Se la vita agra dei nostri nonni diventa un trend wellness
Dal cottagecore in poi, stiamo feticizzando la povertà?
27 Settembre 2024
Io ho due nonne molto diverse, in tutto. C'è la nonna di paese, ex impiegata in Comune, fresca di piega e in completi gonna-giacca, con l'ossessione del make-up e una grande passione per la skincare, che ha indossato una minigonna negli anni Settanta attirandosi sguardi e ire dei compaesani. Poi c'è la nonna di campagna, industriosa addestratrice di cani e piantatrice di lattughe, che non ho mai visto indossare altro che non siano pantaloni ampi e scarpe comode, che impastava il pane e aveva come unico vezzo un po' di smalto perlato sulle unghie. La prima non sa cucinare, la seconda prepara manicaretti indimenticabili. Adesso, la sua vita un po' complessa, sicuramente rurale, con le mani nella terra e nella carne, è un trend wellness, o meglio tantissimi micro-trend wellness per una salute mentale perfettamente lucidata quasi come i nostri stivaletti da pioggia con cui andare a visitare una coquettissima stalla.
Dal cottagecore alle trad wife è un attimo
C'è chi si mette a impastare la pasta all'uovo per ritrovare la pace dei sensi o a nutrire le anatre per ritrovare contatto con la Madre Terra. C'è chi fantastica di fondare una comune e smettere di lavorare per sempre e vivere di orto, conigli e maialini, chi continua a esclamare - nel pieno del burnout - che vuole andare a vivere in campagna, sulle montagne, mollare tutto e stare in una caverna. Tanto che l'estetica che ci immaginiamo abbinata a questo stile di vita bucolico, tutta fatta di cestini di vimini infiocchettati, abiti a fiori, cascate di capelli color del grano e sandaletti di cuoio ha conquistato i social network, è finita nello street style e sulle passerelle, ovunque, legandosi in maniera subdola ma inevitabile a un altro movimento, quello verso il ritorno alla "vita tradizionale" (qualsiasi cosa voglia dire) fatta di mamme feconde che vendono il loro stile di vita su TikTok, di mariti che lavorano, di attrezzature da cucina che valgono migliaia di dollari, ideali conservatori e grandi appezzamenti di terreno in cui fare pascolare le vacche. È il caso di Ballerina Farm e di Nara Smith.
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Stiamo feticizzando la povertà?
Fantasticare va bene, far pagare un ritiro sui monti, una classe di spalamento letame (o annusamento di campi di grano) dei soldi, con la promessa di restituire calma, tranquillità, benessere alla nostra mente stanca, un po' meno. L'operazione è sempre la stessa: si prende una cosa che le nostre nonne facevano con sacrificio, perché dovevano, si svuota, si allontana, si distacca dalla realtà della vita, dalla sporcizia, dalla stanchezza, dalla puzza di una vita umile e povera e si erge a trend, si ripulisce, si feticizza. Cosa ne guadagniamo? Meno soldi nel portafoglio, l'idea sbagliata di sapere davvero cosa significa lavorare con le mani in campagna e infine anche un sottile senso di superiorità, perché le cose che sono la realtà di milioni di persone in tutto il mondo per noi è un vezzo, un capriccio, un'esperienza wellness che possiamo iniziare e lasciare quando vogliamo, da cui non dipende la nostra sussistenza. Diventiamo dei cosplay antipatici dell'umiltà e della vita semplice e sincera, nell'idea sbagliata e irrealistica che i nostri nonni stessero bene con loro stessi perché respiravano aria pulita. E delle sveglie alle 4, della mungitura e della macellazione delle bestie, del sudore e del mal di schiena, delle condizioni di lavoro terribili e inumane, non ci interessa, perché non ci tocca.
@wellnesswj The best we’ve ever felt
Un problema di distaccamento dalla materialità della vita
Michael Pollan, nel suo saggio Cotto, in cui parla di tecniche di cottura con uno sguardo anche al rapporto tra cibo, cottura dello stesso ed evoluzione dell'umanità, parla di de-responsabilizzazione. Secondo lui affidarci ai pasti pronti e smettere di cucinare ci allontana troppo dalla realtà dell'origine del cibo, che a volte è sporca e poco carina da vedere. Potrebbe valere lo stesso per noi, per le nostre classi di cucina nella natura, per la raccolta delle lattughe nelle campagne toscane per cui paghiamo profumatamente mentre i braccianti muoiono nei campi di tutta Italia e nel mondo. La vita agra non è un trend, è la realtà di un mondo spaccato a metà, in cui chi lavora negli uffici non sa, non vede e non vuole vedere quello che succede nel primo settore, e ne è talmente tanto distaccato da poterne estrapolare i pezzi più romantici, infiocchettarli e rivenderli. E poverino chi deve farlo davvero.