Come superare una rottura
L'anatomia del crepacuore è reale, ma si sopravvive. Ognuno a modo proprio
30 Gennaio 2024
Perché il mio cuore soffre così? Perché la mia anima soffre così? La risposta breve è che lasciarsi fa schifo. Anche quando è la cosa migliore da fare. Anche quando siamo stati noi a prendere la decisione. Sceneggiatori, artisti, poeti e cantautori lo hanno capito da tempo, offrendoci da secoli opere che ci aiutano a crogiolarci nel dolore, a incanalare la rabbia e a risollevarci con gloria dalle nostre miserie. Ora lo hanno intuito anche gli scienziati e sempre più studi, dopo essersi concentrati per anni semplicemente sul processo dell’innamoramento, iniziano ad indagare la fine dell’amore. La grande scoperta? Dire addio alla nostra dolce metà è doloroso. Non solo a livello emotivo. E se dopo che le nostre strade si sono divise non proviamo solo, tristezza, rabbia, senso di perdita, solitudine, ma ci sembra di sentire il cuore andare in frantumi e ogni altra fibra del nostro corpo piangere, non è così insolito. Anzi.
L'anatomia del crepacuore è reale
Nel 2010 lo psicologo Professor Art Aron, la neuroscienziata Dott.ssa Lucy Brown e l’antropologa biologica Dott.ssa Helen Fisher hanno condotto uno studio che ha esaminato il cervello di persone con il cuore spezzato. Quando i partecipanti guardavano le foto o discutevano della persona che le aveva rifiutate, piangevano, tremavano e si arrabbiavano. Le loro scansioni cerebrali mostravano che le emozioni dei partecipanti innescavano l'attività nella corteccia insulare e del cingolo anteriore, le stesse aree cerebrali associate al dolore fisico. In particolare, il nostro cervello può elaborare le rotture in un modo che ricorda l’astinenza dalla dipendenza. Si può anche indebolire temporaneamente il muscolo cardiaco, causando una condizione chiamata sindrome del cuore spezzato o cardiomiopatia di Takotsubo, un fenomeno identificato per la prima volta nel 1990 in Giappone, quando le persone soffrivano di sintomi simili ad un attacco di cuore dopo che un devastante terremoto aveva distrutto la loro città. Dopo un evento traumatico gli ormoni dello stress possono causare un indebolimento del ventricolo sinistro, che non può più pompare efficacemente, arrendendosi e mimando i sintomi di un infarto.
Questione di chimica
Diversi studi hanno dimostrato che le intense emozioni e desideri provocati da una rottura possono essere simili ai sintomi di astinenza vissuti da chi cerca di superare la dipendenza dall’alcol e dalla droga. La cosa va oltre il forte attaccamento o il legame emotivo che si sviluppa in una relazione romantica, spesso creando un legame di co-dipendenza che, venendo a mancare, ci che fa provare il forte desiderio di tornare indietro sui nostri passi, anche mesi dopo l’addio. È questione di chimica del cervello. L’amore romantico rilascia un’ondata di sostanze chimiche cerebrali che fanno sentire bene: un cocktail inebriante di ossitocina, noto anche come "ormone dell'amore", dopamina, che è un neurotrasmettitore associato al piacere e alla ricompensa, e serotonina, che aiuta a regolare il nostro umore ed è associata alla felicità. Quando diciamo addio a chi abbiamo amato sperimentiamo una perdita della fornitura regolare di questi neurotrasmettitori e entriamo in astinenza neurologica. Deficit che, in alcuni casi, può farci sentire ansiosi, depressi e soli. In questo stato, il nostro cervello cerca disperatamente di sostituire queste sostanze chimiche. C’è chi lo fa abbuffandosi di cioccolata, chi si dedica allo shopping, chi ascolta il loop Sufjan Stevens, chi telefona all’ex in piena notte e chi si lancia in relazioni Rebound, alla ricerca di un sostituto che riempia "quel senso di vuoto", chimico e affettivo.
Cosa succede nel nostro cervello quando ci lasciamo con una persona?
