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Perché Uomini e Donne ci piace così tanto?

La trasmissione più fortunata di Mediaset non ha ancora esaurito il suo fascino, purtroppo

Perché Uomini e Donne ci piace così tanto? La trasmissione più fortunata di Mediaset non ha ancora esaurito il suo fascino, purtroppo

Al liceo facevo la pendolare in autobus, quindi tornavo a casa nel primo pomeriggio. Pranzavo davanti a Uomini e Donne e poi, negli anni successivi, lo commentavo anche su Twitter. Seguivo i protagonisti della stagione su Instagram, ne spiavo l'atteggiamento fuori dalla trasmissione. La trasmissione, in cui giovani ambiziosi vanno a corteggiare il tronista o la tronista, nella speranza di trovare l'amore o meglio di fondare un impero social e diventare content creator, risvegliava in me strani istinti, tra cui ammetto anche il disgusto, che mi impedivano però di smettere di guardarlo. La soluzione? Trasferirmi in una casa senza televisione e non sentirne la mancanza

Uomini e Donne fa appello alla nostra curiosità

La formula è brutale, ed è proprio per questo che funziona. Uomini e donne, appunto, tradizionalmente attraenti o comunque molto curati e "televisionabili" affrontano una serie di appuntamenti (esterne) a favore di telecamera, a tentativi, fino a che non si "innamorano". Come se non bastasse, poi sono costretti a rivederne i momenti salienti davanti ai vari corteggiatori e a commentarli, a spiegare i loro comportamenti, a giustificarli. Come potrebbe non funzionare? Siamo umani, ci piace spettegolare, parlare delle coppie e dei tradimenti, vedere tutto e giudicare tutto, ridere e soffrire con le ragazze disperate. Ci piace legarci a essere umani che non conosciamo solo perché esistono sui nostri schermi, vederli urlarsi contro con veemenza, affezionarci. Uomini e Donne, prima di qualsiasi influencer economy, ha capito la nostra morbosità intrinseca e inconscia e l'ha monetizzata.

L'antimeridionalismo, la misoginia e la parasocialità

Nel farlo ha risvegliato i nostri peggiori istinti. Ecco che, come nel caso di C'è posta per te, ci troviamo a sperare che i protagonisti della stagione vengano dal sud Italia, perché sono più drammatici e divertenti, perché fanno gli strafalcioni grammaticali, perché sono "più cafoni". Ecco che, come nel caso di Temptation Island, ci troviamo talmente presi dalle dinamiche del programma, dal commentarle con le amiche o sui social, che non ci rendiamo conto che sono spesso tossiche, che gli standard per i tronisti uomini e le troniste donne sono diversi, che la rabbia e l'irritazione che queste persone che non conosciamo ci fanno sentire nel petto, forse, sono sentimenti evitabili, su cui non fa bene adagiarsi. Ancora, ci convinciamo di conoscere i partecipanti, e scriviamo sui social commenti che non ci sogneremmo di scrivere neanche alla nostra migliore amica quando decide di dare una quarta possibilità al ragazzo di cui proprio non ci fidiamo. 

Riguadagnare il distacco

Distrarsi va bene, svagarsi pure. Farlo con una trasmissione televisiva che non ha pretese culturali non è certo un reato. Bisogna però chiedersi: riusciamo a mantenere il distacco? E se noi ci riusciamo, ci riescono anche gli altri telespettatori? Capiamo che si tratta molto spesso di dinamiche finte, montate ad arte per portare al pubblico determinati personaggi, e che l'amore, se accade, è solo un caso? Riusciamo a individuare le responsabilità sociali di un programma che va in onda ogni giorno nel primo pomeriggio, che affascina e polarizza, che fa parlare e che spesso è una finestra sul mondo ma anche che lo riflette e che ce lo porta in casa, influenzandoci? Se la risposta è sì, ben venga. Altrimenti potrebbe essere consigliabile fare un passo indietro.