Intimacy coordinator: a che punto siamo e cosa c'è da fare
Abbiamo chiesto a professionisti ed esperti del settore (anche in Italia) uno sguardo sul presente e sul futuro
02 Aprile 2024
Qualche tempo fa, delle dichiarazioni di Jennifer Aniston hanno provocato un piccolo terremoto online. L’attrice, in relazione al suo ruolo in The Morning Show, e nello specifico parlando delle sue scene di sesso con Jon Hamm, ha dichiarato di aver rifiutato categoricamente l’aiuto di un intimacy coordinator: "Quando i produttori ci hanno chiesto se volevamo un intimacy coordinator io non sapevo cosa significasse, visto che sono un’attrice dei vecchi tempi" ha poi aggiunto. "Mi hanno spiegato che fosse qualcuno che ti chiedeva se era tutto apposto e ho pensato oddio, è già imbarazzante abbastanza, siamo professionisti stagionati, ce la caveremo da soli". Jennifer Aniston non è l'unica a non volerne usufruire. Tra i detrattori Sean Bean, mentre tra i sostenitori della nuova figura Emma Thompson, che se ne è avvalsa per girare Good luck to you, Leo Grande, film sulla sessualità femminile adulta e matura. Sostiene gli intimacy coordinator anche Sabrina Impacciatore, che ne ha fatto notare l'utilità e ha denunciato i comportamenti dei suoi colleghi italiani che, prima che questa figura diventasse popolare e utilizzata: "Mettevano le mani dappertutto". Ancora, Francesca Manieri, la sceneggiatrice di Supersex, serie su Rocco Siffredi, ha dichiarato: "Abbiamo lavorato con l’intimacy coordinator e, anzi, ne approfitto per fare chiarezza: fa un lavoro iniziale, analizzando le scene con gli attori per assicurarsi che siano sempre a loro agio".
L'intimacy coordinator è inutile?
Inutile dire come queste dichiarazioni, anche se date in buonissima fede, possano risultare problematiche. In primis, sminuiscono una figura professionale nuova ma fondamentale, che si è affermata negli ultimi anni e preannuncia un nuovo modo (controllato e per questo corretto, nel rispetto di tutti) di girare le scene intime, che sono al centro del dibattito da diversi punti di vista. Da quello del pubblico, si parla di un sempre maggior disgusto e sdegno nei confronti delle scene di sesso, vissute come superflue e forzate, male integrate nel resto della storia. Dal punto di vista degli addetti ai lavori si parla naturalmente di essere a proprio agio, in un ambiente di lavoro sano e tutelato, in ogni momento. Gli esempi delle volte in cui questa cosa non è stata garantita si sprecano, da Ultimo Tango a Parigi in poi. Abbiamo chiesto alla intimacy coordinator Kate Lush un punto di vista sulla vicenda, sul suo lavoro, sulla nascita della professione e sul suo futuro. Poi, abbiamo allargato il discorso anche ad associazioni di categoria e accademie nostrane, per cercare di capire la situazione anche in Italia, solitamente più indietro rispetto all’industria cinematografica oltreoceano. Ecco cosa ci hanno raccontato.
Cos'è un intimacy coordinator?
Kate Lush ci ha dato una definizione di consenso importantissima, da traslare in tutti gli ambiti della nostra vita: "Il consenso, sul set come nella vita, dovrebbe essere un atto e un'azione che ha spazio per vivere e respirare. Il consenso dovrebbe essere cercato e concesso durante tutto il processo, dall'audizione alla post-produzione, e dovrebbe estendersi oltre solo agli interpreti, coinvolgendo l'intera squadra di produzione. L'intimacy coordinator è un sostenitore del consenso, invita alla comunicazione ed emancipa gli attori a esprimere il loro consenso nel momento, supportandoli nel caso in cui il consenso debba essere ritirato". Proprio nella difesa di questo consenso vivo vengono utilizzati gli intimacy coordinator: "Per creare spazi sicuri per gli attori, per negoziare confini e consenso, creare scene che mostrino momenti intimi autentici". C’è ancora del lavoro da fare: "È ancora necessario fare uno sforzo per assicurarsi che ciò che appare nel montaggio sia in linea con lo spirito di quanto concordato nei contratti. Più chiara è la scrittura delle scene, più chiaramente il regista può esprimere la visione, più facile è per gli attori offrire il loro consenso informato. L'intimacy coordinator può assistere in questa comunicazione, ma è vitale che tutti siano completamente trasparenti sulla visione del regista in modo che gli attori possano proteggersi sia nella fase di produzione che in quella post-produzione".
