Vedi tutti

Gli account Instagram per adolescenti sono davvero la soluzione?

Non l'approccio giusto ma quello più realistico

Gli account Instagram per adolescenti sono davvero la soluzione? Non l'approccio giusto ma quello più realistico

Ci lamentiamo tutti i giorni dell'effetto che i social hanno su di noi. Sulla nostra idea di bellezza, sul modo in cui viviamo l'intimità, sulla nostra soglia dell'attenzione, che ormai è lisa e logora. Da adulti (più o meno) ci preoccupiamo delle ripercussioni che, a maggior ragione, possono avere sulle persone più giovani, sulle pre-adolescenti che si ossessionano con la skincare ad appena 14 anni, sui tredicenni un po' soli che hanno disimparato a socializzare, sui ragazzi vulnerabili che trovano nelle comunità incel e misogine la consolazione che non trovano in altri contesti, che finiscono nel vortice dell'estremismo politico e molto altro.

Meta lancia i Teen Account

Si è parlato di chiedere sostegno ai governi, di vietare completamente i social network ai minori di 14, 15 o 16 anni. Adesso, a prendere la situazione in mano (o a provarci), sono le piattaforme private stesse, a partire da Meta. Instagram ha annunciato negli scorsi giorni l'introduzione nel futuro prossimo di un sistema di "Teen Account" o "account per teenager" dotati di protezioni automatiche e regole ferree sui contenuti che possono vedere e su chi può contattarli. Questi account saranno assegnati automaticamente ai minori di 16 anni al momento dell'iscrizione. I vecchi account di minori, quelli pre-esistenti, saranno convertiti entro i prossimi 60 giorni. L'unico modo di modificare queste restrizioni sarà avere l'autorizzazione di un genitore o di un tutore. Questo cambiamento, almeno al momento, interessa però solo Stati Uniti, Regno Unito, Canada e Australia.

È la giusta soluzione? Più o meno

Questa notizia è stata accolta con gioia da molte persone, soprattutto adulte. Non si tratta per forza di una cosa negativa, in realtà. I problemi e le questioni che cerca di semplificare e risolvere, in effetti, esistono. Lo abbiamo registrato in diverse occasioni: i social eliminano la distanza naturale tra adulti e minorenni, non si curano della sensibilità dei temi, non separano né adattano in base all'età. Quando e dove ci capita, nella vita vera, di parlare davanti a ragazzi del liceo? Quando lo facciamo stiamo attenti a quello che diciamo? Mi auguro di sì. Sulle piattaforme però questa cosa sfugge al nostro controllo, e diventa un'arma per chi si muove in malafede, per chi cerca adepti e per chi utilizza le vulnerabilità dell'adolescenza a suo vantaggio, i tutti i sensi. Ma il problema è molto più ampio e sfumato di così. 

La media literacy, l'educazione ai social media e tutto il resto

Allargano un po' l'inquadratura, si potrebbe ad esempio parlare di come i social network siano diventati in alcuni casi l'unico modo di stare in compagnia, di come gli spazi per i bambini siano sempre meno, di come le madri (e di conseguenza i figli) non vengano tutelate e di come si faccia fatica a integrare i giovani (tutti, a prescindere dalla loro condizione economica, dal luogo in cui sono nati ecc ecc) in una società individualistica, chiusa, costosa, per privilegiati. Di come la salute mentale degli adolescenti sia una questione sempre più spinosa e ignorata, del ruolo che i social hanno in questa faccenda. Si potrebbe pensare, poi, che come al solito la soluzione a un vero e proprio problema sociale non dovrebbe arrivare dal privato, bensì dalla dimensione pubblica, di educazione e assistenza. Oltre ai problemi sopraelencati infatti c'è da aggiungere - ancora e ancora - che molte persone, che siano minorenni o adulti grandi e vaccinati non importa, non hanno alcuna educazione all'utilizzo dei social media né tantomeno media literacy. Non capiscono cosa è pericoloso e cosa no, quali contenuti sono indirizzati a loro e quali no. Non sanno difendersi ed è compito nostro (di noi, della società, della comunità) educarli a farlo, a proteggersi. Con o senza Meta.