Anche l'università, in Italia, è una roba da uomini
Dal caso di Torino alle lettere di sponsorship, le donne subiscono il potere degli uomini
16 Febbraio 2024
In questi giorni un accumulazione di notizie, denunce e ricerche sono venute alla luce, illuminando la situazione minoritaria delle donne nelle università italiane, sistematicamente ricettacolo di pregiudizi e molestie, dalle lettere di sponsorizzazione in poi. Ce n'è per tutti i gusti: dal caso di Torino, che coinvolge l'ex direttore della scuola di specializzazione di medicina legale Di Vella (agli arresti domiciliari per minacce, stalking e violenza sessuale) e un professore di estetica anonimo, sospeso per aver molestato delle studentesse di dottorato, alla ricerca portata avanti da Audinga Baltrunaite, Lucia Rizzica e Alessandra Casarico della Banca d'Italia, che hanno passato in rassegna le lettere inviate negli ultimi 10 anni da professori di tutta Europa a due centri di ricerca italiani per sponsorizzare gli studenti di dottorato.
Università maschilista, i dati
Partiamo dall'inizio. Secondo uno studio del 2021 portato avanti dal Consiglio Universitario Nazionale, le donne si laureano più degli uomini. Quando, però, si tratta di accedere ai ranghi più alti della carriera universitaria, come ad esempio diventare dottorandi e assegnisti, ricercatori, associati e ordinari, la statistica si ribalta, e la maggioranza va agli uomini. Qualche esempio: alla Sapienza di Roma, nel 2018, su 59 direttori di dipartimento solo 17 erano donne. All'Università di Bologna, invece, nel 2019 le donne erano solo il 16% dei direttori di dipartimento. Non un problema nuovo, dunque. La ricerca di Baltruinate, Rizzica e Casarico può iniziare a spiegarci il perché di queste differenze. Le ricercatrici hanno raccolto lettere e curriculum di 8mila dottorandi che hanno fatto domanda per una posizione accademica in Italia. Dall'analisi - anche linguistica - di questo dataset sono emersi dati interessanti e significativi.
I pregiudizi contro le donne
I dati parlano chiaro. In primis, c'è da registrare che queste lettere di sponsorizzazione sono scritte per la maggioranza da professori uomini per studenti uomini. Le studentesse, infatti, spesso hanno mentori donne, che quindi si trovano nei ranghi inferiori, e non hanno la possibilità di influire sulla carriera delle loro protette. È un cane che si morde la coda, quasi un loop. Se nessuno ascolta le donne, se nessuno le promuove, poi queste donne non potranno indirizzare e aiutare le altre. Non solo. Gli uomini, in questi documenti, vengono definiti con aggettivi come "brillante" o "intelligente", le donne invece sono laboriose e diligenti. Sono stereotipi vecchi come il mondo, che vogliono gli uomini come intraprendenti e pieni di spirito d'iniziativa, le donne come gregarie che lavorano duro, e che si riflettono su tutti i campi della vita, dalla casa al lavoro passando per le relazioni interpersonali, come ha evidenziato uno studio Istat del 2023. Non sono esenti dagli effetti negativi di questi stereotipi gli stipendi: è il gender pay gap.
Le testimonianze di Torino
Le donne, insomma, non si sentono aiutate o sostenute nella loro scalata alla carriera universitaria. E non abbiamo neanche iniziato ad affrontare il peggio. Dopo il caso di Torino, che ha evidenziato come alcuni professori sfruttassero la loro posizione di potere e autorevolezza per molestare le loro studentesse, il centro antiviolenza aperto nel campus Einaudi di Torino ha raccolto più di 138mila segnalazioni di molestie da parte di studentesse. Ancora, il collettivo Studenti Indipendenti ha diffuso insieme a Non Una di Meno Torino un questionario, che ne ha fatti emergere ancora altri. Adesso, si aspetta che l'onda delle denunce si allarghi a tutta l'università italiana, e nel frattempo si manifesta a Torino, lunedì mattina, a Palazzo Nuovo.
Cosa deve cambiare? Tutto
Il fine ultimo è evidenziare la diseguaglianza di fondo nel trattamento di donne e uomini nell'ambiente universitario e accademico e rifiutare la retorica delle mele marce, o ancora peggio (se possibile) le giustificazioni addotte dai diretti interessati, come il professore arrestato a Torino, che ha dichiarato: "È stato un equivoco. Ho un carattere espansivo tipico di chi ha origini del Sud", che aggiungono stereotipi a stereotipi, in una difesa dello strapotere maschile che si attaccherebbe a qualsiasi cosa pur di preservarlo, disperata. Non basta allontanare gli uomini personalmente coinvolti nelle denunce, bisogna modificare il sistema alla base. Perché alla base della differenza linguistica nelle lettere per l'inizio carriera dei dottorandi interessati in professioni economiche e alla base delle molestie c'è la stessa cosa: un abuso di potere avallato da tutto il campo, che trova la sua forza nella superiorità presunta degli accademici uomini e degli uomini in assoluto, nella complicità di chi decide, nel silenzio di chi subisce, con la paura che denunciare potrebbe danneggiare la sua carriera. E che deve finire.