Kaze guarda al futuro (con un po' di scaramanzia)
Intervista alla musicista e attrice, da Call my agent a tutto il lavoro che ancora c'è da fare
24 Aprile 2024
Kaze è una ragazza pratica, dinamica, dritta al punto. Quando la incontriamo ci racconta del suo passato da infermiera e delle difficoltà vissute nella sua carriera e - più in generale - nella sua vita da donna nera che vuole sfondare nel mondo della musica in Italia. Ne usciamo arricchite, piene di spunti per cercare di costruire, a partire anche da noi stesse, un mondo migliore. Il 12 aprile è uscito il suo primo album, Post Buio, e non riusciamo a smettere di ascoltarlo. Soprattutto dopo averla conosciuta.
Camicia scivolata su una spalla, pantaloni giallo sole e sandali magenta squillanti. Kaze si accomoda sul nostro divanetto ed è un fiume in piena di ispirazioni e aneddoti, alcuni belli e alcuni brutti, ma tutti propositivi: "La mia musica è autobiografica: è nata come un diario segreto, dove mettevo le mie cose. Adesso cerco di dargli un senso un po' più universale, di pensare a cosa posso dare a chi ascolta. Senza farmi influenzare troppo e senza farmi prendere dalla paura e dall’ansia di dover accontentare qualcuno". La sua autobiografia, naturalmente, parte dall’essere donna e dall’essere una donna nera in un paese bello ma complesso, l’Italia. "Sfondare in ambito musicale in quanto donna è più difficile. Nel business della musica ci sono pochissime donne. C’è questa concezione secondo cui le donne non scrivono i propri pezzi. Io personalmente tengo molto alla mia scrittura, ho un po’ timore di scrivere con qualcun altro perché non voglio sentirmi dire che non scrivo le mie canzoni, e magari questa cosa mi fa perdere delle opportunità. E poi c’è tanta competizione, forse perché c’è meno spazio dedicato, c’è la sensazione che si possa vedere solo una donna alla volta. E invece non è vero, c’è spazio per tutti nella musica". Il suo discorso tocca anche la solidarietà femminile: "Facciamo fatica a fare gruppo. Vorrei abbattere queste difficoltà, unirmi alle altre per creare un ambiente più sano".
Per quanto riguarda le origini burundesi, Kaze ci fa scoprire qualcosa: "Burundi e Italia hanno due culture simili, a livello di valori. C’è l’attaccamento alla famiglia, all’amicizia, c’è la predisposizione verso l’altro". Non tutto è stato rose e fiori: "Mi sono sentita diversa, ho cercato di essere simile alle mie compagne di classe. Ho dovuto lavorare molto per accettarmi al cento per cento, con il bello che le due culture mi avevano dato. Non è semplice, ma poi crescendo mi sono resa conto che offrendo la mia esperienza magari riuscivo a fare un po’ di spazio nella mente di qualcuno che non aveva idea di cosa significava, ad aprire un dialogo". Le discriminazioni ci sono state: "Quelle che ho subito erano sempre molto sottili. Mi sono sentita dire 'tu sei bella per essere nera, perché sei più chiara' e non capivo se era un complimento o se era un insulto a uno standard di bellezza diverso dal mio. Sul lavoro ho sempre sentito un qualche tipo di pregiudizio che mi ha fatta diventare competitiva, che mi ha spinta a studiare per dimostrare che meritavo quel posto. È stato sgradevole, ho sentito di dover essere sempre perfetta, per difendere un’intera categoria. È un bel peso, anche dal punto di vista psicologico. Ho parlato di questa cosa, ma è difficile far capire che anche questa è discriminazione".
Nella sua vita non solo musica, anzi. Prima un'altra vita, quella dedicata agli studi a Roma e poi al lavoro di infermiera: "Ho lavorato due anni e mezzo in pronto soccorso. Mi sono trasferita a Milano per fare l’infermiera. Ho iniziato a lavorare proprio durante il Covid. Ho dovuto fare un bel po' di terapia per superare delle cose. Dall’altro lato però è un lavoro che insegna tantissima empatia, e mi piace ricordare della parte bella. Non tornerei indietro, ma è stata un’esperienza utile". Anche se il suo sogno è sempre stato un altro: "Ho sempre voluto fare la cantante, era il mio sogno nel cassetto ma non avevo idea di come farlo. Mi spaventata molto. Facevo dei tentativi piccoli, recitavo, facevo teatro. Per una serie di casualità dopo un provino a X-Factor qualcuno passa il mio contatto a un casting che stava cercando per un film. Faccio il provino e mi prendono. Lo ricordo come un momento di follia totale. Mi sono alzata e sono andata a licenziarmi. Ero piccola e ingenua, l’ingenuità mi ha dato modo di fare questa cosa. Ero convinta che fare un film ti facesse diventare famosa automaticamente. Poi ho imparato che non funziona così".
Un cambio totale e impulsivo, con non poche difficoltà. A questo si lega anche il consiglio che darebbe a una ragazza che ha il suo stesso sogno: "A posteriori io a questa ipotetica ragazza direi di prepararsi molto bene. Io mi sono sempre sentita impreparata. La mia famiglia non poteva permettersi di farmi studiare musica, quando ero piccola. Anche adesso che mi sento più sicura mi mangio le mani, penso se avessi studiato questa volta l’avrei fatta mille volte meglio. Quindi il consiglio è: se hai l’occasione nella vita buttati, vai e in qualche modo si farà. Se hai la possibilità di prepararti e di prenderti un po’ più di tempo, però, fallo. Non cercare opportunità senza essere pronta". Tra queste opportunità anche Call My Agent, serie tv trasmessa su Sky Serie e remake della serie francese Dix pour cent. Kaze ha preso parte a entrambe le stagioni. "La seconda stagione mi è piaciuta di più della prima, ci conoscevamo già quindi è stato tutto molto più semplice. C’era un’atmosfera sul set di divertimento e dedizione. La cosa più divertente? I giorni con Gabriele Muccino. Lui si è messo in gioco al cento per cento, arrivava al mattino e faceva questo urlo per caricarci tutti". Del futuro non si parla, per scaramanzia: "Sono scaramantica, tengo tutto per me. Però spero di fare sempre di più quello che mi piace. Mi sto godendo il momento, sono concentrata sul disco, però sto anche sperimentando. Mi piacerebbe vedermi in un’altra veste. Sto facendo delle lezioni di danza, mi piacerebbe integrare anche il corpo. Mi segue un mio amico, usiamo musica africana e senegalese, quella che ascoltavo da piccola. Ho sempre odiato il fatto di non riuscire a ballare".