È la festa della donna, ma cosa abbiamo da festeggiare?
Oggi è la Giornata internazionale dei diritti delle donne, cerchiamo di fare il punto
08 Marzo 2024
Crescendo, l'8 marzo per me è sempre stata una ricorrenza un po' confusa. Le mimose, certo. I cioccolatini. I messaggi di auguri, i proclami degli uomini che ci spiegano che le donne vanno rispettate tutti giorni eh, mica solo oggi. Con gli anni, poi, sono arrivate le nozioni pseudo-storiche. La strage nella fabbrica di camicie all'inizio del '900, le operaie morte, i diritti dei lavoratori. Neanche questo era esatto. In realtà le origini della Giornata internazionale dei diritti delle donne, ricorrenza politica e di rivendicazioni più che di mimose e di ricordo, si perde in un clima ricco di spinte e di cambiamenti che è quello dell'Europa all'inizio del '900, con tutte le sue contraddizioni e tutti i suoi spunti. Quello che sappiamo per certo è che questa giornata esiste, e che ci può essere utile a fare un punto sulla nostra situazione.
Diritti delle donne, a che punto siamo?
Una cosa che possiamo dire senza paura di essere smentite è che noi donne possiamo votare, possiamo aprire un conto corrente bancario a nostro nome e possiamo uscire di casa in pantaloni senza temere (più o meno) di suscitare scompiglio come successe a Torino nel 1911. Su tutto il resto, la questione si fa più complessa. Noi donne lavoriamo di meno, guadagniamo di meno, siamo meno educate alla gestione delle finanze personali, veniamo uccise per il solo fatto di essere donne/aver lasciato l'ex marito o fidanzato. Il nostro diritto a decidere sul nostro corpo viene messo in dubbio ogni giorno, l'aborto in Italia diventa sempre più difficile da ottenere, ci possiamo sposare solo con gli uomini e un giorno sì e uno no qualche rappresentante del governo ci invita a fare dei bambini. Gli stereotipi di genere sono ancora rampanti, anzi i ragazzi delle nuove generazioni sembrano star facendo dei passi indietro, temono il femminismo e bevono alla fonte di uomini misogini con un podcast e grandi bacini di spettatori. Per non parlare delle donne trans, che fanno fatica a farsi riconoscere anche solo in quanto donne, figuriamoci tutto il resto. E stiamo parlando del civilissimo (o almeno, questo è quello che si vorrebbe farci credere) occidente. In altri punti del mondo, per ragioni storiche, religiose o coloniali, le donne vivono in condizioni ancora più stringenti e negative.
Una questione di consapevolezza
Senza farsi prendere dalla negatività, dunque, cerchiamo di lavorare sulla consapevolezza. Sulla consapevolezza che c'è ancora tantissimo lavoro da fare, sulla consapevolezza che per ancora tanto tempo dovremo lottare, spiegare, fare rete, proteggerci, ma anche sulla consapevolezza che le cose possono cambiare, che sono già cambiate e che cambieranno. Una cosa alla volta. Una buona idea potrebbe essere leggere libri e guardare film sull'argomento, commentarli con le amiche più scettiche, mettersi in contatto con le associazioni sul territorio, parlare, comunicare, riflettere e fare riflettere sui divari di genere, sugli stereotipi, sugli effetti capillari dei sistemi di potere sul rapporto tra uomo, donna e persone non binary, sul modo in cui i governi di destra e di centro cercano di decidere al posto nostro. E qui ci poniamo un'altra domanda.
Come si festeggia una ricorrenza così?
Alla luce di tutte queste cose, dunque, ci chiediamo: come si festeggia la Giornata internazionale dei diritti delle donne nel 2024? Non con un cocktail party con le amiche, forse, o forse sì. Senza cadere nei cliché, in realtà, fare rete con le proprie amiche, colleghe, vicine di casa e conoscenti potrebbe essere un primo passo avanti. Manifestare (l'8 marzo in molte città d'Italia avranno luoghi cortei e scioperi) è una buona idea, mantenendo sempre davanti a noi, importantissime, le idee di intersezionalità (il femminismo è di tutte le donne, senza distinzioni di provenienza, nascita biologica, sessualità o reddito, anzi accogliendo le problematiche specifiche di ognuna) e di collettività. Quando lottiamo lottiamo non solo per noi stesse, ma per tutte, e quando cerchiamo di cambiare le cose non ci rivolgiamo soltanto al singolo, ma anche al potere, alla politica, alla società. Una cosa alla volta.