A NOvembre, impariamo a dire di no con equilibrio
Scappare dal presente non è la soluzione
05 Novembre 2024
A un certo punto della mia vita - non so bene quando ma ho notato la differenza una volta avvenuto il cambiamento - ho smesso di essere la bambina curiosa e chiacchierona che ero e ho iniziato a stare zitta, a farmi piccola, a vivere la mia vita pensando semplicemente di dover occupare meno spazio possibile e fare meno rumore possibile. Sono diventata, direbbero le sedicenti terapeute di TikTok, una people pleaser fatta e finita, che per proteggersi e per rifuggire al conflitto ha smesso di dire la sua, ha acconsentito a tutto e ha semplicemente detto "sì, ok, va bene". E non l'ho fatto solo per il bene degli altri, eh, l'ho fatto anche per il mio quieto vivere. Sbagliando.
no-vember. just no. I’m done.
— stoned cold fox (@roastmalone_) November 4, 2024
A NOvembre 2024 impariamo a dire di NO
Si parla tanto di imparare a dire di no, ma non è mica così semplice. A novembre 2024 sempre più persone stanno ironizzando sul dire di NO, come NOvembre. No alle situationship, no agli amici che ci danno appuntamento e poi decidono di non venire all'ultimo, no allo stress, ai ritardatari, ai capi che pretendono troppo, alle spese matte di cui ci pentiremo a dicembre. No al traffico cittadino, alle liti con i vicini, a uno stile di vita poco sano. C'è chi, tra il serio e il faceto, scrive sui social: "È NOvembre. Semplicemente NO. I'm done", chi trasforma questo trend un po' cinico in un pretesto per fare ancora qualche proposito, anche se l'anno si avvia al suo termine.
no negativity november
— (@thematrixwizard) November 4, 2024
Una questione squisitamente femminile?
È un problema universale, questo della stanchezza che ci pesa sulle spalle a due mesi dalla fine del 2024 e che ci fa venire voglia di scappare in un eremo rifiutando la civilizzazione. È un problema di momento storico, anche. Il privilegio che viviamo in quanto occidentali che vivono nella parte più ricca del mondo non ci esenta, non ancora, dall'essere overworked e in burnout, non ci salva dal popcorn brain, dalle incombenze di un pianeta surriscaldato e in guerra. La fatica a dire di no, a trovare dei momenti per noi, a sfuggire alla FOMO e a mettere su, profondi nel terreno autunnale, dei paletti è collettiva prima ancora che individuale. Psicologica ed endemica. C'è da aggiungere qualcosa, però, sulla particolarissima evenienza dell'essere state educate e socializzate come donne in una società patriarcale. Educate a servire, anche indirettamente, a guardare le nostre nonne non sedersi a tavola finché tutti hanno il piatto prima di loro. A fare compagnia alle donne della nostra famiglia che lavano i piatti in cucina mentre gli uomini dopo pranzo si rilassano davanti al televisore, a sentirci dire "fallo contento, così nessuno litiga" per tutta la vita e poi a non essere rispettate sul lavoro e nei contesti "adulti" quando non riusciamo a imporci perché non abbiamo mai imparato a farlo, non sapevamo neanche di averne la possibilità. Per non parlare dell'idea di consenso nella sfera sessuale, che risulta così complessa da comprendere per gli uomini, che sono abituati a non chiedere nemmeno. Dire di no, in questo caso, è una ribellione, un moto costruttivo. Non un rifiuto del presente ma un mettere le basi per un futuro diverso. Non tutti i no sono uguali, anzi.
no noise november, everybody shut the fuck up
— . (@saahbaarbie) November 3, 2024
I no che ci piacciono
Ci sono tanti modi di dire di no, e non tutti sono giusti o consigliabili. Spegnere il telefono per non pensare alle sofferenze del mondo, anche solo per un secondo, è sano ma è anche un grandissimo privilegio che moltissime persone non possono permettersi. Voltare le spalle al problema può sembrare riposante, ma solo sul momento. Dire di no all'amica di sempre che ha bisogno di un passaggio all'aeroporto non è sempre self care, ma potrebbe anche essere egoismo, tendenza all'isolamento e potrebbe risultare negativo nei confronti della comunità che dovremmo sempre aspirare a costruirci intorno. Forse, i no che dovremmo dire sono quelli rivolti all'individualismo estremo, quelli contro il disengagement, il cinismo, contro una visione disperata del presente e del futuro, contro i modi distruttivi di certo attivismo social. I no che invece di distruggere costruiscono e ci costruiscono, come donne, come cittadini, come esseri umani in un mondo che ha un bisogno disperato di impegno, in tutti i sensi.