L’Hopecore può aiutarci ad uscire dalla “sindrome del mondo cattivo”?
L'era dell'hopecore contro la cultura della paura nei media
19 Marzo 2024
Quante volte vi capita di aprire i social o la sezione "notizie" di Google, e ritrovarvi subito immersi in una cascata di notizie negative o dai toni drammatici? Se la risposta è "spesso", c'è una spiegazione. Non è un caso che teorie come quella del sociologo Gerbner, che nel 1980 si dedicava allo studio della rappresentazione della violenza nella fiction televisiva (specialmente nei telefilm polizieschi), siano ancora rilevanti. Nel suo saggio, l'americano scrisse della "sindrome del mondo cattivo", descrivendo la sensazione di essere vittime di violenza e la paura di camminare soli di notte, comune tra coloro che passavano molte ore davanti alla televisione ogni giorno. La sua teoria della "cultura della paura" sostiene che i media, soprattutto la televisione, tendano ad enfatizzare e amplificare la violenza e il conflitto, creando un clima di paura e insicurezza nella società. Questa teoria si basa sull'idea che le notizie negative abbiano un impatto maggiore sul pubblico e, di conseguenza, i media tendano a privilegiare tali contenuti per attirare l'attenzione e generare interesse. È per questo motivo, ad esempio, che molte persone hanno scelto di non seguire più il telegiornale durante la pandemia. I media hanno quindi un grande "potere", in grado di influenzare i nostri stati d'animo e le nostre emozioni. Gli utenti del web, stanchi delle "bolle algoritmiche" che offrono solo eventi negativi, hanno adottato una nuova tendenza chiamata "Hope-core", che pone al centro della sua narrazione la "positività".
Cos'è l'Hopecore virale sui social?
Cosa c'è di più positivo di qualcosa che dona speranza? Il trend con l'hashtag #HopeCore è caratterizzato da video positivi che, come recitano alcuni commenti, "fanno ancora credere nell'essere umano": un cane che ritrova il suo padrone, una proposta di matrimonio mozzafiato, un bambino che sconfigge il cancro, un ballo con i propri nonni, una figlia che rivede il padre militare tornato da una missione dopo mesi. Questi "frame" vengono montati su una melodia gioiosa e hanno un unico scopo: ricordarci che nella vita ci sono anche cose belle e non dobbiamo rimanere intrappolati nella "cultura della paura".
Perché ne avevamo bisogno?
I contenuti #Hopecore vantano più di 8milioni di like, questi dati sono l’emblema del bisogno espresso dalla Gen Z, ovvero quello di riconnettersi con il proprio io e con quei sani e preziosi ricordi d’infanzia che molto spesso sembrano sepolti nella nostra memoria. Le descrizioni che vediamo sui video rimandano infatti a questa sfera semantica, come ad esempio: “life is beautiful”, “find the good” oppure ancora “life is about moments”.
Questo ci porta a riflettere sul fatto che dietro cose apparentemente banali si nascondono le più grandi verità. Lo sapeva bene Kurt Vonnegut, uno dei più importati narratori statunitensi, a cui è stato dedicato il volume: “quando siete felici, fateci caso”, contenente 15 dei suoi più celebri discorsi rivolti ai giovani. L’autore non ci suggerisce di andare alla costante ricerca di quella irraggiungibile felicità, bensì di fermarci, come se stessimo facendo una foto ad un piccolo momento, un frame di gioia che dura pochi istanti, ma a cui diamo troppo spesso poco peso. Tutto ciò viene traslato oggi sui social, in maniera sempre più consapevole. Un ottimo esempio può essere rintracciato nel profilo della content creator Sotce, che si impegna ogni giorno a diffondere messaggi motivazionali per i suoi follower.
Alla base del suo format ci sono infatti temi come la meditazione, la self-care, e la legge dell’attrazione. Solo con questi strumenti, ci fa notare Vonnegut, potremmo davvero riconoscere ciò che ci rende felci e dargli il tempo, lo spazio e l’attenzione che merita. Voi che cosa ne pensate? Credete anche voi che servirebbe un equilibrio nella distribuzione delle notizie e che questa tendenza possa migliorare l’agenda dei media?