Perché siamo sempre più ossessionate dal true crime?
I potenziali effetti del consumo di questo tipo di contenuti sulla percezione del pericolo
07 Novembre 2024
Una tazza di tè caldo, una copertina sulle gambe e una storia dettagliata e terribile (e reale) su come una persona è stata uccisa, fatta a pezzi e occultata per sempre da un criminale che le forze dell’ordine non sono riuscite ancora a catturare. Niente di meglio per una serata di relax… più o meno.
L’esplosione del true crime
Negli ultimi tempi, i contenuti true crime (soprattutto i podcast), hanno registrato un vero e proprio picco di interesse nel pubblico. Più l’interesse per questa tipologia di contenuti aumenta, più si differenziano i prodotti. Ci sono i podcast rigorosi, che ripercorrono le indagini dal punto di vista degli inquirenti, ci sono quelli a stampo femminista, che trattano di femminicidi e quelli emozionali, con tanto di testimonianze e re-enactment. Ci sono le magliette, gli adesivi, i telefilm, le pagine social a tema che ripercorrono le storie dei serial killer più famosi o tirano fuori teorie del complotto basate su omicidi realmente accaduti, elencando possibili colpevoli.
Nella mente del killer
Il true crime appassiona e ossessiona. Sarà per la morbosità insita negli esseri umani, per la voglia di scoprire chi ha fatto cosa, o forse per la fascinazione innata che alcune persone provano per il perverso e per il diverso da sé, per il violento e per il malato, nel tentativo di entrare nella mente di un serial killer anche solo per capire cosa ci succede dentro, senza nessun tipo di identificazione. Che vi suoni interessante e allettante o meno, quel che è certo è che il true crime è diventato un genere di intrattenimento a sé stante, un fenomeno di costume enorme che cresce e cresce, inarrestabile. Anche in Italia.
@imworse back on the true crime hate train
original sound - fern
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True crime al femminile
Questo tipo di contenuto fa presa in particolare sulle ragazze, soprattutto quando si parla di aggressioni o omicidi violenti a danno delle donne. Le ragioni sono varie. In casi come questi potrebbe entrare in campo una sorta di identificazione e creazione di una comunità attorno alle vittime, ragazze come noi. Le donne, poi, potrebbero finire per sentirsi paradossalmente più sicure nell’analizzare queste situazioni di pericolo con l’aiuto di una voce esterna e razionale, quella della host del podcast, nell’illusione di poterne riconoscere una nel caso sventurato in cui si presenti. Si tratterebbe, dunque, di una questione di controllo.
Una questione etica
Il rovescio della medaglia è facilmente intuibile. In primis, c’è chi contesta l’eticità del rendere casi reali, con vittime reali e famiglie reali, alla stregua di telefilm o romanzi, raccontati con effetti scenici, dettagli scabrosi e stacchi pubblicitari. Su questo si sono espressi anche i familiari di alcune vittime. C’è chi è grato che la storia del proprio caro venga fuori, che gli ascoltatori e i fruitori vi si affezionino, c’è chi invece vorrebbe solo silenzio e rispetto. In questo, naturalmente, incide anche il modo in cui la storia è raccontata, che si differenzia anche molto passando da contenuto a contenuto. Ad esempio, bocciata nel sentire comune la serie di Ryan Murphy su Jeffrey Dahmer con Evan Peters, promosso il format Indagini di Stefano Nazzi.
E di percezione
Affrontando la specificità dell’audience al femminile, poi, si presentano altre zone d’ombra. Il confine tra riconoscere una situazione di pericolo e immaginarsela, infatti, è molto labile, e la mente umana è impressionabile. Alcune ragazze stanno registrando come fruire in maniera continua e costante contenuti collocabili nella sfera del true crime possa aumentare in loro la sensazione di pericolo percepito, rendendole più paurose e diffidenti.
@robandhaley The last one needed to be said twice. Remmeber, these are real people. Be conscious of what you’re listening to/watching. #truecrimetiktok 10 Things I Hate About You - Leah Kate
Il true crime ci rende impressionabili?
In casi come questi, è difficile fare distinguo: ci sentiamo poco sicure perché abbiamo appena sentito una puntata di un’ora e mezza su un omicidio avvenuto in un luogo che somiglia molto al parchetto sotto casa? O perché effettivamente siamo in una situazione poco sicura? In maniera ancora più sottile altri fattori entrano nel gioco, soprattutto quando si parla di periferie cittadine. Quelle persone che vediamo sotto un albero o su una panchina, sono davvero pericolose? O siamo spinte a crederlo perché rientrerebbero perfettamente nell’identikit dell’aggressore, anche su base inconsciamente razzista?
Una possibile soluzione
Come sempre, una buona soluzione sarebbe scegliere prodotti di qualità, che si allontanano dall'approccio emozionale per dedicarsi a intenti più giornalistici e informativi. Inoltre, se si riconosce che questi prodotti turbano la nostra tranquillità, potrebbe avere senso dosarne il consumo con cautela, fare delle lunghe pause o rivolgere la nostra attenzione a romanzi o storie inventate invece che reali. Il segreto, e non è una novità, sta nel costruirci una consapevolezza di consumatrici, cercando di scegliere cosa vogliamo foraggiare e cosa evitare, per noi e per tutte.