei confronti delle altre donne, vocaboli inclusi. Funziona, ma solo per un po’. In un sistema binario che non ammette eccezioni, una donna non avrà mai lo stesso potere degli uomini, e sarà prima o poi destinata a subire come le altre. Inoltre, al contrario di quanto si potrebbe pensare, il patriarcato non fa male solo alle donne, ma anche agli uomini. Qualche esempio? Se piangere o esprimere i propri sentimenti è da “femminucce”, a un uomo non verrà insegnata la maturità emotiva tale da potersi esprimere senza manifestazioni di machismo o di rabbia esplosiva e senza reprimere i propri sentimenti. Ancora, se il ruolo della donna è di crescere i bambini mentre l’uomo lavora, allora qualsiasi giudice favorirà la madre in caso di separazione e divorzio. Il patriarcato, come tutti i sistemi basati su uno squilibrio di potere, è una gabbia per tutti coloro che vi sono coinvolti, e la violenza ne è una triste ma prevedibile conseguenza. La misoginia lo accompagna e gli è familiare e naturale, la cultura dello stupro è una delle sue manifestazioni e il femminismo (con le sue mille manifestazioni dal 1848 in poi) cerca di gestirlo, di offrire soluzioni, di arginarlo o di distruggerlo. Se i fatti di agosto ci hanno insegnato qualcosa, però, è che il lavoro deve partire dalla decostruzione dell’uomo, che deve essere totale e consapevole. Come si fa?
Come svuotare e decostruire il sistema del patriarcato?
Possiamo iniziare portando avanti qualche esempio osservato in questi giorni su uomini famosi, cantanti o attivisti, influencer e chi più ne ha più ne metta, che hanno voluto dire qualcosa sui fatti di Palermo. Alcuni meglio, altri peggio. Ma in questo caso la spinta è quello che conta. Tananai, ad esempio, ha condiviso un tweet che raccoglieva le notizie peggiori del mese, Ermal Meta si è lanciato in una discussione più approfondita, e ha dialogato con le vittime che gli hanno regalato una loro testimonianza. Benjamin Mascolo ha scritto delle storie, lo stesso ha fatto Francesco Cicconetti, attivista e influencer. Queste cose, alcune più valide di altre, ma analizzarle non è il punto, sono un tentativo. Un tentativo, a volte maldestro, di fare un passo avanti, di esporsi, di analizzarsi, di mettersi in discussione. L’intento non è distruttivo, è decostruttivo, e nella differenza tra questi due termini sta la chiave.
Ovviamente, questo lavoro deve iniziare subito e deve essere collaborativo e profondo, si deve infiltrare in ogni sfera della vita quotidiana. Se la responsabilità degli uomini adulti deve essere degli uomini adulti (magari con l’aiuto di un percorso di terapia), l’educazione affettiva e sessuale dei bambini dovrebbe iniziare da prima, a scuola e in famiglia. Nei prodotti mediali e sui social. Sui libri, sui cartelloni pubblicitari, sui volantini. Ovunque. La soluzione non è armare le donne, è disarmare gli uomini, e di conseguenza svuotare il patriarcato, renderlo un sistema obsoleto a vantaggio di tutti.