Stiamo perdendo la capacità di analizzare la realtà
Il popcorn brain ci rende superficiali
15 Febbraio 2024
L'altro giorno, scrollando TikTok poco prima di andare a dormire, ho visto in velocissima successione un video disperato e doloroso in cui una ragazza a me sconosciuta annunciava di avere avuto un aborto spontaneo, uno slideshow di illustrazioni di animaletti carini con in sovrimpressione frasi speranzose sul futuro e sulla crescita personale, una ragazza arrabbiata che demoliva in maniera molto lucida un video razzista di un altro utente, uno sketch comico molto divertente in cui durante uno spettacolo di stand up il ragazzo sul palco chiacchierava con una persona dal pubblico. Ogni 20 secondi il mio umore è cambiato, passando tra emozioni opposte in maniera veloce, l'una prendendo il posto dell'altra e lasciandomi pochissima memoria di quella appena precedente, col viso rigato di lacrime un secondo prima di lanciare il telefono e mettermi a fare tutt'altro.
Cosa significa popcorn brain?
L'uomo deriva dalle scimmie. Il nostro cervello deriva da quello delle scimmie. Viene da chiedersi se e quanto a lungo possiamo reggere questa quantità abnorme e mai recepita prima di stimoli visivi, uditivi, emozionali, intellettuali prima di perdere completamente il senso del mondo, della concentrazione e dell'analisi delle sue componenti. Per descrivere questo fenomeno di continui "pop" nel nostro cervello, numerosissimi e continui ma anche molto brevi, si è andata a ripescare un'espressione coniata dal ricercatore e psicologo David Levy nel 2011, e cioè popcorn brain. Siamo over stimolati, e non ce la facciamo più, quindi stiamo cambiando per adattarci a questo flusso incontrollabile di cose che ci vengono lanciate in testa come palline pazze. I nostri ritmi, anche di attenzione, di riflessione e di pensiero sono alterati, accelerati, imitano quelli delle notifiche che continuano a illuminare lo schermo del nostro smartphone, non dandoci tregua, ma anche facendoci cercare disperatamente quel tipo di stimolazione mentale 24 ore su 24.
Le parole degli esperti
Pare che il nostro utilizzo dei social, il modo in cui cambiamo contenuti ogni manciata di secondi, magari mentre nel frattempo stiamo guardando un film o ascoltando un podcast, stia modificando il modo in cui i nostri cervelli processano le informazioni. E sempre più studi lo dimostrano. La psicologa Dannielle Haig lo ha spiegato così: "Le piattaforme online e i social media usano degli algoritmi per propinarci uno stream costante di informazioni, notifiche e intrattenimento. Il tutto è basato sui nostri interessi e sui nostri comportamenti. Questo potrebbe portare a eccessiva stimolazione del cervello, specificatamente dei circuiti della dopamina, che sono associati con il piacere e con il gusto della novità. Quando riceviamo nuove informazioni, la cosa provoca un piccolo rilascio di dopamina, premiando il nostro cervello e incoraggiandolo a continuare questo ciclo di ricerca di nuovi stimoli". Chiaro, no?
Quali sono le conseguenze?
"Nel tempo, questa continua richiesta di attenzioni e lo switch rapido tra contenuti e attività può portare a una sensazione di irrequietezza, con il cervello che sembra rimbalzare in giro perché ha difficoltà a mantenere la concentrazione su un'attività sola per un periodo esteso di tempo" aggiunge. Non si tratta di un danneggiamento del cervello, ma è sicuramente un suo cambiamento. "I percorsi neurali del cervello stanno essendo reindirizzati o adattati per accomodare le richieste del nostro multitasking e della velocità che ci serve per processare le informazioni" spiega Haig. "Questa cosa, sul lungo periodo, potrebbe portare alla riduzione della capacità del cervello di impegnarsi in un'attenzione profonda, focalizzata e sostenuta, abilità che sono cruciali per l'analisi complessa e il pensiero critico. Sebbene la plasticità del cervello gli consenta di adattarsi a queste nuove esigenze, la preoccupazione è che questi adattamenti possano andare a scapito della nostra capacità di dedicarci in modo profondo e riflessivo a qualsiasi tipo di contenuto, con potenziali ripercussioni sull'apprendimento, sulla memoria e sulla regolazione emotiva".
La perdita della capacità di concentrazione e i dibattiti social
La verità è che questa cosa la vediamo ogni giorno sui social già adesso. Avete provato a leggere qualche commento, ultimamente? O a discutere in maniera civile con qualcuno? Non si va oltre i titoli degli articoli, oltre la superficie delle questioni. Anche quando in buonafede, le persone sembrano star perdendo sempre di più la capacità di ragionare e approfondire, di affrontare le cose in maniera intersezionale e sfumata. Non sono solo gli altri, siamo anche noi. Il nostro cervello è volatile, non troviamo le parole. Esistono solo le fazioni, i contenuti virali, le drammatizzazioni per effetto umoristico o tragico, i contenuti emozionalmente fortissimi che servono a catturarci solo per un secondo, facendoci piangere o arrabbiare. Tutto passa nel nostro cervello alla velocità della luce, e poco o nulla rimane. Mentre la realtà diventa complessa, i nostri cervelli si abituano a non pensare mai a nulla troppo a lungo, e questo atteggiamento striscia dal telefono alla realtà, si trasla nella vita di tutti i giorni. Cosa potrebbe andare storto?
Come possiamo sconfiggere questa tendenza?
Anche se tendiamo ad essere un po' vittime del popcorn brain, e non dipende solo e soltanto da noi, possiamo lavorare sul nostro cervello. Sfuggire allo scrolling compulsivo, scegliere attività senza schermi che ci ri-abituino alla calma e alla riflessione. Possiamo imparare a lavorare a maglia, a giocare a carte, leggere un libro, sfidarci a guardare un film senza prendere il telefono in mano neanche una volta. Proteggersi dagli stimoli è impossibile, ma possiamo cercare di limitarli. Non solo per evitare il popcorn brain, ma anche per rimanere ancorati a un mondo che ha sempre più bisogno di pensiero critico.