Le donne che lavorano nella moda devono rinunciare a diventare madri?
Ritmi di lavoro frenetici e contratti incerti rendono tutto molto complicato
17 Luglio 2024
Abbiamo già lungamente parlato delle difficoltà che le lavoratrici riscontrano, in Italia e nel mondo. Gender pay gap, discriminazioni se incinte o se trans, difficoltà ad accedere alle posizioni di potere. Queste difficoltà si acuiscono se i settori presi in esame sono particolarmente instabili, competitivi, frenetici o poco regolati, e se le donne in questioni sono madri. Di cosa stiamo parlando, nello specifico? Delle giovani donne impiegate nello scintillante settore della moda, che non si sentono nelle condizioni di mettere su famiglia proprio a causa della loro precarietà e di ritmi di lavoro molto intensi. Hanno ragione? Proviamo a fare il punto.
L'inchiesta di 1Granary, dati e testimonianze
Proprio negli scorsi giorni 1Granary, piattaforma che si occupa di educare sui temi cari al mondo della moda e a riflettere sulle condizioni dei suoi lavoratori, ha lanciato un'inchiesta in due parti. Il tema? La maternità nel mondo della moda. Lo stesso ha fatto Vogue Business, chiedendo testimonianze a dipendenti e aziende. I risultati? Quelli che ci aspettavamo, ma questo non lo rende meno grave. Le madri intervistate dalla seconda pubblicazione, infatti, hanno dichiarato di aver sperimentato difficoltà significative durante la gravidanza e il ritorno al lavoro, pressioni a dimostrare il proprio valore, costi dall'assistenza all'infanzia troppo elevanti e poco sostenibili. I dati lo confermano, Secondo Totaljobs e Fawcett Society, l'84% delle madri trova molto sfidante tornare al lavoro dopo il congedo di maternità, mentre il 79% delle madri incontra ostacoli nell'avanzamento della propria carriera. Secondo uno studio compiuto da McKinsey, invece, il 45% delle donne con bambini sotto i cinque anni ha lasciato il lavoro per mancanza o insufficienza di assistenza all'infanzia. Se si parla di uomini le percentuali scendono al 14%.
E la situazione delle lavoratrici più giovani e precarie? Lavoro e maternità nella moda per la Gen Z
Questa carrellata di dati e le loro conseguenze sono molto utili a inquadrare la questione, che si inserisce in un contesto più ampio di trattamento delle donne sul lavoro. Se si diventa madri mentre si è impiegate nella moda si ha difficoltà a tenere il passo. I ritmi sono inconciliabili con quelli di una famiglia, le pressioni difficili da sopportare, non tutti i programmi di welfare aziendale sono sufficienti. È dunque così strano che le ragazze più giovani (e magari anche più precarie) realizzino di non potere avere figli finché sono occupate in questo settore? Sembra di essere messe davanti a una scelta obbligata: o la vita privata o la carriera. Entrambe non si può. E se è così in tanti altri settori, quello della moda ha delle caratteristiche particolari che lo rendono ulteriormente complesso. Soprattutto in Italia, è accentrata nelle grandi città, che hanno un costo della vita più alto,richiede viaggi frequenti e, inutile nascondersi, un'aderenza ai canoni di bellezza tradizionali. La moda, ce lo insegna Il Diavolo veste Prada, richiede dedizione e spirito di abnegazione, e non è detto che poi ti premi per averli dimostrati. Non sempre, almeno.
@karinabondlondon It’s Halloween season…so time for a fashion horror story! But seriously…this should not be okay, and as naive as I am about being able to change this - I am very passionate about raising awareness of misstreatment of interns in my beloved fashion industry. . . . #storytime #emergingdesigner #fashionintern #fashioninternship #horrorstory #crazystory #exposingthetruth #fashionstorytime #fashiondesigner 夜店Paris巴黎 - 奶盖
Proviamo a capire la situazione italiana
Secondo un'indagine di PwC Italia intitolata "Donne e Moda: il Barometro 2024" nel 2023, in Italia, meno di una posizione apicale su tre negli organi societari era occupata da donne (30,9%). In confronto, la Francia aveva il 47% di membri dei CdA donne, il Regno Unito il 34% e gli USA il 40%. Le aziende associate alla Camera Nazionale della Moda Italiana (CNMI) avevano una presenza femminile nei Consigli di Amministrazione del 27%. Nel tessile e abbigliamento, la manodopera femminile nel 2022 era del 59,1%, mentre nell’industria manifatturiera era al 27,8%. Specificamente, nel tessile, il 59,1% delle donne erano impiegate, il 45,7% operaie e il 17,3% dirigenti. Nell’abbigliamento, il 73,5% delle donne erano impiegate, il 65,6% operaie e il 30,6% dirigenti.
Sempre secondo lo stesso report, oltre il 68% delle donne in posizioni manageriali nel settore moda ha più di 45 anni. Per il 94% degli intervistati non esiste una disparità salariale tra uomini e donne, ma quasi 1 azienda su 4 non offre pari opportunità nei processi di selezione. Il welfare aziendale gioca un ruolo importante nel bilanciamento tra vita lavorativa e personale. 2 aziende su 5 affermano che il welfare ha contribuito a eliminare la percezione della maternità come ostacolo alla carriera. Tuttavia, il 52% delle aziende ha almeno una donna con un contratto part-time, mentre solo il 14% ha almeno un uomo. Il 65% delle donne sceglie il part-time per conciliare vita personale e lavoro. Il 32% delle aziende artigiane non ha strumenti di welfare a sostegno della genitorialità, mentre il 46% offre orari flessibili.
Lavoro e maternità: cosa si può fare?
La cosa principale, quella urgente e immediata, dovrebbe essere promuovere delle politiche di assistenza alla maternità, in tutti i settori e anche in quello della moda, dell'abbigliamento e del tessile. Rendere il lavoro flessibile e accessibile, implementare regolamenti precisi (e pene severe) per le discriminazioni e il mobbing. Molto del lavoro di moda è esattamente questo: lavoro. La sua coolness (reale o percepita) non dovrebbe impedirgli di essere compatibile con la vita.