Yoga e appropriazione culturale, a che punto siamo?
Una riflessione in occasione della Giornata Internazionale dello Yoga
21 Giugno 2024
Il 21 giugno si festeggia la Giornata Internazionale dello Yoga, ricorrenza istituita nel 2014 su iniziativa delle Nazioni unite con lo scopo di sensibilizzare il mondo sui numerosi benefici di questa disciplina millenaria. A dimostrare che lo yoga aiuta a far stare bene il fisico e la mente sono gli studi: riduce l'infiammazione sistemica, migliora la variabilità della frequenza cardiaca e la qualità del sonno. Inoltre, attraverso le tecniche di respirazione e meditazione, diminuisce i livelli di cortisolo, riducendo lo stress e il rischio di malattie correlate. Per questo, è amatissimo e più popolare che mai. Tanti hanno iniziato ad approcciarsi alla sua pratica durante la pandemia tanto che, secondo i dati di una ricerca dell’Osservatorio Reale Mutua, nel 2020 un italiano su cinque ha praticato yoga e più della metà ha deciso di intraprendere questa disciplina per affrontare il difficile periodo del lockdown. Ma non c’è solo l’aspetto studi, lezioni e ritiri, ad attirare interesse sono anche gli accessori e i prodotti correlati allo stile di vita yogico. Vestiti, tappetini, oggetti di scena per lo yoga, cibo e bevande contribuiscono a creare community e, soprattutto, generano introiti per l’industria globale dello yoga che si prevede raggiungerà i 66,23 miliardi di dollari entro il 2027.
Yoga, le origini
Lo yoga, che in sanscrito significa "unione" o "unire", ma anche "essere connesso", "combinare più cose sino a renderle una" e secondo i suoi antichi testi, conduce all'unione della coscienza individuale con la coscienza universale, generando una perfetta armonia tra mente e corpo e tra uomo e natura. È una disciplina antichissima, per qualcuno si ipotizza possa essere datata tra 2.500 e 10.000 anni fa. Originaria della valle dell'Indo, all'inizio veniva tramandata oralmente da maestro a discepolo. La pratica ha molte forme. Le più note si fondano sulla filosofia degli otto rami del saggio Patanjali, una sorta di codice di condotta per dare un senso al mondo e vivere in armonia con l'universo, che comporta la pratica di posizioni fisiche (asana), respirazioni (pranayama), meditazioni, un'alimentazione sana e comportamenti etici, rispettosi per ogni forma di vita.
Questa pratica in occidente
Tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, i maestri di yoga iniziarono a viaggiare in Occidente attirando attenzioni e seguaci, soprattutto negli Stati Uniti, dove le dive dell’epoca come Marilyn Monroe contribuirono spostare l’attenzione verso gli aspetti pratici della disciplina piuttosto che verso quelli ideali e filosofici. Oggi, la maggior parte degli insegnanti di yoga occidentali si limitano alle asana. Non esplorano nè condividono con i praticanti la storia, le radici, la complessità e la filosofia dello yoga, diluendo così il suo vero significato. Ma lo yoga è anche molto più di una pratica fisica di tendenza. Più delle tutine attillate, più di cardio su un tappetino di gomma piuttosto costoso, della mera performance o degli altri elementi che lo rendono glamour. Comprende anche la pratica della respirazione, la purificazione del corpo, della mente e della parola, la meditazione, l’autoconsapevolezza e molto altro.
Un problema di appropriazione culturale
Negli ultimi anni è iniziata la conversazione sull'appropriazione culturale dello yoga. Secondo Shreena Gandhi, professoressa di studi religiosi alla Michigan State University, questo approccio superficiale si configura come una forma di colonialismo culturale, parte di un razzismo sistemico e intimamente legata con la supremazia bianca, il capitalismo e la globalizzazione. Gandhi, in un articolo intitolato Yoga and Roots of cultural appropriation e pubblicato insieme alla collega Lillie Wolff, scrive che "nell'era consumistica di oggi, lo yoga prospera perché è possibile ricavarne molti prodotti. L'esplosione negli ultimi due decenni di studi sullo yoga, video sullo yoga, app e pantaloni da yoga, ne sono la prova. Il risultato di questa realtà è che lo yoga occidentale è spesso rappresentato e commercializzato nella cultura dominante da donne magre, bianche, di ceto medio-alto, cisgender e normodotati". Un'opinione con cui concordano in molti, compreso Vikram Jeet Singh, celebre istruttore di yoga a Goa, che in un articolo pubblicato su This Week in Asia sottolinea come la colonizzazione abbia spazzato via la sua cultura, l’abbia riconfezionata e la stia vendendo sotto un'altra forma. Lo yogi critica aspramente l’approccio occidentale alla disciplina "diventata sinonimo di una sessione di allenamento priva di qualsiasi tipo di background culturale, in cui bisogna presentarsi con leggings Lululemon da 100 dollari e un tappetino altrettanto costoso".
Praticare lo yoga senza appropriazione culturale è possibile?
Non c'è nulla di male nell’aspettarsi una sessione di allenamento in una lezione di yoga, se è quello che ci piace, ma dobbiamo essere consapevoli che quella è solo una delle tante componenti di questa antica disciplina. La scelta più corretta per approcciare lo yoga è unire al gesto atletico conoscenza e rispetto. Il primo passo è imparare le origini di ciò che si fa, il significato delle parole che pronunciamo, soprattutto nell'apprendimento di un mantra sanscrito. Possiamo rivolgerci all’insegnante ci guida se ci sembra più facile. Invece, di trascorrere ore al perfezionamento di una posizione, possiamo provare a dedicare una frazione di quel tempo all'esplorazione di un testo yogico. Una altra piccola accortezza è scegliere abbigliamento e accessori adeguati: evitiamo le magliette con scritto Namaste, le immagini di divinità indù trasformate in tatuaggi o i simboli om stampati sui tappetini da yoga. E ricordiamo le parole del premier indiano, Narendra Modi: "Lo yoga significa unità di mente e corpo; pensiero e azione; dominio di sé e autorealizzazione; armonia tra uomo e natura; un approccio olistico tra salute e benessere".