Vulvodinia e neuropatia del pudendo, si chiede il riconoscimento come malattie croniche e invalidanti
Il Comitato Vulvodinia e Neuropatia del Pudendo si rivolge direttamente al Parlamento
11 Novembre 2024
Nel 2022, il Comitato Vulvodinia e Neuropatia del Pudendo ha depositato al Senato e alla Camera dei Deputati una proposta di legge multipartisan per il riconoscimento della vulvodinia e della neuropatia del pudendo come malattie croniche ed invalidanti, chiedendo il loro inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza garantiti dal Servizio Sanitario Nazionale. A due anni di distanza e nonostante il lavoro di divulgazione sui social e nelle piazze, le istituzioni rimangono silenti e lasciano sole le persone che ne soffrono. L’11 novembre, in occasione della giornata mondiale dedicata alla consapevolezza su queste malattie, torniamo a parlarne perché non è possibile ignorare una patologia come la vulvodinia che colpisce 1 donna (ma anche persone assegnate femmina alla nascita) su 7 che paga tra i 300 e i 500 euro al mese per curarsi.
Le richieste del Comitato Vulvodinia e Neuropatia del Pudendo
Oltre al riconoscimento di vulvodinia e neuropatia del pudendo nei LEA come malattie croniche e invalidanti, la proposta di legge presentata nel 2022 richiedeva:
- L’individuazione di un presidio pubblico specializzato in ogni regione d’Italia;
- L’istituzione di una commissione nazionale finalizzata ad emanare le linee guida per i Piani Diagnostici Terapeutici Assistenziali;
- L’istituzione di un registro nazionale per la raccolta dati;
- La promozione della formazione medica obbligatoria;
- Finanziamenti per il sostegno alla ricerca;
- Accesso agevolato alla didattica a distanza per studenti;
- Accesso agevolato al telelavoro e allo smart working per lavoratrici e lavoratori e un incremento dei permessi per malattia in base alla gravità della patologia;
- Attività di prevenzione primaria nelle scuole, campagne di sensibilizzazione e informazione;
- Istituzione di una giornata nazionale per la consapevolezza su vulvodinia e neuropatia del pudendo in data 11 novembre (data che esiste già informalmente dal 2016 e che è conosciuta come Vulvodinia Day).
Il dolore invisibile
Storicamente le malattie che colpiscono le donne vengono negate, minimizzate, trascurate e bollate come problemi psicologici da chi dovrebbe curarle. Sono centinaia le testimonianze di chi - rivolgendosi ad uno specialista a causa di bruciori e fastidi in area vulvare, frequenti infezioni, dolore durante attività di contatto come andare in bici, attività sportiva o anche durante un rapporto sessuale - si è sentita definire “ipocondriaca” o peggio. E anche quando viene creduta, ci sono gravi ritardi diagnostici, principalmente dovuti ad una mancata formazione del personale medico e a scarsi finanziamenti alla ricerca. Al dolore e al venire ignorate, si aggiungono circa 400€ al mese per le cure, visite specialistiche, terapie e farmaci, totalmente a carico del malato.
Quando vulvodinia e neuropatia del pudendo saranno riconosciute come malattie croniche e invalidanti?
Visti gli scarsi esiti ottenuti finora e dopo tutti i partiti hanno espressamente detto l’argomento non rientra nelle loro priorità, il Comitato Vulvodinia e Neuropatia del Pudendo, che raccoglie le associazioni che in Italia si occupano di queste due sindromi, malati e professionisti che sul territorio nazionale si sono distinti per l’impegno nella clinica e nella ricerca su queste patologie, ha seguito l’iter ufficiale proposto dal Ministero della Salute per il riconoscimento di vulvodinia e neuropatia del pudendo nei LEA come malattie croniche e invalidanti. Si tratta di un percorso lungo e tortuoso. Basta pensare che non sono ancora state attuate neppure le revisioni dei LEA del 2020. Nel frattempo milioni di persone vengono lasciate sole, con vita sociale e vita lavorativa è profondamente segnate dalla malattia. Le malattie comunemente definite “invisibili”, non sono solo un problema di chi ne soffre. Sono un problema medico, sociale e politico. Per questo, è necessario fare informazione, condividere le proprie storie, fare community, alzare la voce fino a quando smetteranno di essere “invisibili” e otterranno diritti, tutele, sostegno economico e cure integrate e aggiornate.