Violenza di genere, la situazione attuale nelle parole delle associazioni specializzate
Cosa ci hanno raccontato le esperte in occasione del 25 novembre
25 Novembre 2023
Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Questa giornata, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre del 1999, quest’anno sarà in Italia più sentita che mai. Nel nostro paese a partire dal gennaio 2023 sono morte, secondo l’ultimo report del Viminale rilasciato il 20 novembre e aggiornato ogni settimana, 106 donne. Di queste, 87 sono state uccise in ambito familiare o affettivo, 55 per mano del partner o dell’ex partner. Siamo sicure che al prossimo report, quello del 27/28 novembre, il numero sarà già più alto. Cosa fare? Informare, parlare, condividere, contestare e chiedere aiuto per smantellare dalle fondamenta il patriarcato. In quest’ordine, più o meno. E se non ci pensano le istituzioni statali, allora, dovremmo darci da fare noi, nel privato.
In questo articolo, troverete una carrellata delle associazioni disponibili, sul territorio e online - da chiamare se ci si sente in pericolo o se si percepisce qualcosa che non va nella propria relazione o in famiglia - e anche qualche battuta da parte di alcune loro rappresentanti e co-fondatrici, degli spunti di riflessione da leggere, pesare e considerare, per tuttə.
Re:B Collective, la violenza di genere nell’ambito dell’industria della comunicazione e della pubblicità
La prima associazione con cui abbiamo parlato, nella persona di Tania Loschi, è anche la più giovane. Re:B Collective nasce nel giugno del 2023 a seguito di un vero e proprio terremoto nel mondo delle agenzie pubblicitarie milanesi e italiane. Prima un caso eclatante, poi il resto, a cascata, in centinaia di testimonianze condivise prima su Instagram e poi raccolte. Cosa è cambiato da giugno? “Non c’è stata nessuna conseguenza. Sembra che il settore pubblicitario sia più impegnato a difendere se stesso e la sua reputazione che le persone che ci lavorano” ha detto Tania. Proprio per questo, Re:B Collective ha attivato “un servizio gratuito di centro di ascolto online e fisico sul territorio nazionale”.
Tania solleva un problema legislativo: “Nel nostro paese non esiste il reato di molestia, che spesso viene smistato sotto altri reati (tra cui violenza sessuale nei casi più gravi o derubricato a violenza privata nei casi minori). Questo crea un vuoto legislativo, una zona grigia in cui ogni giudice procede a sua discrezione” e lancia un messaggio e un invito deciso: “La soluzione è educare gli uomini. Smettere di responsabilizzare la donna e pretendere che siano gli uomini a prendersi le loro responsabilità. Bisogna smantellare la cultura patriarcale in cui il nostro paese è immerso".
Mama Chat: l’importanza della consapevolezza
La seconda organizzazione con cui abbiamo avuto il piacere di parlare si chiama Mama Chat. Nelle parole della sua co-fondatrice e CEO, Margherita Fioruzzi: “Mama Chat è un'associazione nata nel 2017. Siamo stati il primo sportello online in Europa ad offrire ascolto gratuito e anonimo in in caso di difficoltà. Nello specifico, siamo nate con l'obiettivo di fornire alle donne e alle ragazze un ascolto e l’opportunità di parlare con una professionista che le sapesse orientare sul territorio e aiutarle a renderle consapevoli e iniziare un percorso di cura”. Dietro Mama Chat un team di psicologhe “formate per accogliere qualunque tipo di richiesta e accompagnare la donna in base al suo livello di consapevolezza e gravità”. La cosa più difficile e fondamentale? Secondo Margherita: “Uscire dalla propria comfort zone e chiedere aiuto. Noi te lo facciamo fare senza chiederti di esporti, perché sappiamo che qualche volta è complicato, non sai se potresti essere vista, sentita, giudicata, eccetera. Noi ti accompagniamo in questa presa di coscienza”.
Il segreto? Banalmente, lo strumento della chat anonima, che funziona a orari: “La chat permette di di entrare in connessione con la vittima di violenza o con la persona in difficoltà facendola sentire in uno spazio sicuro. Cerchiamo di incentivare la motivazione proprio nella vittima a chiedere aiuto”. Sulle nuove generazioni, Margherita dice: “Sono molto molto più sensibili al tema del benessere mentale, sono molto più abituate a masticare questo tipo di lessico. Il fatto di parlare sempre più diffusamente di queste tematiche permette di abbattere qualche tabù” ma c’è un problema di gelosia: “Le ragazze spesso sono iper gelose, iperprotettive, iper possessive. Rimanere all'interno di una relazione sana con questo tipo di attitudine è difficile. Se ti trovi in una relazione tossica quando hai 14, 15, 16 anni, quindi alle tue prime esperienze, poi pensi che sia normale”. "È il ciclo della violenza, una vittima non si vede e non si può vedere come una vittima se rimane nella relazione” aggiunge. La soluzione alle violenze fisiche, emotive e psicologiche sta tutta qui, nel parlarne: “Bisogna aprire il dialogo, bisogna poter parlare sempre di più del controllo, della manipolazione, della violenza economica, di tutti quei segnali che sono alert grossi come una casa e che fanno parte di una pre escalation”.
ActionAid: la prevenzione dovrebbe partire dalle istituzioni e dalla politica
ActionAid è un’organizzazione internazionale per la tutela dei diritti che da anni lotta anche per donne e bambine, in Italia e nel mondo. Quest’anno, in occasione del Black Friday, ha lanciato la campagna Black FreeDay, per denunciare il taglio dei fondi per la prevenzione della violenza di genere nell'ultimo anno e per richiamare l’attenzione e far esplodere le contraddizioni che riguardano il sotto-finanziamento delle politiche di contrasto alla violenza in Italia. Secondo ActionAid la prevenzione non è mai stata una priorità per nessun Governo che si è succeduto negli anni. I pochi finanziamenti dedicati si sono concentrati in alcuni periodi, come il 2022, per essere poi tagliati di nuovo.