Quando attraversiamo una rottura siamo sottoposti ad un bombardamento di emozioni e nel nostro cervello, oltre a quelli simili all’effetto dell’astinenza, si innescano una serie di meccanismi e risposte fisiologiche che potrebbero influire su come ci sentiamo e sui nostri comportamenti. La corteccia prefrontale, cruciale per il processo decisionale e il pensiero razionale, sperimenta una diminuzione dell'attività, almeno finché i livelli di stress si abbassano. Spesso accade perché gli esseri umani cercano spiegazioni razionali e soluzioni logiche che le rotture di solito non offrono. Così diventa più difficile pensare con chiarezza e prendere decisioni razionali. Quindi, non dobbiamo stupirci se optiamo per un drastico ed eccentrico taglio di capelli drastico o se scoppiamo in lacrime durante una puntata di Friends. Inoltre, secondo diversi studi, il dolore di una rottura potrebbe anche essere radicato negli istinti basilari di sopravvivenza: siamo creature sociali e il nostro cervello si è evoluto per aiutarci a preservare i legami. La perdita di uno qualsiasi di questi, compresi quelli romantici, provoca un’ondata di attività nell’amigdala, innescando la risposta di lotta o fuga come quando essere rifiutati da una tribù poteva significare morire. Così trovarsi davanti ad un T Rex o venire mollati finiscono con essere la medesima causa di forti sentimenti negativi.
Quali sono le fasi dopo una rottura?
La psicologa Gaia Cavalleri ci ricorda che quasi tutti sperimenteremo la fine di una relazione romantica ad un certo punto della nostra vita e che la rottura o il divorzio possono inizialmente provocare esiti negativi come la depressione. Infatti, quando viene chiesto alle persone come le ha influenzate una recente chiusura di relazione, elencano numerosi sentimenti negativi come la solitudine, l’angoscia e la perdita di sé o del senso di chi sono come persona. A volte, però, ci capita di sopravvalutare le nostre paure. Cavalleri sottolinea che c’è un corpus crescente di letteratura basata sulla psicologia positiva che esamina i "benefici" di una debacle sentimentale e ha scoperto che possono anche promuovere la crescita e la prosperità personale, in particolare se queste erano limitate durante la relazione.
Quanto tempo ci vuole per superare una rottura?
Così come non esistono vere e proprie tappe che tutti sperimentiamo in un ordine pre-stabilito, non esistono rimedi universali per sentirsi subito meglio. Né esiste un tempo standard in cui è "normale" o "accettabile" provare sentimenti negativi. "Questo dipende da tantissimi fattori interni (la nostra personalità, la nostra storia di vita, le nostre strategie di coping...) ed esterni (il contesto in cui viviamo, il tipo di relazione, l'età, se c'erano progetti di vita/figli, la rete sociale...)", sottolinea la dottoressa Cavalleri, ricordandoci che "può essere utile intraprendere un percorso psicologico, in quanto permette di acquisire gli strumenti adatti per far fronte a problematiche di tipo emotivo."
Cosa fare per stare meglio dopo una rottura?
Anche se ognuno di noi ha il suo modo e i suoi tempi di vivere la fine di una storia, gli esperti, consigliano, concordano su piccoli step utili ad incanalare questi sentimenti verso un modo sano di riflettere e "narrativizzare" un rapporto finito:
- Concediamoci il permesso di provare i nostri sentimenti. Qualsiasi essi siano: tristezza, rabbia, vuoto, confusione, solitudine, dolore. Sono tutte emozioni valide anche se scomode tanto che le persone spesso cercano di evitarle.
- Ricordiamoci di essere indulgenti con noi stessi. Riprendersi da una rottura è un percorso fatto di alti e bassi perché spesso non piangiamo solo la fine di un amore, ma anche le speranze e le aspettative che avevamo per il futuro.
- Scrivere può aiutare. Secondo Cavalleri, "una delle attività che sembrerebbe essere particolarmente produttiva è la scrittura creativa o il journaling, poiché permette di affrontare la fine della relazione grazie all’elaborazione cognitiva". Altri consigliano di scrivere una lettera all’ex partner, ma senza inviarla. Annotare su carta i nostri sentimenti in maniera onesta e brutale può essere utile fare chiarezza e, magari, trovare alcune risposte alle domande inevase che ci tormentano.
- Confidiamo nella nostra rete di supporto. Apriamoci con loro e lasciamo che la nostra famiglia e gli amici ci sostengano e facciano sentire amati.
- Riconnettiamoci con noi stessi. A volte in coppia, mettiamo da parte hobby, attività e cose che ci fanno felici, perché l’altro non le condivide. Una rottura ci dà la possibilità di tornare a fare e a goderne, ma è anche una buona opportunità per uscire dalla nostra comfort zone e provare qualcosa di nuovo.
- Consideriamo la terapia. Quando termina una relazione nel nostro cervello e nel nostro corpo si innescano una serie di reazioni e risposte fisiologiche che si traducono in malessere e, talvolta, in vero e proprio dolore fisico. Ci possiamo sentire sopraffatti a tal punto da sentirci depressi o arrivare ad una radicale messa in discussione della nostra identità. Intraprendere un percorso con un terapista può fornirci gli strumenti per affrontare tutto questo.