I dati dell'Istat sulle molestie sul lavoro sono allarmanti
E la maggior parte delle vittime sono donne
05 Luglio 2024
La situazione lavorativa italiana non è granché, in assoluto. Quando si parla di donne o minoranze, poi, è ancora peggio. Le donne, in Italia, guadagnano meno degli uomini e vengono licenziate quando incinte o quando trans. Le madri giovani non vengono aiutate né agevolate, e non importa il settore di occupazione o la parte d'Italia. Si registrano percentuali molto basse di donne in posizioni dirigenziali e in posti di spicco nella ricerca e anche nelle università, a capo dei dipartimenti. E quando un lavoro finalmente si trova e si mantiene, sussistono tutta una serie di comportamenti scorretti, dal mobbing alla molestia sessuale, che fanno parte di un sistema di potere ben preciso e che ci fanno sentire a disagio, in minoranza, oggettificate e pronte a licenziarci da un momento all'altro.
I dati sulle molestie sul lavoro in Italia: le donne
L'1 luglio l'Istat ha pubblicato un report riguardante il periodo 2022-2023. I dati raccolti non sono incoraggianti. Si stima infatti che il 13,5% delle donne dai 15 ai 70 anni, che lavorano o hanno lavorato, abbia subito molestie sul lavoro a sfondo sessuale nel corso dell'intera vita. Ad essere più colpite sono le giovani, cioè coloro che appartengono alla fascia d'età 15-24 anni, considerate più ingenue e vulnerabili. Si parla del 21,2%. Rientrano nella definizione di molestia sul lavoro tutta una serie di comportamenti che mettono a disagio le persone e che sono fatti con motivazioni di natura sessuale: dagli sguardi offensivi alle proposte indecenti e alle battute erotiche, fino ad arrivare alle molestie fisiche. Le molestie vengono subite anche al di fuori del mondo del lavoro: nello stesso periodo di riferimento, ne sono state vittime il 6,4% delle donne dai 14 ai 70 anni e il 2,7% gli uomini della stessa età. Poco più della metà di queste molestie avviene tramite l'uso della tecnologia (messaggi, email, chat o social media). I principali responsabili sono colleghi maschi o figure professionali come clienti, pazienti o studenti, che rappresentano il 26,2% dei casi.
Anche gli uomini subiscono molestie
Anche gli uomini subiscono molestie, principalmente da parte di colleghe (26,4% dei casi) e da colleghi dello stesso sesso (20,6%). Gli episodi di molestia spesso non sono casi isolati. Per le donne, la frequenza degli abusi è più elevata rispetto agli uomini. L'indagine misura questa dimensione chiedendo informazioni sugli episodi verificatisi nei 12 mesi precedenti l'intervista. L'80% delle donne ha subito molestie ripetute in questo periodo, rispetto al 60% degli uomini. Il 4,9% delle donne di età compresa tra 14 e 59 anni è stato vittima di molestie verbali nei tre anni precedenti l’intervista. Erano l’8,2% nel 2015-2016. C'è stata una diminuzione importante per quanto riguarda il pedinamento e l’esibizionismo. Restano stabili le molestie fisiche, i messaggi e le proposte inappropriate e la condivisione di immagini sui social.
La situazione legislativa in Italia
Il progetto di legge su "Norme penali e processuali contro le molestie sessuali", presentato in Parlamento nel 1996, è ancora fermo. Durante la scorsa legislatura, alcuni gruppi parlamentari hanno proposto l'introduzione di un reato specifico per le molestie, ma non è stato concluso nulla a riguardo. Insomma, c'è un vuoto normativo, e i comportamenti molesti a connotazione sessuale non costituiscono reato penale autonomo. Anche per questo, molte persone non denunciano. Ma ci sono altre motivazioni: la scarsa gravità dell’episodio (27,4%) e la mancanza di fiducia nelle forze dell’ordine o la loro impossibilità di agire (23,4%). lo ha confermato la statistica Linda Laura Sabbadini a Repubblica: "È ancora terribile, anche perché spesso le donne non denunciano. Ciò avviene nell’87,7% dei casi anche se il ricatto subito viene considerato grave dalle donne. E così anche in questo caso domina l’impunità dell'autore".
Come denunciare
Considerato tutto quello visto e detto fino ad ora, la domanda su come denunciare potrebbe essere superflua, ma non lo è. In primis, bisognerebbe promuovere una cultura del lavoro sana, senza competizione né pregiudizi di genere, che parta dalle parole utilizzate e finisca con atteggiamenti corretti e mai spinti, per non mettere a disagio nessuno. Se qualcosa succede, bisognerebbe appellarsi ai reparti delle Risorse Umane, ai regolamenti aziendali, e poi da lì salire. In attesa di una legge specifica.