Stiamo idealizzando troppo le nostre vite?
Dalla romanticizzazione alla perfect moment syndrome, in un progressivo distacco dalla realtà
12 Ottobre 2023
Per attraversare questi faticosi tempi contemporanei, bisogna romanticizzare la propria vita o, perlomeno, così si dice su TikTok e ancora di più su Instagram. Questa espressione, ricavata dall’inglese romanticize your life, ormai onnipresente, copre una vasta gamma di atteggiamenti e comportamenti, tutti atti a rendere poetico il mondano, degno di essere vissuto il quotidiano, dalla colazione in poi. Un movimento positivo, sulla carta. Il rischio è creare aspettative altissime, nell’illusione di poter vivere una vita perfetta e completamente distaccata dalla realtà.
Romanticize your life!
Raccontare la propria giornata in maniera poetica, sistemare la colazione con un occhio all’estetica, pensare alla bellezza dell’esistenza quando fuori c’è il sole o abbiamo scoperto una nuova gelateria particolarmente buona, esprimere gratitudine alle persone che ci circondano: tutto questo è romanticizzare la vita. Nulla di male, se non fosse che questa espressione, senza social network, non esisterebbe. Una parte importantissima del processo, infatti, è data dal racconto e dalla condivisione di questi momenti: come facciamo a romanticizzare la vita se non ne fotografiamo e condividiamo i momenti? Cos’è, questa romanticizzazione, se non ammantare di uno storytelling enfatico ogni nostra azione.
@javelllynton If it’s not giving Main Character energy I don’t want it
Big Little Lies (TV Theme) - Voidoid
La main character energy
A braccetto con questo concetto va quello di main character energy. Secondo alcune it-girl, infatti, per rendere emozionante e “raccontabile” la vita bisogna sistemarcisi e muovercisi dentro come fossimo il protagonista assoluto non solo della nostra, ma anche di quella degli altri. Tutto succede per una ragione, nessuno può intaccare il nostro ruolo in questo telefilm o in questo romanzo. Anche le cose brutte, se vengono re-inquadrate in questo mindset, diventano interessanti, perché sono successe for the plot.
L'impatto dei social e la Perfect Moment Syndrome
I social, in questo, non aiutano. Tutti i giorni vediamo, soprattutto su Instagram, immagini, video, foto e racconti di vite vivisezionate e re-impastate per sembrare il più perfette possibili. È pressoché inevitabile non desiderare, anche inconsciamente, che le nostre giornate, colazioni, feste, vacanze, uscite con le amiche, cene con il fidanzato siano così: perfette e perfettamente narrate. Ecco che l’autrice Sarah Wilson, per descrivere questa tendenza e tensione usa l’espressione Perfect Moment Syndrome.
Una condizione reale, ma spesso sfuggente
La Perfect Moment Syndrome è proprio quella che il suo nome suggerisce: una condizione che ci spinge a cercare il momento assoluto e, di conseguenza, a rimanerci male quando questo, realisticamente, non si compie. Non per forza perché sono avvenute delle disgrazie, ma semplicemente perché vita e social sono due cose diverse. Sembra un’ovvietà, ma non lo è. Se vogliamo creare un momento senza difetti, che sia fotografabile ma anche genuinamente felice, e questa cosa non succede arrivano lo stress, la delusione, la sensazione che niente possa andare bene per noi. E se poi questo avvenimento non è neanche abbastanza negativo o assurdo o doloroso da essere raccontato sui social in uno story-time nel tentativo di diventare virali, allora, a che è servito?
@youloveandyoulearn do you experience perfect moment syndrome? how does that impact the experiences you have? what might it be like to shift from “this is how it *should be*” to “let’s see how this goes” without judging the outcome? #relationshipanxiety #perfectionist #perfectionism original sound - Sarah | Relationship Anxiety
Gli effetti negativi
Malessere, aspettative deluse, ispirazioni mancate, insoddisfazione cronica, documentazione e sharing maniacale delle nostre vite, ma solo delle parti che sono in linea con il personaggio (e che sia main) che abbiamo creato. Anche questi sono i lati oscuri di un utilizzo social che sempre di più ci illude che una vita costantemente speciale e condivisibile sia possibile, in una gara disperata verso qualcosa che non esiste. Facendo un ulteriore passo indietro, questi atteggiamenti possono portare a un progressivo isolamento e a comportamenti che non sono motivati dalla sincerità o dalla naturalezza, ma da criteri diversi. Ancora, più ci stacchiamo dalla realtà della vita e del mondo, più diventiamo inabili a metabolizzarne le sfumature, e ad agire in maniera empatica e presente. In pochissime parole, stiamo perdendo il contatto con la vita vera, normale, umana, senza filtri e senza cornice.
@hannah_berner Im tired can we be the background character sometimes @catherine cohen listen to ep on Berning In Hell and youtube #podcast #maincharacter #maincharacterenergy original sound - Hannah Berner
Abbandonare le aspettative, abbracciare una vita normale e imperfetta
La soluzione, come spesso accade, è farsi delle domande. Questo desiderio di perfezione deriva solo da noi o dai social media? Cosa sta all’origine di questo sentimento di insoddisfazione? Essere presenti a se stessi e nel momento, rifuggire da una visione della vita che ci fa vedere tutto in bianco e nero, perfetto o da buttare, senza vie di mezzo e cercare di combattere il self-talk negativo sono tutte cose che possono aiutare, in un movimento di riavvicinamento con l’esistenza mondana, quella vera e non romanticizzata.