Le ragazze hanno meno prospettive dei ragazzi?
Il rapporto di Save The Children sulla povertà in Italia dice di sì
13 Giugno 2024
Che l'Italia - tra chi impone scelte sui nostri corpi e chi, mentre i numeri della violenza di genere salgono vertiginosamente (e vergognosamente), si rifiuta di ammettere l’esistenza del patriarcato - non fosse un paese per donne lo abbiamo capito da tempo. Forse, però, dovremmo renderci conto che non lo è nemmeno per giovani e per chi guadagna così poco da non sapere come pagare le bollette o mettere un piatto in tavola. È, invece, un posto in cui per una gran fetta della popolazione diventa proibivo anche sognare, sperare in un domani migliore in cui - se non proprio un riscatto sociale - troverà almeno la sicurezza economica necessaria ad andare a dormire senza i morsi della fame e senza l’incubo dei pagamenti inevasi. A dirlo è la ricerca Domani (Im)possibili di Save the Children, che esamina l’impatto che la condizione di povertà materiale può avere sui percorsi educativi e di vita.
Giovani e povertà, i dati
Quello che emerge è un quadro desolante. In Italia più di 1,3 milioni di minorenni, un bambino su 7, vivono in povertà assoluta e, tra questi, sono più di 100 mila i giovani tra i 15 e i 16 anni che vivono nel nostro Paese in condizioni di grave deprivazione materiale e non si aspettano di migliorare la loro situazione. Vivono una realtà nei quali i genitori hanno difficoltà nel sostenere le spese per l’acquisto dei beni alimentari, dei vestiti o per il pagamento delle bollette (17,9%), le case non hanno il riscaldamento (7,6%), il frigo è vuoto (6,4%), è normale rinunciare ad uscire (15,1%) e a fare sport per motivi economici (16,2%) o andare in vacanza (30,8%) perché mancano i soldi anche per comprare scarpe nuove, pur avendone bisogno (11,6%). Non c’è da stupirsi se il 67,4% degli intervistati ha paura di non uscire mai da questa situazione, se più di uno su quattro pensa che non concluderà la scuola e se, guardando al proprio futuro più, del 40% prova sentimenti negativi come ansia (24,8%), sfiducia (5,8%) o paura (12,1%), ben cosciente del peso delle disuguaglianze sul loro domani.
Tra desideri e possibilità
Nonostante la giovane età, gli intervistati sono ben consapevoli del percorso in salita che dovrà compiere chi vive in difficoltà economica rispetto ai coetanei. Denunciano il degrado ambientale e la mancanza di opportunità educative, culturali, sportive che affligge molti di loro e chiedono un sostegno psicologico gratuito e sostegno economico alle famiglie in povertà. Hanno aspirazioni semplici e condivise: un lavoro stabile (94,2%) che non metta a rischio la propria salute, fisica o mentale (84,1%); una famiglia in cui ci si voglia bene (quasi l’80%); avere figli ed essere un buon genitore (79,4%); mentre il 59% vorrebbe frequentare l’università e ottenere una laurea; e il 36,7% sogna di trasferirsi all’estero. Quando però si passa a esaminare le reali possibilità che queste cose accadano, i quindicenni e i sedicenni che vivono in condizioni di grave deprivazione economica sono già rassegnati a lasciare la scuola anzitempo per andare a lavorare, a non andare all’università per i costi troppo alti; e credono che, anche quando entreranno nel mondo del lavoro, non riusciranno a guadagnare a sufficienza.
Ragazze interrotte (dal gender gap)
Le più scoraggiate riguardo al proprio futuro sono le ragazze, a prescindere dal contesto di appartenenza. Hanno grandi aspirazioni per quanto riguarda gli studi e credono che sicuramente frequenteranno l’università (il 69,4% contro il 40,7% dei maschi), ma pensano che non riusciranno a trovare il lavoro che desiderano (29,4%), che non avranno mai una soddisfazione economica adeguata (46,1%) e che si troveranno in difficoltà a bilanciare vita privata e vita lavorativa ma, soprattutto, sono convinte che non saranno mai trattate al pari degli uomini.
Invertire la rotta
Questo divario di aspettative sul futuro da parte degli adolescenti in condizioni di povertà e da parte delle ragazze in tutte le condizioni economiche è ben più che doloroso, non è accettabile. Serve un intervento concreto degli organi politici che si basi su una strategia di lungo periodo, capace di coinvolgere istruzione, salute, lavoro, di risorse a favore dell’infanzia e dell’adolescenza. Raffaela Milano, direttrice ricerche e formazione di Save the Children, propone l’istituzione di un Fondo nazionale per il sostegno alle aspirazioni di bambine, bambini e adolescenti in condizioni di fragilità economica. Il primo passo è "definire i livelli essenziali delle prestazioni per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. A partire dall’accesso alla mensa scolastica, dal tempo pieno alle scuole primarie, dalla gratuità dei libri scolastici e dal diritto allo studio universitario". Allo stesso tempo è imperante sradicare patriarcato e stereotipi di genere cominciando dall’avvicinamento delle bambine alle materie scientifiche e dal sostegno concreto allo sviluppo professionale delle giovani donne nel mercato del lavoro.