Il suo ruolo a tutela del consenso (ma non solo)
Insomma, un approccio tecnico ma anche creativo fondamentale: "La professione è cresciuta in modo esponenziale negli ultimi anni grazie a intimacy coordinator estremamente talentuosi e dedicati che hanno lavorato con successo in produzioni in tutto il mondo. A seguito di questo lavoro produttori, registi, direttori della fotografia, troupe e attori vedono il beneficio di avere un professionista nello spazio il cui unico scopo è supportare le scene con contenuti intimi e impegnativi. L'intimacy coordinator assiste nella regia e coreografia, nell'utilizzo di mascherine e indumenti modesti, ma aiuta anche gli attori con contenuti emotivamente impegnativi. Spesso sul set gli attori sono stati lasciati in uno stato vulnerabile dopo queste scene, e l'intimacy coordinator può aiutarli a ritrovare se stessi".
La situazione in Italia
E in Italia? Ci dà un’idea Intimacy Coordination Italia, prima associazione di categoria in Italia a rappresentare i professionisti dell'intimità fondata da Georgia Lepore, Sara Palma e Manuela Parodi. "Negli ultimi anni si è consapevolizzato il bisogno di salvaguardia e tutela di performer, attrici e attori" ci hanno raccontato. Il loro contributo? Tra le altre cose, anche aver elaborato e redatto un documento con le linee guida per l’intimacy coordination: "Affinché ci sia un allineamento di comportamento e rispetto trasversale e condiviso. Il movimento MeToo ha profondamente cambiato la visione del nostro ambiente di lavoro, portandoci ad un livello molto più alto di consapevolezza ed inclusività. Ad oggi questa figura, nel cinema ma anche nel teatro, ascolta le esigenze di attrici e attori dando loro tutti gli strumenti per esprimere il loro consenso, per affrontare determinate scene, per mostrare il loro corpo sentendosi a proprio agio". Se a stabilire regole e comportamenti, fare training e certificareci pensa l'associazione di categoria, si prende carico della formazione di nuovi professionisti nel settore anche Anica Academy, di cui ci ha raccontato Luisa Lazzaro: "In Italia è partita la formazione e presto saranno disponibili sul mercato nuovi professionisti che potranno continuare ad implementare le pratiche che sono riconosciute come le più sicure. Così, insieme ad altri esperti sarà possibile anche aprire un dialogo sulla necessità dei protocolli in Italia" e poi ha aggiunto: "Pre 2022 queste figure venivano ingaggiate per la maggior parte dall'estero. Alcuni che già lavoravano nell’ambito dell’audiovisivo in Italia conoscevano l’esistenza di questo ruolo e alcuni s’interessavano a ricoprirne le responsabilità ma non esisteva ancora una formazione in Italia, per cui era forse più improvvisato il ruolo. Storicamente il reparto costumi e quello che più si è avvicinato alla tutela dell’attore".
Uno sguardo al futuro
Lo scopo finale di questi organismi e di queste organizzazioni è dare dignità a una figura professionale relativamente nuova ma anche di tutelare tutte le figure coinvolte, nel rispetto della loro diversità, in tutte le fasi della produzione cinematografica o teatrale, con un focus sulla sensibilità e sul consenso di tutti. Luisa Lazzaro offre uno spunto: "Oggi dal punto di vista della sceneggiatura abbiamo più diversità, storie che rispecchiano la società e i tempi contemporanei. C'è maggior consapevolezza della necessità di tecniche di lavoro che offrano un framework che faciliti la costruzione delle scene in modo più efficiente". Ovviamente, c'è ancora tanta strada da fare, ma l'intimacy coordinator potrebbe essere un passo nella direzione giusta.