Chappell Roan, Taylor Swift e la pratica dell'endorsement pop
È utile? Perché lo desideriamo così ardentemente?
11 Settembre 2024
Taylor Swift lo ha finalmente fatto. Dopo settimane - anzi mesi - di speculazioni ha dichiarato pubblicamente il suo appoggio per Kamala Harris e per il suo candidato alla vicepresidenza Tim Waltz alle elezioni americane che si terranno a novembre. Lo ha fatto con un lungo post su Instagram, subito dopo il dibattito presidenziale e dopo essere stata fotografata in un caldo e sorridentissimo abbraccio con Brittany Mahomes, WAG del quarterback Patrick Mahomes e fiera sostenitrice di Donald Trump e del partito repubblicano. Si è firmata "childless cat lady", riprendendo parola per parola il remark di JD Vance, grande sostenitore della famiglia tradizionale in corsa con Trump.
Taylor Swift si schiera dalla parte di Kamala Harris
Non è la prima volta che il suo schierarsi (o non schierarsi) crea un vero e proprio polverone. Conosciuta prima del 2017 come principessa silenziosa del country e del pop, per anni ha evitato di invischiarsi in situazioni sociali spinose, non svelando le sue tendenze politiche né in materia di diritti sociali e civili. Poi la svolta, con un post in sostegno del candidato democratico del Tennessee nel 2018 e delle canzoni contenute nell'album Lover, nel 2019. La prima, You need to calm down, sui diritti LGBT+. La seconda, Miss Americana & The Heartbreak Prince, sulla situazione degli Stati Uniti d'America contemporanei e sulla delusione e disillusione vissuta osservando la politica del tempo, cioè la presidenza di Trump. Il dietro le quinte di questa non facile decisione ci era stato raccontato nel documentario Miss Americana, dove vediamo Taylor in lacrime, spaventata ma anche decisa, mentre il padre e il suo team la avvertono: Donald Trump ti verrà contro e con lui tutti i suoi fan. Il resto (anni di silenzio e amicizie non apprezzate ma osservate da vicino, e adesso il ritorno) è storia.
Chappell Roan si rifiuta di esibirsi per Joe Biden
Appena prima di questa novità, a scendere sul campo della pop-politica ci aveva pensato Chappell Roan, nuova scoperta della musica internazionale, dietro le quinte da anni ma sui palchi più prestigiosi del mondo solo da relativamente poco. In una lunga e sfrontata intervista a Rolling Stone, l'artista aveva spiegato la sua decisione di rifiutare l'invito di Joe Biden alla casa bianca, motivandolo così: "Non è tutto bianco o nero, che se odi uno devi per forza amare l'altro. Non vado alla Casa Bianca perché non sono una scimmietta ammaestrata". Non che la sua posizione fosse in dubbio. Al Governors Ball vestita da Statua della Libertà, lo scorso giugno, aveva dichiarato a una folla sterminata: "Vogliamo libertà, giustizia e diritti per tutti. Quando ce li garantirete, allora verrò". Rifiutandosi dunque di schierarsi non per lasciare il dubbio o per paura di perdere una parte di audience, ma al contrario per manifesta mancanza di un candidato che rappresenti lei e i suoi fan, che si identificano come più a sinistra del partito democratico contemporaneo, quindi per protesta. Un modo diverso di dire qualcosa di politico.
L'endorsement pop è efficace? Di sicuro fa parlare
Che queste dichiarazioni di endorsement e appoggio politico facciano notizia non c'è dubbio. Soprattutto quando si tratta di persone così ammirate e sulla cresta dell'onda, considerate influenti e in grado di muovere le folle. Sulla loro efficacia, però, le opinioni si dividono. Un esempio a sfavore della loro utilità è quello delle elezioni statunitensi del 2016. In quell'occasione tantissime furono le star internazionali, soprattutto donne ma non solo, a fare post, campagne e apparizioni pubbliche in supporto della candidata Hillary Clinton con lo slogan "I am with her". I risultati li sappiamo tutti. Dall'altra parte, si ribatte che i giovani - ora come non mai e in maniera esponenzialmente maggiore rispetto al 2016, che dopotutto è stato ben 8 anni fa - si sentono ignorati, abbandonati, senza punti di riferimento politici e culturali vicini, e di conseguenza non sanno che pesci prendere e si affidano in maniera molto molto forte (e parasociale, aggiungeremmo noi) alle loro celebrities preferite, cercando con loro corrispondenza di idee e intenti e un'identificazione quasi totale.
Una mancanza di punti di riferimento fuori dallo showbusiness
Abbiamo già accennato che i giovani (e i meno giovani) hanno bisogno di punti di riferimento, di qualcuno che si rivolga direttamente a loro, che rispecchi la loro visione del mondo dal punto di vista sociale e politico. La domanda successiva, di logica, è: Questo punto di riferimento devono essere per forza le cantanti e le celebrities? È sano e giusto che lo siano? Senza nulla togliere a Taylor Swift, Chappell Roan e Lady Gaga, infatti, verrebbe da augurarsi che altre figure - più vicine alle persone, meno legate all'industria dell'intrattenimento e alle sue logiche economiche e di gradimento da parte del pubblico, e più a quella culturale e politica nel "vecchio" senso del termine - prendano il loro posto. Possiamo sperare, no?