Il cinema italiano ha un problema con il femminismo
Da ben prima di C'è ancora domani
13 Marzo 2024
In principio fu Barbie, film dell’estate, che ha conquistato il mondo e si è piazzato bene in testa alle classifiche di affluenza (e guadagno) annuale, salvando una stagione cinematografica (quella estiva) solitamente povera e svogliata. Con il successo mondiale, si sa, arrivano le polemiche: la pellicola di Greta Gerwig è stata accusata di pressoché qualsiasi cosa. Di essere troppo estrema, di essere troppo poco pungente, di essere cattiva con gli uomini e di essere, invece, troppo gentile e permissiva con loro. Il pubblico, però, l’ha in larga parte adorato, e le nomination (ai Grammys) cominciano già ad arrivare.
Il caso Cortellesi e C'è ancora domani
Una cosa simile è appena successa in Italia, con grande sorpresa di tutti. C’è ancora domani, esordio alla regia di Paola Cortellesi, domina al botteghino. I due film, apparentemente così lontani, hanno più di una cosa in comune. In primis, sono diretti da una donna e raccontano la storia di una donna (in un caso di plastica) per un pubblico di donne. In secondo luogo, sono storie di emancipazione femminile. E se Barbie viaggia nel mondo reale e si rende conto che tutto quello che dava per sicuro (e rassicurante) era una bugia e che c’è ancora tantissimo lavoro da fare, Delia (interpretata dalla stessa Paola Cortellesi) decide di sfidare l’ordine costituito, quello che per lei e le sue amiche era l’assoluta normalità, per compiere il più grande atto di sfida: decidere qualcosa e farlo per se stessa, per la prima volta nella sua vita.
Le critiche italiane al film
In Italia, questa cosa, non è piaciuta. Non a tutti, perlomeno. C’è ancora domani, pur essendo una favola bella, positiva e propositiva su un diritto dovere conquistato con le lotte, piena di citazioni al grande cinema italiano e che non risparmia una riflessione sulla classe e sulla misoginia e offre più di uno spunto attuale, è stato giudicato da una certa stampa retorico, superficiale, semplicistico, esagerato, zuccheroso. Insomma, roba da donne che non è degna di grande considerazione.
Annamo bene: un film che dire stucchevole e retorico è fare una gentilezza - con la profondità di Littizzetto -, un altro parafascio ma democratico perchè scritro da Veronesi. Che a scriverlo sia Veltroni non stupisce pic.twitter.com/Msde8TT019
— Bruno Montesano (@brun_montesano) November 11, 2023
Quali sono gli esempi di film femministi in Italia?
La domanda da farsi, forse, è: perché un film così semplice e da un certo punto di vista ovvio fa così arrabbiare? La risposta, forse, è: perché in Italia abbiamo un problema con il femminismo in generale e nel cinema mainstream in particolare. Pensiamoci un attimo. Quale film nostrano, prima di C’è ancora domani offre una riflessione sensata e anche, evidentemente, fastidiosa, su cosa ha significato essere donne in questo paese nel passato scatenandone una, inevitabile e ancora più fastidiosa, sul presente? Se cercare nelle commedie lascia il tempo che trova, il genere è - da noi - piagato da stereotipi irrecuperabili, per cui le donne esistono solo se sono nevrotiche, sexy, stupide, matte o rompipalle, nel drammatico, forse, qualcosa c’è. Viola di Mare, ad esempio, film del 2009 diretto da Donatella Maiorca, parla di donne che amano le donne e del loro tentativo di sfidare il mondo. Altri titoli potrebbero essere Fortunata, di Sergio Castellitto, o Primo Amore, di Matteo Garrone.
Un problema di pubblico ma non solo
In tutti questi titoli, però, il focus è sulla violenza, sulla sofferenza. Ancora, quasi tutti i registi e sceneggiatori sono uomini. E qui casca l’asino. In un settore per cui, in Italia, sei considerato un giovane promettente se hai meno di 50 anni e in cui le registe donne sono pochissime, il problema sta alla base. Nel pubblico, poi, si apre il cassetto dell'empatia. Il pubblico maschile, il preferito del cinema italiano, non riesce a rivedersi nei personaggi femminili raccontati dalle donne, o forse non è disposto a fare il salto, a mettersi nei panni di qualcuno che, come se non bastasse, gli sta dicendo forte e chiaro che è ora di cambiare. Sentirsi dire di essere potenti e privilegiati disturba tutti, soprattutto gli uomini: li rende responsabili di una serie di cose di cui non vorrebbero sentirsi responsabili. Il problema, poi, è anche socio-politico. La nostra prima premier donna è anche misogina, antiabortista, pro-famiglia tradizionale, lascia il compagno su Twitter senza fare menzione delle molestie che ha inflitto a una collega, non si interessa dei femminicidi a meno che non siano fatti da uomini stranieri, se extracomunitari meglio.
Se Paola Cortellesi sbanca con un film in bianco e nero su una donna maltrattata, forse qualche domanda su ‘quello che vuole la gente’ sarebbe il caso di farsela.
— Luca Dini (@sonolucadini) November 12, 2023
Un'apertura sul futuro
Il panorama è disperante, sia da dentro l'industria cinematografica che da fuori. Il pubblico, però, ha deciso. E se un film come C'è ancora domani lo ha entusiasmato così tanto forse una speranza c'è. Grazie anche a chi verrà dopo Paola Cortellesi e alle attrici che, coraggiose, si buttano nella regia, come ad esempio Alice Rohrwacher, Susanna Nicchiarelli e Micaela Ramazzotti.