Dobbiamo darci il permesso di essere disperatamente cringe
Parola di Dylan Mulvaney
19 Ottobre 2023
Stendhal, raccontando le gesta del suo abilissimo e ambizioso protagonista Julien Sorel ne Il Rosso e il Nero, dà al lettore un consiglio molto specifico. Secondo lo scrittore francese, infatti, quando ci si sente in imbarazzo o in difetto, soprattutto in una situazione sociale in cui ci sentiamo inferiori (il romanzo è ambientato subito prima della rivoluzione del 1830, e si incentra sui temi della realizzazione e dell'ambizione) il segreto è fingerci annoiati, sostenuti, giudicanti. Solo così potremmo nascondere la nostra debolezza e inferiorità, in un tentativo di, invece, far sentire in torto gli altri. Stendhal non lo sapeva, ma stava dando qualche idea a chi tenta a tutti i costi di evitare di risultare cringe.
Il fascino del distacco
Se, oggi, l'autenticità è finta e a favore di telecamera e l'insicurezza una condizione diffusissima, allora tanto vale chiudersi in se stessi, essere silenziosi, misteriosi, algidi, dire la cosa giusta al momento giusto e alle persone giuste, senza esagerare e senza sbagliare mai. Tutte queste cose sono considerate sinonimo di fascino, autorevolezza e coolness, in alcuni campi più di altri. È naturale: se i confini tra social e realtà sono sempre più complessi da definire e i personaggi sono più fortunati delle persone, la soluzione più ovvia sembra, semplicemente, fingere. Fingersi misteriosi e affascinanti, sprezzanti e superiori, selezionare le clip giuste e le foto giuste, riprendersi solo in situazioni in cui ci sentiamo a nostro agio (o fingiamo di esserlo), nascondere il resto. Questa posa plastica e anti-cringe, però, non può durare. Soprattutto se vogliamo costruire un vero rapporto con le persone attorno a noi. E dunque?
La cringe-culture: nascita e sviluppo
Facciamo un passo indietro. Per cringe si intende qualsiasi cosa provochi imbarazzo di seconda mano. La cringe-culture, individuata come una caratteristica specifica del 21esimo secolo e della cultura pop, in partenza era stata incorporata soprattutto nell'arte contemporanea come risposta sfidante e scomoda alla sempre più finta autenticità e al sentimentalismo lacrimoso della reality television. In seguito, la categoria di cringe si è estesa a macchia d'olio, coprendo una serie di atteggiamenti e comportamenti infiniti, impugnata come un'arma contro tutto ciò che non ci piace o che non è cool o di moda. Cringe è la passione per le boyband, i telefilm anni Novanta e primi Duemila, la moda millennial (a volte definita cheugy), fare determinate facce e mosse, usare determinate espressioni. Cringe è la pubblicità della Pepsi con Kendall Jenner, piangere in pubblico in generale e nello specifico Dawson Leery che piange perché Joey ha scelto Pacey, le scene di sesso nei libri (con una menzione speciale alla saga di 50 sfumature) e provarci in maniera goffa con qualcuno usando frasi fatte. Ancora, cringe è il trend dei baffi hipster tatuati sulle dita, gli adulti che vanno a Disneyland vestendosi come i loro personaggi preferiti, le scuse delle youtuber colte sul fatto e i jeans skinny. Potrei andare avanti per ore.
E la spontaneità? Risponde Dylan Mulvaney
Un intero universo di micro e macro-elementi, che però toglie spazio alla spontaneità. Se siamo concentrati 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 sull'apparire il più distaccati possibile, potremmo dimenticarci cosa vuol dire essere appassionati, o la bellezza goffa (e cringe, ma in modo tenero) dell'esprimere le nostre passioni e i nostri sentimenti positivi, senza distinzione di valore o di merito, in una stanza piena di gente e fuori dalla nostra zona di comfort. Secondo Dylan Mulvaney, che ha passato gli ultimi mesi della sua vita a difendersi da una shitstorm senza precedenti scatenata da una lattina di birra, cringe è anche gioia e libertà.
@outkick Dylan Mulvaney has been awarded the first Woman of the Year Award, supported by Virgin Atlantic at the 2023 Virgin Atlantic Attitude Awards. #fyp #foryoupage #viralvideo #trending #fypシ #dylanmulvaney #2023 original sound - OutKick Sports
Il cringe come arma positiva
Nel ritirare il premio Models of Pride award attribuitole dal Los Angeles LGBT Center, Dylan ha dichiarato: "Ho letto un sacco di utenti nei commenti dire ma lei finge, è una facciata, la sua gioia è artificiale o cringe. Penso sia perché non riescono a comprendere e ad accettare che una persona trans sia felice, o che abbia trovato amore e successo". La sua gioia è cringe, reale e ha uno scopo ben preciso: dimostrare che nell'esperienza trans non ci sono solo dolore e lacrime, ma anche felicità. Impugnata ancora una volta, ma non per colpire cosa non ci piace, ma per costruire un mondo migliore, in una sorta di rigurgito hopepunk che dopo il 2016 avevamo tragicamente abbandonato e di cui abbiamo estremo bisogno. Essere cringe, in questa visione, significa amare senza limiti, parlare di cosa ci sta a cuore: cosa c'è di negativo in questo? Forse, il consiglio di "essere noi stessi", distribuito con liberalità da genitori e insegnanti nei film da pomeriggio di Italia Uno, non è così bizzarro. Il cringe è inevitabile, buffo, a volte costruttivo: è venuta l'ora di accoglierlo senza giudizi, in noi stessi e negli altri.