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Considerazioni sul Pride Month

Storia e contemporaneità di un mese importante

Considerazioni sul Pride Month Storia e contemporaneità di un mese importante

Giugno è il mese dell'orgoglio LGBT+, o dell'orgoglio queer, a seconda di quale dicitura si preferisca. La nozione di Pride nasce negli Stati Uniti - teorizzata, iniziata e portata nella memoria collettiva da attivisti come Jack Baker e Michael McConnellThom HigginsBrenda HowardRobert A. Martin e L. Craig Schoonmaker - e giugno è stato proclamato il mese dell'orgoglio come reminder e ricordo dei cosiddetti Stonewall Riot, avvenuti nel 1969 a New York. Cerchiamo di ripercorrere velocemente la storia del Pride e dei movimenti affiliati, per arrivare poi alla contemporaneità e al rainbow washing.

Perché giugno è il mese del Pride? I moti di Stonewall

Il 28 giugno 1969, a New York City, la polizia irruppe allo Stonewall Inn, uno dei pochi gay bar della Grande Mela, che attirava le fasce più marginalizzate della società, comprese Drag Queen e persone trans. Non era un'eccezione, anzi. Queste irruzioni violente erano all'ordine del giorno negli anni Sessanta. Le tensioni erano alle stelle, e sfociarono in una serie di scontri tra le persone presenti al locale e le Forze dell'Ordine che si protrassero per giorni interi. I residenti di Greenwich Village si organizzarono rapidamente per creare spazi sicuri in cui esistere senza il timore di essere arrestati e malmenati. Fu la prima volta in cui la comunità omosessuale si ribellò in maniera organizzata contro un sistema che, sponsorizzato dal governo, perseguitava le minoranze sessuali. A novembre dello stesso anno Craig Rodwell, Fred Sargeant, Ellen Broidy e Linda Rhodes proposero una prima marcia dimostrativa per le strade della città. Questi scontri e questa ribellione sono diventati un simbolo, l'evento che segnò l'inizio di un movimento per i diritti LGBT+ negli Stati Uniti e in tutto il mondo. Ancora oggi, all'inizio di giugno, i social si riempiono di foto di Marsha P. Johnson, considerata una figura importante e la vera e propria iniziatrice di questi scontri e dei movimenti organizzati che ne seguirono.

Il Pride oggi

Nel 2024, si potrebbe pensare che non ci sia più bisogno di Pride. Purtroppo non è così. Nel mondo, ancora, l'appartenenza alla comunità LBGT+ è vista come uno stigma. Senza porci su un gradino più alto, senza scomodare altri paesi e invece cercando di fare un po' di autocritica nei confronti del nostro essere bianchi e occidentali, basti pensare alla situazione in Italia, che si colloca molto in basso nella classifica dei Paesi europei in materia di diritti LGBT+, con un focus (purtroppo negativo) sulle persone trans. Per non parlare dei pregiudizi, dei commenti violenti, delle micro-aggressioni per strada e al bar, anche quelle all'ordine del giorno. Cosa fare, allora? In giro per l'Italia vengono organizzati eventi e manifestazioni, per tutto il mese di giugno e non solo, a cui partecipare per dimostrare sostegno e partecipazione.

Cos'è il rainbow washing e l'importanza dell'intersezionalità

Cosa succede, però, se le grandi aziende si impossessano della lotta arcobaleno per vendere più prodotti? Se il Pride si trasforma in un corteo fatto dai brand, che tolgono spazio alle persone della comunità per farsi belli e guadagnare punti senza poi fare effettivamente nulla per quelle stesse comunità che si vantano di sostenere? In questo caso si parla di rainbow washing, e sempre più persone hanno imparato a riconoscerlo e a evitarlo. La soluzione? Banalmente non comprare. Potrebbe essere utile anche imparare a guardarsi attorno, a distinguere sostegno reale e finto, controllare che le stesse aziende non siano nelle mani di gruppi che fanno male al territorio, che se ne infischiano delle discriminazioni. Informarsi su cosa pensa quel politico che ci tiene tanto a farsi vedere con i calzini arcobaleno delle fasce più povere della società. Sforzarsi di capire, in breve, in quanti e quali modi i diritti sociali incontrano quelli civili, come si intersecano e come, gli uni senza gli altri, non possono esistere, perché si svuotano. 

Cosa fare per il Pride Month in Italia

Partecipare ai Pride è sempre bello e vale sempre la pena. Non come persone che vanno a ballare, ma come parti a sostegno di una comunità che chiede ancora a gran voce il suo spazio, che ancora a gran voce gli viene negato. Basti pensare alla Regione Lombardia e al patrocinio che non ha concesso alla sfilata milanese di quest'anno. Sul sito di Onda Pride sono raccolti tutti i cortei d'Italia, con tutti gli eventi collegati. E vanno oltre giugno. Altre organizzazioni, come il Movimento Identità Trans, fissano spesso incontri e conferenze, luoghi di discussione in cui accogliere istante o decidere i prossimi passi della sua attività. Partecipare e donare sono tutte cose che possiamo fare, se non il resto dell'anno almeno a giugno. A livello territoriale, esistono associazioni (come ad esempio Mask.You e Arca di Noè) da tenere d'occhio, per non rimanere indietro sull'impegnativa programmazione di questo Pride Month. Buona festa!