Una denuncia forte contro un problema sistemico che va prevenuto con l’aiuto di istituzioni e politica. Proprio questo è il focus di ActionAid Italia, come ci spiega Isabella Orfano, esperta diritti delle donne: “L’organizzazione vuole promuovere una serie di politiche e interventi che devono produrre cambiamento a livello socio culturale, in maniera tale che non vengano più prodotti o riprodotti comportamenti che possono portare alla violenza sulle donne per mano di uomini”. Secondo Isabella, le tipologie di prevenzione primaria dovrebbero coinvolgere anche le scuole, con materiali didattici che siano inclusivi e attività di empowerment femminile. Ma la spinta di ActionAid non si ferma qui: “Nella prevenzione secondaria rientrano le attività di formazione di tutte quelle persone che entrano o possono entrare in contatto con le vittime o con gli autori di violenza: le forze dell’ordine, la magistratura, la sanità, il terzo settore eccetera. La prevenzione terziaria, infine, consiste in tutto quello che garantisce la sicurezza delle donne che hanno subito violenze e diminuisce il tasso di recidiva negli autori di violenza. Si tratta di misure urgenti di protezione, misure cautelari coercitive, programmi per autori di violenza”. A questo modello di prevenzione a strati aderisce ActionAid, che lavora anche sul territorio attraverso progetti nelle scuole, movimenti di sensibilizzazione e lavoro comune con ragazzi, docenti, famiglie e istituzioni locali.
BeFree: una cooperativa sul territorio
BeFree è una cooperativa sociale costituita nel 2007 da professioniste esperte di tematiche di genere e contrasto alla violenza di genere. Federica Scrollini, responsabile della formazione, ci ha raccontato un po’ il percorso che questa cooperativa ha compiuto dalla sua fondazione a oggi, rilevando come “in questi 16 anni la situazione generale è molto cambiata, è aumentata la consapevolezza, sono cambiate le leggi e c'è un'attenzione diversa verso la tematica. Ma siamo lontani da quel cambiamento socio-culturale profondo che comporterà la mitigazione e la sparizione della violenza degli uomini sulle donne. I centri antiviolenza e le case rifugio di Befree seguono circa mille donne ogni anno. Ci vorrebbero più investimenti e fondi”. Anche se le cose migliorano, non bisogna mai abbassare la guardia: “La violenza resta irriconoscibile. La cultura patriarcale la normalizza. Se per gli stereotipi abbiamo fatto passi avanti, per gli aspetti della gelosia, del possesso, della confusione tra amore e controllo abbiamo di fronte un grande lavoro. Dobbiamo cambiare tutto e dobbiamo farlo adesso in ogni luogo pubblico: dal parlamento al supermercato, dall'ospedale ai mass media". BeFree sostiene a gran voce l’importanza di lavorare sul territorio: “La rete territoriale è indispensabile per contrastare la violenza e per costruire un percorso insieme. In questa rete e entrano soggetti istituzionali ma anche enti del terzo settore, scuole, ospedali, associazioni di commercianti. Costruire la rete è anche un'azione di sensibilizzazione rispetto al fenomeno: più soggetti sono coinvolti più i territori diventano luoghi sicuri per tutte”.
Viola Walk Home: dall’app ai punti viola contro la violenza per strada
Eleonora Sironi ci ha invece raccontato l’esperienza di VIOLA, start-up femminista nata dall’associazione DonneXStrada. Il focus? “Lavorare sulla sicurezza e la percezione della sicurezza in modo che tutt3 si sentano sicur3 in strada. La parte innovativa sta nell'utilizzo dei social e nell'uso della tecnologia, tramite la nostra app VIOLA, per prevenire la violenza di genere e far sentire le persone più sicure e parte di una comunità”. L’idea è della fondatrice e psicologa Laura De Dilectis dopo il caso Sarah Everard. Il servizio è diventato presto europeo. "Questa crescita molto rapida” dice Eleonora, “ha dimostrato innanzitutto come il servizio sia necessario ovunque, e ci ha permesso di sviluppare l'app, ufficialmente disponibile dal 15 dicembre e già scaricabile nella versione beta dal nostro sito. In un anno abbiamo ricevuto centinaia di candidature come volontari e abbiamo creato un team forte e unito di persone che vogliono una società più sicura per tutt3”. L’esperienza di Viola Walk Home è particolarmente interessante perché mette insieme online e non-online, grazie anche alla creazione dei Punti Viola, posti sicuri aperti al pubblico per accogliere le donne vittime di violenza per strada.
E tutte le altre
Viola Walk Home, BeFree, ActionAid Italia, Re:B Collective e Mama Chat non sono certo le uniche realtà presenti in Italia. Ad esse si affiancano anche Di:Re, Leaving Violence, Cadmi, Frida e moltissime altre. Lo scopo è uno solo: sensibilizzare, prevenire e aiutare, dal basso e con grande fatica, ma anche tenendo a mente l’urgenza del problema, in tutti gli ambiti, la sua profondità e pervasività. Oltre a rivolgerci a queste associazioni, organizzazioni e cooperative possiamo pubblicizzarle sui social, consigliarle alle amiche in difficoltà, donargli tempo e denaro. Per noi, ma anche per le nostre sorelle.