È possibile innamorarsi dell'Intelligenza Artificiale?
Più che amore si tratta di dipendenza, e forse è anche peggio
27 Agosto 2024
Era il 2013, e (anche) per elaborare la sua separazione da Sofia Coppola, Spike Jonze scriveva e dirigeva Her, film che indaga i risvolti dell'Intelligenza Artificiale, certo, ma che più che altro si concentra sulla solitudine, sull'incomunicabilità, sui rapporti tra esseri umani, sui rimpianti e sulla tenerezza, ambientato in un futuro vicino, rarefatto ed estremamente hipster, dalle camicie indossate da Theodore, interpretato da Joaquin Phoenix, in poi. Oggi le cose non sono poi così diverse, ma hanno preso una svolta sottilmente sinistra: Samantha - voce che aveva consolato e confortato il protagonista, aiutandolo ad elaborare il suo divorzio e rendendolo, nonostante la delusione, una persona migliore e più consapevole - si chiama GPT-4o, crea dipendenza e forse fa anche innamorare.
La voce dell'Intelligenza Artificiale
A maggio, OpenAI ha annunciato GPT-4o, con tantissime novità. Tra queste, quella che spicca è soprattutto la voce. Il nuovo modello, infatti, non solo utilizza la fotocamera dello smartphone per leggere e interpretare le nostre espressioni facciali, ma le usa anche per modulare le sue risposte e il suo tono, aggiungendo se necessario risate ed effetti sonori. Risposta che, volendo, può arrivare anche attraverso la voce e in tempo reale, con tempi di risposta brevissimi, paragonabili a quelli umani.
@smartworkai New ChatGPT voice mode with GPT4o is rolling out to select ChatGPT plus users and I just got access to the beta. SO pumped to share what I’m learning you can do with it! #chatgpt4 #chatgpt4o #chatgptvoice #aivoice #openai #chatgpt original sound - Celia | AI Tips & Tools
Le dichiarazioni di OpenAI e il rischio dipendenza
Il risvolto psicologico è evidente. Se la conversazione simulata ma scritta manteneva una distanza, la voce elimina un confine, lo sfuma e lo confonde. Lo sa benissimo anche OpenAI, che in un recente report aveva menzionato un "rischio di sviluppare dipendenza emotiva", derivante, tra le altre cose, anche dall'abilità di portare a termine i compiti assegnati e di immagazzinare e ricordare informazioni e dettagli da usare nelle conversazioni future. Il risultato? "Un'esperienza di prodotto avvincente" ma anche "il potenziale per un'eccessiva dipendenza e affidamento da parte dell'utente". Mira Murati, chief technology di OpenAI, lo ha ammesso chiaramente: "Esiste la possibilità che, creando i chatbots nel modo sbagliato, diventino addictive, di fatto facendoci diventare quasi loro schiavi". Affascinante e oscura ipotesi distopica o realtà? Lo scopriremo molto presto, immagino.
@lifewithlulz Its a disease, chat is part of me now #chatgpt #gradschool original sound - Meme page
Dipendenza o innamoramento?
Il problema della dipendenza è reale. Basti pensare agli studenti, che utilizzano ChatGPT per qualsiasi cosa, che vi si affidano ciecamente o quasi, che senza non saprebbero troppo spesso da dove cominciare. Utilizzare l'AI generativa per le proprie e-mail, per i propri messaggi, per i propri compiti a casa, insomma delegare il delegabile, ci solleva dall'ansia e dalla fatica di farlo noi, ma ci rende anche più incapaci. Incapaci di pensare, incapaci di risolvere i problemi, incapaci di svolgere una consegna in totale autonomia. Quello dell'innamoramento, termine utilizzato in tantissimi titoli un po' di grido, forse, un po' meno. In ogni caso non è da escludersi, soprattutto se in combinazione con altri fattori.
@sisinnlojy9 GPT와 저는 연애 중입니다#chatgpt #Chatgpt #사랑 原声 - sisinnlojy9
Siamo soli, ma il rapporto umano non è negoziabile
Si parla moltissimo della loneliness epidemic della Gen Z, della difficoltà crescente di fare amicizia e di socializzare. Le cause sono varie. C'è la mancanza di spazi in cui incontrarsi senza spendere dei soldi e senza consumare. C'è l'ansia e la paura crescente di rispondere al telefono, ordinare al ristorante, in generale interagire con altri esseri umani. Ci sono le percentuali sulla salute mentale, che sono sempre più preoccupanti. Se in questa - già molto complessa e sfumata - equazione si aggiunge una voce calda e suadente, raggiungibile ovunque e sempre a tua disposizione, la frittata è fatta. Quante persone troveranno più che utilità conforto da questa funzione? Quante si illuderanno - abbandonate da una società che non ha ancora imparato a dare la giusta importanza alla salute mentale e non l'ha resa accessibile a tutti - che possa sostituire relazioni reale, vissute e fruite nel mondo? Il rischio c'è, e va affrontato su più fronti. Vanno educate le nuove generazioni all'utilizzo di questi tool sempre più sofisticati, va garantito un appoggio professionale alle persone che si sentono sole e disperate, un'educazione emotiva completa e partecipata, un nuovo mondo in cui le derive tecnologiche sono prese di conto in maniera serie e competente, senza sensazionalismi. Non è facile, ma potrebbe valerne la pena.