Free the nipple o fake the nipple?
Il Nipple Bra di Skims al confine tra empowerment e oggettificazione
31 Ottobre 2023
Se c'è una cosa che le regole dei social proprio non accettano, questi sono gli attacchi razzisti, misogini e omofobi, gli slur e l'incitamento all'odio. Anzi no. Ops. Rifacciamo. Se c'è una cosa che le regole dei social proprio non tollerano questi sono i capezzoli, più precisamente quelli femminili. Pagine e pagine sulla misoginia di questo regolamento anti-nudo in ogni caso (ma soprattutto se il nudo è di donna o percepito come tale dagli algoritmi) sono state scritte. Tutto è bannato, rimosso, segnalato, anche se si tratta di seni che allattano o foto artistiche. Addirittura, si censurano con emoji e cuoricini i petti delle bambine al mare, non perché potrebbe essere rischioso esporli online, ma perché poi, altrimenti, Instagram rimuove il post. Adesso, si aggiunge un altro layer alla questione free the nipple, letteralmente.
Da Sex and The City a Kim Kardashian
L'idea non è certo d'avanguardia. Ad esempio, in una puntata della quarta stagione di Sex and The City andata in onda nel 2001 Samantha Jones, dea del sesso ma anche della coolness, aveva iniziato a distribuire tra le sue amiche dei finti capezzoli da applicare sotto la maglietta al grido di "nipples are in". Non occorreva neanche aspettare un abbassamento delle temperature. Miranda, c'è da dire, non era tanto convinta da questo pitch, ma questo perché non aveva ancora conosciuto Kim Kardashian. La Samantha Jones dei nostri tempi, influencer e mogul di tutti gli affari che possono essere compiuti su internet tramite social, ha appena lanciato un nuovo prodotto del suo brand di abbigliamento e intimo: un reggiseno con i capezzoli incorporati, il Nipple Bra. Non c'è niente da capire: si tratta di un reggiseno che imita la silhoutte dei capezzoli sotto la maglietta, ponendoli a punta, piccoli e carini su un seno perfettamente tondeggiante, sostenuto e rinforzato dal capo push up.
Free the nipple o fake the nipple?
Lasciando per un secondo da parte le mille polemiche che questa donna riesce a sollevare con qualsiasi sua trovata e che sono il fulcro del suo personaggio e il motivo della sua fortuna, e considerando solo il reggiseno in quanto tale, la questione si complica, e le domande abbondano. Un finto capezzolo è più accettabile di un vero capezzolo? Perché? Rifuggiamo talmente tanto il nudo femminile da preferirne una versione fasulla ed esagerata, oseremmo dire parodistica? Solo una forma di capezzolo (quella suggerita dal Nipple Bra) diventa accettabile? Ce la sentiamo di sentirci dire come deve essere anche questa parte del corpo, fino a questo momento più nascosta delle altre? Difficile rispondere. Il tema in gioco, qui, è sempre lo stesso. Bisogna capire da dove passa il sottilissimo confine tra empowerment femminile, shock value, oggettificazione del corpo e caldo invito a possedere un certo reggiseno e ad avere un certo corpo, dividere le cose e guardarle criticamente, in quanto consumatori in assoluto ma anche in quanto donne. Se tutto quello che facciamo (compreso scoprirci) lo facciamo per lo sguardo maschile, possiamo considerarci libere e liberate?
Una questione di confini
Magari non è così. Magari si tratta semplicemente di un capo sbarazzino, che abbatte i tabù e che ci spingerà, sul lungo periodo, ad accettare anche quelli veri, di seni femminili, tutti diversi per forme, grandezze e sodezza. Non c'è dubbio, poi, che un tipo di reggiseno di questo tipo possa aiutare le donne che hanno subito una mastectomia, o che vogliono vivere per qualsiasi motivo l'esperienza di avere un seno tradizionalmente inteso. Da Kim Kardashian, assidua venditrice ai bei tempi andati (era il 2018) dei lecca lecca per dimagrire e grandissima equilibrista sul confine tra tutte queste cose, era difficile aspettarsi qualcosa di diverso. La pubblicità, c'è da dire, è arguta e nomina persino il riscaldamento globale. Il brand funziona anche per gli uomini e si assicura partnership con l'NBA, e se la più famosa del clan ha smesso da tempo di lanciare i trend e di decidere la direzione dei tempi, si può sempre ammettere che ne sia una grande interprete. Il resto, purtroppo o per fortuna, sta a noi. Se il compito più importante di una marca di abbigliamento, infatti, è vendere, il nostro in quanto consumatori è quello di sviluppare una coscienza critica, di contestualizzare e di decidere nel pieno della nostra consapevolezza cosa acquistare. Anche se si tratta di un reggiseno con i finti capezzoli in un periodo storico in cui i nostri veri capezzoli sono ancora un problema.